Commune è un World Music in realtà aumentata. Dove prima c’era psichedelia ora ce n’è molta di più, il wah-wah in precedenza abbastanza defilato diviene qui occasionalmente padrone assoluto. Tutto è spinto un passo più avanti: le ritmiche dance, il tribalismo sbroccato e anche i riff da kebabbari (raffinata espressione in uso fra i metal skunkers per definire cose dal sapore vagamente mediorientale). La costruzione poi è perfetta, ci vogliono quattro brani prima di arrivare a quelli che sono i due potenziali singoli (Goatchild e Goatslaves) ma la progressione è impeccabile, così come il ripiegamento discendente che forma la seconda parte e va a chiudere il cerchio nel fuoco. Il risultato, a questo punto si sarà capito, è una figata totale. Sezioni super immersive si alternano ad altre parti in cui è davvero difficile non alzarsi per far muovere il culo. Confusione e riflessione, pancia e testa, il coinvolgimento è davvero totale e su livelli molteplici. Siamo in zona rossa disco dell’anno.
I Goat non sono alla tv, al Festivalbar o da nessuna altra parte e voi, fortunati lettori di Metal Skunk, siete tra i pochi ad avere il privilegio di sapere davvero cosa è fico o no a questo mondo. E se tra qualche mese saranno il gruppo preferito di orde di hipster con i baffi in stile Bava-Beccaris, voi potrete dire che già li ascoltavate da un pezzo e potrete guardare chiunque con aristocratico disprezzo. Pare una cazzata ma alle volte è una cosa importante.