Il film di Edwards parte proprio dalla madre patria di Godzilla, il Giappone, dove un sisma di abnormi dimensioni distrugge una centrale nucleare. A quindici anni di distanza Joe Brody (Bryan Cranston), che nell’incidente nucleare ha perso la moglie, non si rassegna agli insabbiamenti istituzionali, cosciente di come ci sia una verità più anomala e profonda da portare alla luce. Di lì a breve la ricerca dell’indagine si fa ereditaria e passa nelle mani del figlio, Ford, ora divenuto ufficiale dei Navy Seal ed esperto artificiere. Intanto Godzilla si è spostato verso l’America, pronto a devastare le Hawaii, Las Vegas e San Francisco. Ma non è solo…
Gareth Edwards percorre quindi anche fisicamente, geograficamente, un viaggio che esporta Godzilla dal più lontano Oriente al più profondo Occidente. Il mostriciattolone non è diventato “eroe” americano, ma rimane asiatico, semplicemente “preso in prestito” dall’America.
La componente di maggiore innovazione di quest’ultimo Godzilla risiede nell’indole del dinosauro più sproporzionato del mondo. Godzilla, per dirla in soldoni, è diventato buono. E, ribaltando di significato una celebre battuta, non c’è buono più buono di un cattivo quando diventa buono. Si rimane impressionati da come improvvisamente Godzilla sia diventato un po’ il difensore dell’umanità dall’invasione di due M.U.T.O. (Organismi Terrestri Massivi Non Identificati), ovvero due giganteschi insetti dalle sembianze metalliche, due spigolose ed alate mantidi religiose che sembrano figli di Alien ma anche l’evoluzione dei comici insettoni di Men in Black.
Edwards riesce inoltre nel far dipanare una trama tesa e intrigante, dove il mastodontico protagonista rimane a lungo nell’ombra, nascosto nell’acqua come uno squalo o il mostro di Lochness, palesandosi solo quando il film ha raggiunto il giro di boa. Conosciamo prima i suoi due antagonisti, così che la sua entrata in scena, come una vera star hollywoodiana che si è fatta attendere oltremodo dal pubblico, è a dir poco trionfale.
Edwards realizza quindi un’opera che sa mischiare action, thriller e disaster movie, il tutto nelle giuste dosi, come solo un bravo alchimista sa fare. La spettacolarità tocca più apici, su tutti la scena dello tsunami che supera quella elaborata da Clint Eastwood in Hereafter. Ma c’è tanto contenuto oltre al gusto fracassone alla Transformers.
Insomma, il Godzilla datato 2014 di Edwards, oltre che essere in assoluto il più buio e tempestoso di tutta la serie, riesce dove falliva Apes Revolution: è il migliore risultato possibile per rendere onore ad una saga lunga sessant’anni che conserva ancora oggi lo stessa attrattiva.
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