Ho scritto tempo fa su Futurology.it un esteso articolo sulla filosofia della mente che affronta il problema di come il fenomeno che chiamiamo "coscienza" possa essere replicato in un computer. Tale articolo, raggiungibile a questo link, espone tutte le maggiori teorie sull'argomento, da quelle classiche come il dualismo, enunciata nel lontano 1645 da René Descartes, fino alle più recenti: Teoria dell'identità, Funzionalismo, Eliminativismo e Monismo anomalo. Sono citati qui gli studi dei maggiori filosofi moderni come Jerry Fodor, Paul Churkland, Donald Davidson e altri.
Questo scritto non tiene però conto degli importanti studi di un filosofo che si è affermato di recente sulla scena mondiale: David John Chalmers. Anche se dall'aspetto sembrerebbe più un rocker che un filosofo i suoi scritti hanno invece segnato un punto di approdo per tutte le più recenti teorie sulla formazione del pensiero cosciente. Scritti dei quali chi oggi voglia parlare dell'argomento non può non tenere conto. I meriti principali di Chalmers sono quelli di aver definito con discreta precisione cosa sia empiricamente la coscienza e come essa si rapporti ai fenomeni fisici studiati dalla scienza. In particolare il filosofo nel suo libro "La mente cosciente" - (editore McGraw-Hill 1999) tenta di abbozzare una teoria informazionale unificata che sottragga il fenomeno chiamato "coscienza" alle descrizioni metafisiche da un lato e, dall'altro lato, a quelle riduzionistiche che tendono a parlarne come un epifenomeno senza alcuna importanza scientifica. Le sue parole:
Potremo cominciare guardando le leggi d'unione di alto livello, collegando i processi fisici all'esperienza quotidiana. Il contorno basilare di tale legge potrebbe essere raccolto dall'osservazione che quando noi siamo consci di qualcosa, siamo generalmente in grado di reagire ad essa e parlarne - queste sono delle funzioni oggettive e fisiche. Viceversa quando delle informazioni sono direttamente disponibili, per le azioni e i discorsi, sono generalmente consce. Dunque, la coscienza correlaziona bene con quello che potremo definire la "consapevolezza": il processo attraverso il quale le informazioni nel cervello sono rese globalmente disponibili ai processi motori come il discorso e l'azione corporea.
Da questa (brillante) descrizione ne emerge che la coscienza potrebbe non essere un fenomeno esclusivamente umano. Anche una tigre che vede un cerbiatto e si appresta a sferrare il suo attacco in quel momento ha una ben precisa consapevolezza di tale atto, ovvero attraverso la sua coscienza riesce a percepire il mondo e elaborare le successive azioni da attuare: 1-avvicinarsi il più possibile senza farsi notare 2- correre verso la preda 3- addentarla e soffocarla 4- divorarla. Chalmers afferma di conseguenza che l'essere cosciente non è una prerogativa del cervello umano. Anche esseri inferiori sono capaci di coscienza, anche un lombrico o persino ameba. Quello che cambia è però il "livello" di raffinatezza attraverso cui questa percezione avviene. La teoria psicofisica di David Chalmers altresì afferma che persino una macchina potrebbe avere esperienza cosciente:
Considerate un sistema a base di silicio nel quale i chip sono organizzati e funzionano nello stesso modo dei neuroni nel vostro cervello. Cioè ogni chip nel sistema al silicone farà esattamente quello che fa il suo analogo naturale ed è interconnesso agli elementi che lo circondano nello stesso preciso modo. Quindi, il comportamento esibito dal sistema artificiale sarà esattamente lo stesso del vostro. La domanda cruciale è: sarà conscio nello stesso vostro modo?
Supponiamo, a scopo argomentativo, che non lo sia. (Qui viene adottata una tecnica di ragionamento conosciuta come reductio ad absurdum, nella quale si presume l'ipotesi contraria per poi mostrare che porta ad una conclusione insostenibile.) Cioè o ha delle esperienze diverse - una esperienza del blu, per esempio, quando voi vedete rosso - o non ha nessuna esperienza. Considereremo il primo caso; il ragionamento procede in modo simile in entrambi i casi.
