Google Wave, sbagliando s’impara (ma non tutto è da buttare..)

Da Kobayashi @K0bayashi

E così, a quanto pare, Google ha deciso di non sviluppare ulteriormente il suo progetto Wave come prodotto standalone, mantenendolo attivo ancora per qualche mese prima di staccare definitivamente la spina e concedere all’esperimento di comunicazione collaborativa in tempo reale la “dolce morte” dell’oblio. Per modo di dire, dato che su Internet niente può essere dimenticato, soprattutto se si tratta della novità del 2009 che ha fatto il tonfo più pesante (e più rapido) rispetto alle aspettative della vigilia.

La stessa Google, solo lo scorso 29 maggio, aveva ammesso il parziale passo falso cercando di dare una seconda chance a Wave con nuove funzionalità:

If you tried Google Wave out a while ago, and found it not quite ready for real use, now is a good time to come back for a second try. Wave is much faster and much more stable than when we began the preview, and we have worked hard to make Wave easier to use

ma evidentemente si trattava di una “fiducia a tempo”, per altro limitato visto che soltanto due mesi dopo è arrivato il capolinea definitivo.

Secondo la società del motore di ricerca a stelle e strisce Wave non avrebbe raggiunto i risultati sperati né una massa critica di utenti necessaria per giustificare la prosecuzione dell’impegno sullo strumento: chi l’avrebbe mai detto, ricordando che solo pochi mesi fa si era innescata sui blog e sui social network una vera e propria caccia all’invito esclusivo per testare Wave in anteprima?

Eppure chi ha avuto la pazienza di addentrarsi con maggior accuratezza tra le pieghe del servizio si sarà accorto che non tutto è da buttare, e non è un caso se una parte del codice di Wave sarà utilizzato da Google in altri suoi progetti: tra i più gettonati per il passaggio di testimone, secondo le voci che circolano con più insistenza, figurerebbero Google Apps e Google.Me, la ventilata risposta di Mountain View allo strapotere di Facebook.

Non possono essere dimenticate le opzioni per l’inserimento di allegati tramite il sistema drag&drop, più veloce e funzionale rispetto alla tradizionale logica del caricare i contenuti con un file uploader, e la visualizzazione in tempo reale di ciò che l’interlocutore sta digitando, carattere per carattere; opportunità che per altro, se usata con cognizione, spesso ha permesso talvolta di dimezzare i tempi dell’interazione semplicemente intuendo come potesse andare a finire la frase nel corso stesso della sua composizione da tastiera.

Per non parlare dell’utilità di avere a disposizione – proprio come accade nelle ultime versioni di WordPressuna cronologia delle modifiche apportate alla Wave sulla quale si sta operando, con la possibilità di tornare indietro ad un punto specifico. Funzioni collaborative che potranno essere riciclate con successo se implementate in altri strumenti già molto diffusi e testati presso il grande pubblico, come appunto (se sarà confermato quanto si vocifera) in Google Apps.


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