Ideatore: Roberto Saviano, Stefano Sollima
Attori: Marco D'Amore, Fortunato Cerlino, Maria Pia Calzone, Salvatore Esposito, Marco Palvetti
Paese: Italia
Inutile tuttavia lamentarsi troppo, godiamoci per ora un prodotto che finalmente mostra una qualità che non ha molto da invidiare ad altri, se non qualcosina. Poteva andare assai peggio. Avrebbe, "Gomorra", potuto avere Terrence Hill nel ruolo del prete di Scampìa, Manuela Arcuri nel ruolo della donna di un boss, e ovviamente Gabriel Garko nel ruolo di quest'ultimo. Ma la vera novità è che non solo poteva andare molto peggio, è che difficilmente poteva andare meglio. Laddove fosse successo, oggi in tutta probabilità saremmo stati qui ad inserire "Gomorra" tra le migliori serie televisive senza distinzioni di sorta tra Italia e altri paesi; come una delle migliori serie televisive e basta. Sì, perché il respiro narrativo, il volto della serie, la maturità nella costruzione hanno tutt'altri livelli rispetto a quelli visti in precedenza da queste parti. Lo stesso "Romanzo Criminale" deve un attimino ammettere la superiorità della nuova creatura di Sollima. Per certi versi, invero, non sarebbero nemmeno paragonabili essendo il primo fortemente romanzato e il secondo ben più realistico. Così realistico, anzi, che rischia inzialmente di esserlo troppo, minando coinvolgimento ed empatia. In realtà, però, è solo una sorta di introduzione, di lì a poco viene fuori anche la parte romanzata di "Gomorra", che a quel punto fa un cenno affettuoso e si mette in corsia di sorpasso.
Non che l'intreccio sia un capolavoro assurdo al punto di mettere in ombra quello di Romanzo Criminale, intendiamoci. A distanziare l'uno dall'altro, a conti fatti, è la messa in scena di quell'intreccio. "Gomorra" è potente, è maleodorante, fa male agli occhi e lascia un senso diffuso di nausea al termine di ogni puntata, roba che manco un foglietto illustrativo. E non è solo per l'ambiente che viene raccontato, è proprio una questione cinematografica, un'indiscussa riuscita del comparto tecnico. Nonostante regia e montaggio guardino più al realismo che alla finzione, la fotografia livida, pur essendo anch'essa realistica, restituisce da subito un'immagine e in generale un volto per l'appunto cinematografici. Aspetto quest'ultimo condito da un utilizzo delle musiche che segue lo stesso pattern. Il risultato d'insieme è una sorta di realismo finto, o finzione realistica, che si rivela essere il linguaggio perfetto per un prodotto come "Gomorra", che punta con forza sulla docu-denuncia non perdendo però mai di vista il racconto. Ed è questo il motivo per cui, si scriveva, la visione di "Gomorra" disturba. Quell'intreccio che spesso spinge lo spettatore a tifare per l'uno o per l'altro, a gioire della vincita di uno, o addirittura dell'aver tolto di mezzo un altro, in questo caso è più che mai immerso nella realtà, ed ogni paretensi, ogni frase, ogni morto ammazzato, fanno al contrario l'effetto che dovrebbero giustappunto fare, cioè discretamente schifo. Non si tiene per nessuno dei caratteri, forse una mezza parentesi in una singola puntata, prima che di quel personaggio vengano delineati i tratti più negativi; forse per Ciro, che dall'inizio sembra venir costruito proprio per essere quello per cui fare il tifo, ma al massimo fino alle puntate 9 e 10 (tra le migliori in assoluto), in cui anche lui entra a far parte della monnezza non più solo ufficiosamente. Si sgretola l'unico personaggio a cui, sempre e solo filmicamente, ci si poteva sentire più vicini; e non è un caso, la puntata sembra costruita, anzi, apposta per quello.
A questo punto non ci sono più eroi, né di fatto (non c'è mai neanche l'ombra di un personaggio positivo a contrasto con il resto) né filmici. Ciò che resta è solo il fetore di cui si parlava poco sopra, un tanfo ancor più insopportabile. Un virus così diffuso da essere la normalità, così diffuso che a conti fatti il virus è l'onestà, virus contro cui, però, la realtà raccontata sembra aver sviluppato un discreto esercito di anticorpi. Uno scenario in cui non solo non si ha voglia di vivere, ma nel quale non si ha nemmeno voglia di immedesimarsi, foss'anche solo per il tempo della visione. Si è felici che ci sia uno schermo tra ciò che è e ciò che si sta guardando, nonostante sia il racconto assai coinvolgente. Concetto quest'ultimo da ribadire ad oltranza, considerando che molti degli ultimi e più osannati prodotti stranieri non sono più così tanto in grado di rispondere a quella necessità tanto semplice quanto essenziale di voler semplicemente, più di ogni altra cosa, aver voglia di andare avanti con la storia, di aver voglia di vedere come va a finire.
Stesso discorso per la risoluzione finale, che cede un po' troppo il passo alla spettacolarità delle dinamiche, nonostante sia preceduto da un episodio, il penultimo, in assoluto tra i migliori dell'intera stagione (che ha dalla sua, peraltro, due scene meravigliose per costruzione e pathos). La differenza di maturità tra le due puntate è evidente, e la parentesi conclusiva risente sensibilmente del confronto.
Ciò detto, in ogni caso, gli aspetti negativi restano comunque confinati per ora ad un livello che fortunatamente non è alto a sufficienza per minare in maniera seria un prodotto di cui ci si può fare vanto.
A voler essere sinceri, ci si potrebbe lamentare pure di qualcos'altro. Della tendenza tutta nostra a far sempre riferimento alla denuncia, al restare ancorati a fatti reali, al non riuscire a costruire qualcosa che sia puramente di genere. La differenza tra la miriadi di prodotti stranieri e le serie italiane che si contano su poco più della metà delle dita di una mano è anche lì. Ma, di nuovo, forse non è il caso di ammorbare con quest'aspetto, proprio nel momento in cui il Paese ha tirato fuori forse il suo primo vero prodotto televisivo dal respiro internazionale. E poco male che sia l'ennesimo al quadrato sulla mafia, a questo punto, perché è vero anche che ha un aspetto assai personale, e che un racconto simile della realtà mafiosa qui probabilmente non si era mai visto. Può ricordare lontanamente altri prodotti, ma mantiene, vale la pena ripeterlo, una personalità tutta sua, cosa che già da sola, per la nostra tv, è un altro mezzo miracolo, diciamocelo.
Quindi nulla, questa volta stiamo tutti un po' zitti e limitiamoci ad applaudire, sì? Sì.