Dato che i chips ed i neuroni hanno la stessa funzione sono intercambiabili con l'interfacciamento adatto. Dunque i chip possono sostituire i neuroni, producendo un continuum di casi nei quali una proporzione sempre maggiore di neuroni sono sostituiti dai chip. Lungo questo continuum, anche l'esperienza conscia del sistema cambierà. Per esempio, potremmo sostituire tutti i neuroni nella vostra corteccia visiva con una versione organizzata identicamente fatta di silicone. Il cervello risultante, con una corteccia visiva artificiale, avrà una esperienza conscia diversa dall'originale: dove prima vedevate il rosso, ora potreste esperire il viola [...]. Entrambe le cortecce visive sono successivamente attaccate al vostro cervello, attraverso un interruttore a doppia posizione. Con l'interruttore in un modo, usate la corteccia visiva naturale; nell'altra, la corteccia artificiale è attivata. Quando l'interruttore è azionato, la vostra esperienza cambia dal rosso al viola o viceversa. Quando l'interruttore è azionato ripetutamente, la vostra esperienza 'danza' tra i due stati consci diversi (rosso e viola), conosciuti come qualia.
Dato che l'organizzazione del vostro cervello non è cambiata, comunque, non ci può essere un cambiamento comportamentale quando l'interruttore è azionato. Dunque, quando vi viene chiesto che cosa vedete, direte che niente è cambiato. Riterrete di vedere il rosso e che non avete visto niente altro che il rosso, anche se i due colori stanno danzando davanti ai vostri occhi.
D'altronde Chalmers pur affermando (e questo è logico) che tutti i fenomeni mentali discendono da quelli fisici, conclude che essendo la coscienza una esperienza "soggettiva" la stessa non possa essere descritta da una teoria fisica completamente riduzionistica. Ovvero egli distingue il problema della coscienza in due sottoproblemi:
Il problema facile (easy problem): Come può un soggetto umano discriminare degli stimoli sensoriali e reagire a loro in modo appropriato? Com'è che il cervello integra le informazioni provenienti da tante fonti diverse ed usa queste informazioni per controllare il comportamento? Com'è che i soggetti possono verbalizzare i loro stati interni?
Il problema difficile (hard problem): come i processi fisici nel cervello danno luogo all'esperienza soggettiva? Quest'enigma coinvolge l'aspetto interiore del pensiero e della percezione: come il soggetto sente le cose. Quando vediamo, per esempio, proviamo delle sensazioni visive, come quella di un blu vivo. Oppure pensiamo al suono ineffabile di un oboe lontano, l'agonia di un dolore intenso, la scintilla della felicità o la qualità meditativa di un momento perso nel pensiero.
L'easy problem, riguardando meccanismi oggettivi del sistema cognitivo è risolvibile attraverso le neuroscienze e la psicologia cognitiva mentre l'hard problem, afferma Chalmers, non lo è: i fatti dell'esperienza conscia non possono essere dedotti dalle descrizioni fisiche sul funzionamento del cervello.
A questo punto vien fuori la famosa parabola degli "Zombie di Chalmers" con la quale il filosofo cerca di spiegare questo suo punto di vista. Possiamo immaginare un mondo in cui tutte le persone che ci stanno intorno siano state replicate da degli Zombie. Essi sarebbero fisicamente identici agli esseri umani, cellula per cellula, ma privi di coscienza. Sottoposti a svariati test fisici e psicologici essi replicherebbero perfettamente gli esseri umani da loro sostituiti ma non si renderebbero realmente conto di quello che fanno, fornendo delle risposte del tutto automatiche e inconsapevoli. Sarebbe come realizzare dei giga-sistemi esperti nei loro cervelli (ovvero delle I.A. deboli) ma con tutto il database informazionale della persona sostituita. In questo caso la scienza non sarebbe in grado di descrivere il comportamento degli zombie in modo diverso dagli umani originali pur essendo i secondi esseri dotati di coscienza e i primi no. Da qui l'ipotesi definitiva di Chalmers: la coscienza è un fenomeno irriducibile alle leggi della fisica.