Godhunter

Creato il 05 maggio 2014 da The New Noise @TheNewNoiseIt

Nome finora poco noto al pubblico europeo, i Godhunter si apprestano a catturare l’attenzione con un album che unisce un approccio aperto e dinamico alla scrittura e un’attenzione particolare ai testi, arricchiti da note esplicative e informazioni, nonché in grado di parlare senza troppi giri di parole delle problematiche che affliggono oggi la loro Tucson e, in un quadro d’insieme, l’intero pianeta, sia a livello politico sia sociale. Potevamo evitare di approfondire?

Il vostro nome potrebbe suonare nuovo ai nostri lettori, vi va di introdurci la band?

Ciao, io mi chiamo Charlie e sono il cantante. Gli altri membri sono David Rodgers, chitarra e voce, Ryan Williamson, basso, Andy Kratzenberg, batteria, Jake Brazelton, chitarra Matthew Davis, tastiere. Veniamo da Tucson, Arizona e stiamo insieme dal 2008.

Godhunter è un nome dal forte impatto, perché avete scelto un’immagine così forte?

Lo abbiamo scelto perché è il tipo di nome che una volta sentito non te lo scordi facilmente. È aggressivo, provocatorio e ha in sé molti significati. Con un nome così viscerale speriamo di dar vita a un dialogo, anche attraverso i nostri testi.

Mi ha molto incuriosito l’artwork del vostro disco, tutto sembra avere uno specifico significato e una sua ragion d’essere, dall’uso dei colori agli animali, ai fiori e al paesaggio desertico. Chi lo ha ideato e come si lega ai testi dell’album?

Il nostro amico Rudy Flores è l’artista che ha curato le grafiche per City Of Dust (appena uscito per Battle Ground/Earsplit Records). Il forte contrasto tra rosso e nero è qualcosa che ci piace molto, è uno schema di colori simile a quello usato per l’ep del 2012 Wolves. Comunque, nel nuovo disco abbiamo incluso nell’artwork molti simboli presi dai testi. Per esempio, il brano “Rats In The Walls”, per cui ci sono ratti sulla copertina e noterai che sono sei. Il che rappresenta noi come band. L’immagine centrale è la “Plague Widow”. Rappresenta la perdita e la disperazione come collegamento con l’ultimo brano dell’album. Che, poi, è ciò che volevamo trasmettere nell’immagine e nella musica. Arte e musica con un senso, passione, rabbia.

Venendo ai testi, avete riempito il booklet di note per fornire dettagli e informazioni sui termini e sui fatti riportati. Sembra che abbiate davvero voluto permettere agli ascoltatori di andare a fondo nelle parole e le stesse appaiono come un aspetto per nulla secondario, mi sbaglio?

È vero, i testi di City Of Dust esprimono la profonda relazione di odio e amore che ci lega alla nostra città, al deserto e alle tematiche politiche che troppo spesso dominano le conversazioni nella nostra parte degli States. Quando è uscito il cd, abbiamo creato una ‘zine da accludere, con immagini e descrizioni dei brani, come anche estese note sul significato e sul messaggio che si cela dietro ciò che abbiamo scritto. Crediamo sia importante condividere con gli ascoltatori ciò che è entrato nel processo creativo e ha dato vita ai testi del disco. Condividendo diversi rimandi alla letteratura e alla politica, speriamo di essere riusciti a convogliare un po’ di storia e di sapori locali di Tucson verso chi vive al di fuori del nostro angolo di mondo. È importante ricordare come, nonostante l’oscurità a volte ci circondi, ci sia sempre una sfumatura di luce a guidarci in questi tempi di disperazione. Ancora una volta: arte e musica con un senso, con passione, con rabbia.

Avete anche aggiunto degli intro interessanti e dei campionamenti di discorsi, vi va di dirci qualcosa in più su queste parti?

