Gomorra - Roberto Saviano

Creato il 18 aprile 2013 da Frencina
Titolo: Gomorra
Autore: Roberto Saviano
Editore: Mondadori
Pagine: 331
Data di pubblicazione: 01 Gennaio 2006
ISBN: 9788804554509
Prezzo: 15.50 €
Sinossi:
Questo incredibile, sconvolgente viaggio nel mondo affaristico e criminale della camorra si apre e si chiude nel segno delle merci, del loro ciclo di vita. Le merci "fresche", appena nate, che sotto le forme più svariate - pezzi di plastica, abiti griffati, videogiochi, orologi - arrivano al porto di Napoli e, per essere stoccate e occultate, si riversano fuori dai giganteschi container per invadere palazzi appositamente svuotati di tutto, come creature sventrate, private delle viscere. E le merci ormai morte che, da tutta Italia e da mezza Europa, sotto forma di scorie chimiche, morchie tossiche, fanghi, addirittura scheletri umani, vengono abusivamente "sversate" nelle campagne campane, dove avvelenano, tra gli altri, gli stessi boss che su quei terreni edificano le loro dimore fastose e assurde - dacie russe, ville hollywoodiane, cattedrali di cemento e marmi preziosi - che non servono soltanto a certificare un raggiunto potere ma testimoniano utopie farneticanti, pulsioni messianiche, millenarismi oscuri. Questa è oggi la camorra, anzi, il "Sistema", visto che la parola "camorra" nessuno la usa più: da un lato un'organizzazione affaristica con ramificazioni impressionanti su tutto il pianeta e una zona grigia sempre più estesa in cui diventa arduo distinguere quanta ricchezza è prodotta direttamente dal sangue e quanta da semplici operazioni finanziarie. Dall'altro lato un fenomeno criminale profondamente influenzato dalla spettacolarizzazione mediatica, per cui i boss si ispirano negli abiti e nelle movenze a divi del cinema e a creature dell'immaginario, dai gangster di Tarantino alle sinistre apparizioni de "Il corvo" con Brandon Lee. Figure come Gennarino McKay, Sandokan Schiavone, Cicciotto di Mezzanotte, Ciruzzo 'o Milionario, se non avessero provocato decine di morti ammazzati potrebbero sembrare in tutto e per tutto personaggi inventati da uno sceneggiatore con troppa fantasia. In questo libro avvincente e scrupolosamente documentato Roberto Saviano ha ricostruito sia le spericolate logiche economico-finanziarie ed espansionistiche dei clan del napoletano e del casertano, da Secondigliano a Casal di Principe, sia le fantasie infiammate che alle logiche imprenditoriali coniugano il fatalismo mortuario dei samurai del medioevo giapponese. Ne viene fuori un libro anomalo e potente, appassionato e brutale, al tempo stesso oggettivo e visionario, di indagine e di letteratura, pieno di orrori come di fascino inquietante, un libro il cui giovanissimo autore, nato e cresciuto nelle terre della più efferata camorra, è sempre coinvolto in prima persona. Sono pagine che afferrano il lettore alla gola e lo trascinano in un abisso dove davvero nessuna immaginazione è in grado di arrivare.
E finalmente, dopo anni di ritardo, dopo mille esitazioni e ripensamenti, anch’io ho letto Gomorra di Roberto Saviano.Perché ci ho messo così tanto ad accostarmi a questo libro? In primis perché quando un libro appena uscito suscita il successo che ha suscitato questo, seppur m’incuriosisca e abbia voglia di leggerlo, aspetto ad acquistarlo perché non mi piace farmi trascinare dall’entusiasmo. E poi avevo bisogno di farmi un’idea mia su Roberto Saviano, personaggio assai controverso, che io trovo personalmente molto coraggioso e che ammiro per il suo atto di denuncia. Se non avessi avuto una ditta di famiglia o se avessi scelto di non lavorare qui, avrei voluto fare il procuratore anti mafia, quindi apprezzo il lavoro di denuncia di questo ragazzo e di chi, come lui e prima di lui, lo ha fatto.Però confesso che non mi piace come usano lui e il suo nome: l’hanno mitizzato, ne hanno fatto un santino (passatemi il termine, è per farvi capire cosa intendo) e lo tirano fuori dei loro portafogli come e quando fa comodo a loro. E questo me lo rende un po’ antipatico ogni tanto.
