Introdotto da una caustica descrizione della società odierna a opera del giornalista Christopher Hedges, City Of Dust dei Godhunter da Tucson (Arizona) s’impone per l’attenzione maniacale ai testi e ai temi trattati, con tanto di note informative che ne completano e arricchiscono il contenuto. Forti di una potente miscela di sludge, stoner, hardcore rallentato e riff doom, i sei musicisti riescono a creare brani al contempo energici e dotati del giusto groove, spesso rinforzati da linee melodiche adatte ad alleggerire l’insieme e renderlo più appetibile, ma non per questo meno incisivo. Si potrebbe parlare di un suono mutante che ha inglobato quanto di più interessante le scene metal e hc americana hanno prodotto di recente, senza perdere mai di vista un sano realismo che ne tiene sempre ben fissa la rotta e impedisce di sconfinare nella mera reiterazione di modelli pre-esistenti. Al contrario, il lavoro procede secondo una traiettoria che prende allo stomaco e si nutre del disagio e della frustrazione di un periodo storico in cui ingiustizie e senso di sconfitta sembrano far parte integrante della dieta mondiale. Per questo, nonostante si tratti alla fine di una raccolta di solidi riff e anthem granitici, City Of Dust non può prescindere dalla voglia di condividere esperienze e punti di vista, così da far ragionare e riflettere l’ascoltatore su quelli che secondo la band sono i problemi che affliggono la nostra epoca. Nel fare questo, attinge a piene mani dall’attitudine hardcore, la stessa che i Godhunter rileggono alla luce di un linguaggio che dal deserto trae l’apparente staticità e la dilatazione temporale, quasi si trattasse di una macchina da corsa rallentata dalla polvere e dalla sabbia incagliata negli ingranaggi del motore. Sarebbe davvero un peccato prendere sotto gamba questa formazione, perché sotto un’apparente voglia di suonare al massimo del volume si cela un dedalo di spunti interessanti, che i molti ingredienti rendono tanto saporiti quanto godibili. Caldamente consigliati.
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