Il campionamento che apre l’album è di Christopher Hedges (giornalista insignito da Amnesty International del premio Global Award For Human Rights Journalism nel 2002). È l’autore di alcuni libri davvero interessanti, come “War Is a Force That Gives Us Meaning”. Le sue parole si riferiscono al dualismo, alla contraddizione e al conflitto e le riteniamo perfette per catturare lo spirito con cui abbiamo dato forma a ciò che sarebbe divenuto il nostro nuovo lavoro. Abbiamo anche incluso un campionamento di uno sceriffo della nostra città dopo una sparatoria che si è conclusa con cinque morti e diciotto feriti. Le sue parole su come una retorica politica corrosiva possa avvelenare le menti sono famose e furono ascoltate in tutti gli Stati Uniti dopo l’evento. Abbiamo incluso questo brano in “Snake Oil Dealer”, una canzone che parla di come i nostri squallidi politici manipolino i media e diffondano il loro veleno in lungo e largo.

Parlando della musica, seppure mantenga sempre una propria personalità e un proprio tratto ben distinto, si avverte chiaramente come sia il frutto di una mentalità aperta. Direi che le influenze sludge/stoner sono solo l’ingrediente principale della ricetta, cos’altro avete aggiunto?

Tutti noi siamo appassionati di differenti tipi di musica. Qualcuno dice che siamo un mix ben equilibrato di hardcore ruvido e riff doom lenti e striscianti. Alcuni ci definiscono un misto di His Hero Is Gone e Neurosis. Ciascuno di noi porta influenze differenti al risultato finale. Siamo di certo persone con una mente aperta verso i gusti degli altri e mischiamo tutto in sala prove e in studio. Vogliamo creare musica dinamica e ricca di groove, senza risultare monotoni.

Ho molto apprezzato l’uso di line melodiche per compensare il lato estremo della vostra proposta, così da ottenere brani al contempo potenti/aggressive ma anche accattivanti. Come vi muovete per comporli?

Tutti noi, nei Godhunter, cerchiamo di scrivere canzoni che ci piacerebbe ascoltare in un disco. Questa è la chiave. Quando siamo in sala prove e ce ne usciamo con un buon riff, spesso lo continuiamo a provare ossessivamente finché non suona nel modo giusto e ci convince. A volte è un processo rapido, altre volte decisamente lungo e richiede molto whiskey, birra ed erba. In genere, io creo linee vocali che si sposino bene con quel riff e poi completo le parole a casa o al lavoro. Faccio un sacco di non-lavoro quando sono al lavoro. Il processo di songwriting è sempre un bel momento e qualcosa che ci piace davvero.

Il disco sarà disponibile presto anche in vinile, vi va di darci qualche informazione sulle differenti versioni e sulla data d’uscita?

Sì! Siamo così entusiasti del fatto che uscirà anche in questo formato. Sarà un vinile chiaro di 180 grammi e avrà sfumature di vari colori. La copertina sarà interamente a colori e conterrà un poster dell’artwork con le lyrics stampate sul retro. Avrà un aspetto davvero incredibile (cd e lp si possono ordinare direttamente dalla Earsplit  o, per l’Europa, tramite Selfmadegod Records, ndr).

La vostra musica sembra nata apposta per essere suonata sul palco. Che mi dite della vostra vita in tour? Verrete in Europa per promuovere il disco?

Gireremo l’Ovest degli Stati Uniti in estate e autunno. I nostri show sono di sicuro il punto forte della band. Siamo contenti di com’è venuto il disco, ma la rabbia e l’energia dei concerti sono molto più catartiche e dinamiche. Il nostro suono funziona meglio quando è sparato a dodici. Purtroppo non abbiamo ancora piani concreti per venire in Europa, ma se accadrà sarà un piacere suonare con gli Herder! Quei tipi spaccano davvero. Ascoltiamo il loro disco ogni volta che siamo in tour tutti insieme.

Le ultime parole famose…

Start Fights. Cause Problems.

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