Per quanto riguarda Gomorra, ho deciso di fare una recensione un po’ diversa perché tanto è già stato detto e molto è già stato scritto. Per cui ho pensato di far parlare il libro stesso al posto mio riportando alcune delle citazioni più significative e che più mi hanno fatto riflettere.Non è pigrizia la mia, semplicemente non voglio cadere nel ridondante o nelle banalità, rischio molto elevato per entrambe le cose visto che di camorra me ne intendo poco e visto che arrivo dopo anni a parlarvi di questo romanzo.
Si crede stupidamente che un atto criminale per qualche ragione debba essere maggiormente pensato e voluto rispetto a un atto innocuo. In realtà non c'è differenza. I gesti conoscono un'elasticità che i giudizi etici ignorano.
Crepare a quindici anni in questa periferia sembra scontare una condanna a morte piuttosto che essere privati della vita.
C'erano poliziotti in borghese che cercavano di stare lontano dalle navate. Tutti li avevano riconosciuti, ma non c'era spazio per scaramucce. In chiesa riuscii subito a individuarli; o meglio loro individuarono me, non trovando sul mio viso traccia del loro archivio mentale. Come per venire incontro alla mia cupezza uno di questi mi si avvicinò dicendomi: "Questi qua sono tutti pregiudicati. Spaccio, furto, ricettazione, rapina... qualcuno fa pure le marchette. Non c'è nessuno pulito. Qua più ne muoiono, meglio è per tutti...".
Parole a cui si risponde con un gancio, o una testata sul setto nasale. Ma era in realtà il pensiero di tutti. E forse persino un pensiero saggio.

Nel cono d'ombra dell'attenzione data perennemente a Cosa Nostra, nell'attenzione ossessiva riservata alle bombe della mafia, la camorra ha trovato la giusta distrazione mediatica per risultare praticamente sconosciuta.
Nel 1989 l'Osservatorio sulla Camorra scriveva in una sua pubblicazione che nell'area nord di Napoli si registrava uno dei rapporti spacciatori-numero di abitanti più alto d'Italia. Quindici anni dopo questo rapporto è diventato il più alto d'Europa, e tra i primi cinque al mondo.
L'organizzazione delle piazze di spaccio poteva avvenire anche a Posillipo, ai Parioli, a Brera, ma è avvenuta a Secondigliano. La manodopera in qualsiasi altro luogo avrebbe avuto un costo elevatissimo. Qui la totale assenza di lavoro, l'impossibilità di trovare altra soluzione di vita che non sia l'emigrazione rende i salari bassi, bassissimi.
Non sono certo sia fondamentale osservare ed esserci per conoscere le cose, ma è fondamentale esserci perché le cose ti conoscano.
Uccidere tutti. Tutti quanti. Anche col dubbio. Anche se non sai da che parte stanno, anche se non sai se hanno una parte. Spara! È melma. Melma, solo melma. Dinanzi alla guerra, al pericolo della sconfitta, alleati e nemici sono ruoli interscambiabili. Piuttosto che individui divengono elementi su cui testare la propria forza e oggettivarla. Solo dopo si creeranno d'intorno le parti, gli alleati, i nemici. Ma prima di allora, bisogna iniziare a sparare.
Il furgoncino acchiappamorti gira continuamente, lo si vede da Scampia a Torre Annunziata. Raccoglie, accumula, preleva cadaveri di gente morta sparata. La Campania è il territorio con più morti ammazzati d'Italia, tra i primi posti al mondo. Le gomme della macchina mortuaria sono liscissime, basterebbe fotografare i cerchioni mangiucchiati e il grigiore dell'interno dei pneumatici per avere l'immagine simbolo di questa terra.
Le persone cercano di passare silenziose, di ridurre al minimo la loro presenza nel mondo. Poco trucco, colori anonimi, ma non solo. Chi ha l'asma e non riesce a correre si chiude in casa a chiave, ma trovando una scusa, inventadosi una motivazione, perché svelare di stare chiuso in casa potrebbe risultare una dichiarazione di colpevolezza: di non si sa quale colpa, ma pur sempre una confessione di paura. Le donne non indossano più i tacchi alti, inadatti a correre. A una guerra non dichiarata ufficialmente, non riconosciuta dai governi e non raccontata dai reporter, corrisponde una paura non dichiarata, una paura che si ficca sotto la pelle.
Il Sistema concede almeno l’illusione che l’impegno sia riconosciuto, che ci sia la possibilità di fare carriera. Un affiliato non verrà mai visto come un garzone, le ragazzine non penseranno mai di essere corteggiate da un fallito. Questi ragazzini imbottiti, queste ridicole vedette simili a marionette da football americano, non avevano in mente di diventare Al Capone, ma Flavio Briatore, non un pistolero, ma un uomo d’affari accompagnato da modelle: volevano diventare imprenditori di successo.
Nella foresta di cemento è più facile mimetizzarsi, in case qualsiasi si vive senza facce e senza rumore. Un’assenza più totale quella urbana, più anonima del nascondersi in una botola o in un doppio fondo.
Una volta lessi su una rivista della Nato - dedicata ai familiari dei militari all'estero - un articoletto rivolto a chi doveva venire a Gricignano d'Aversa. Tradussi il brano e me lo scrissi su un'agenda, per ricordarlo. Diceva: "Per capire dove state andando ad abitare, dovete immaginarvi i film di Sergio Leone. E' come il Far West, c'è chi comanda, ci sono sparatorie, regole non scritte e inattaccabili. Ma non preoccupatevi, verso i cittadini e i militari americani ci sarà il massimo rispetto e la massima ospitalità. In ogni caso uscite solo se necessario dal comprensorio militare". Mi aiutò quell'articolista yankee a capire meglio il posto dove vivevo.
La camorra ha una memoria lunghissima e capace di pazienza infinita.
C'è chi comanda le parole e chi comanda le cose. Tu devi capire chi comanda le cose, e fingere di credere a chi comanda le parole. Ma devi sempre sapere la verità in corpo a te. Comanda veramente solo chi comanda le cose.
È così che si fa il bene, solo quando puoi fare del male. […] Il bene vero è quando scegli di farlo perché puoi fare il male.
Scegliere di salvare chi deve morire significa voler condividerne la sorte, perchè qui con la volontà non si muta nulla. Non è una decisione che riesce a portarti via da un problema, non è una presa di coscienza, un pensiero, una scelta, che favvero riescono a darti la sensazione di star agendo nel migliore dei modi. Qualunque sia la cosa da fare sarà quella sbagliata per qualche motivo. Questa è la vera solitudine.
Io so e ho le prove. Io so come hanno origine le economie e dove prendono l'odore. L'odore dell'affermazione e della vittoria. Io so cosa trasuda il profitto. Io so. E la verità della parola non fa prigionieri perché tutto divora e di tutto fa prova. E non deve trascinare controprove e imbastire istruttorie. Osserva, soppesa, guarda, ascolta. Sa. Non condanna in nessun gabbio e i testimoni non ritrattano. Nessuno si pente. Io so e ho le prove. Io so dove le pagine dei manuali d'economia si dileguano mutando i loro frattali in materia, cose, ferro, tempo e contratti. Io so. Le prove non sono nascoste in nessuna pen-drive celata in buche sotto terra. Non ho video compromettenti in garage nascosti in inaccessibili paesi di montagna. Né possiedo documenti ciclostilati dei servizi segreti. Le prove sono inconfutabili perché parziali, riprese con le iridi, raccontate con le parole e temprate con le emozioni rimbalzate su ferri e legni. Io vedo, trasento, guardo, parlo, e così testimonio, brutta parola che ancora può valere quando sussurra: "È falso" all'orecchio di chi ascolta le cantilene a rima baciata dei meccanismi di potere. La verità è parziale, in fondo se fosse riducibile a formula oggettiva sarebbe chimica. Io so e ho le prove. E quindi racconto. Di queste verità.
Ammazzare è un peccato che verrà compreso e perdonato da Cristo in nome della necessità dell'atto.
Chi non conosce le dinamiche di potere della camorra spesso crede che uccidere un innocente sia un gesto di terribile ingenuità da parte dei clan perché legittima e amplifica il suo esempio, le sue parole. Come una conferma alle sue verità. Errore. Non è mai così. Appena muori in terra di camorra, vieni avvolto da molteplici sospetti, e l'innocenza è un'ipotesi lontana, l'ultima possibile. Sei colpevole fino a prova contraria. La teoria del diritto moderno nella terra dei clan è capovolta.
Si muore per un si o per un no. Si da la vita per un ordine o per la scelta di qualcuno.
E così conoscere non è più una traccia di impegno morale. sapere, capire diviene una necessità, L'unica possibile per considerasi ancora uomini degni di respirare.
Ne ho sentite tante su Gomorra e sul suo autore e mi sono fatta una mia idea: indipendentemente da tutte le polemiche che sono state fatte e che sempre si faranno, questo libro lascia qualcosa, questo libro insegna qualcosa, questo libro fa riflettere.
E Dio solo sa quanto serva, al giorno d’oggi, riflettere.

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