Governo Letta, la composizione: 21 dicasteri

Creato il 03 maggio 2013 da Postpopuli @PostPopuli
         

di Matteo Boldrini

 Dopo la fase convulsa delle scorse settimane, sembra che l’Italia sia finalmente riuscita a trovare un governo. Visti gli ultimi eventi sembrava ormai scontato che si trattasse di un esecutivo di larghe intese, con il coinvolgimento dei due principali partiti. L’arduo compito di formare questo esecutivo è toccato ad Enrico Letta, uno dei giovani del Partito Democratico, che si è senza dubbio mostrato determinato a condurre in porto le varie trattative.

La formazione di questo governo si è portata dietro numerose polemiche, sia per le modalità, sia per la sua composizione. Tramontata o ritenuta non praticabile la possibilità di un’intesa con i cinque stelle, l’unica via disponibile è stata quella di una grande coalizione che includesse sia il Pd sia il Pdl passando per i montiani. In realtà, l’invito era rivolto a tutti i partiti presenti in Parlamento ma ovviamente nessuno dei minori, ad eccezione di Scelta Civica per cui rappresenta una forte continuità, ha un interesse a partecipare al governo e a condividerne le responsabilità. Anche per il fatto che partiti minori diventerebbero inutili per garantire qualsiasi maggioranza, e sarebbero costretti a portare l’onere senza poter dettare alcuna condizione.

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Vale per la Lega Nord, che può cercare di recuperare consensi tra i voti di “protesta” sottrattigli da Grillo ed insidiare il Pdl con il quale però vi è sempre attenzione a non sciupare i rapporti, visti i tre presidenti di regione leghisti eletti e sostenuti dai voti di tutto il centrodestra. Discorso simile può essere fatto con Sinistra e Libertà, a cui conviene restare fuori ed intercettare i voti dei delusi del Pd, piuttosto che entrare e rischiare di spaccare il suo partito, anche se deve essere dato merito a Nichi Vendola di essersi detto disponibile ad un dialogo con questo esecutivo, pur restandone fuori. E per Grillo questa situazione si configura come la più ideale, passato il rischio di una partecipazione dei suoi a responsabilità di governo, può continuare a tuonare contro il consociativismo dei due maggiori partiti, sperando anche di guadagnare qualche voto da parte degli sfiduciati.

Ma le polemiche si sono estese anche alla composizione stessa del governo, specie sui blog o su certi quotidiani, per il numero dei ministeri, le personalità che lo compongono e le distribuzioni degli incarichi. Senza voler fare un’apologia del governo fatto da Enrico Letta, credo che sia necessario analizzare meglio la questione. Analizziamo per prima cosa il numero, ventuno dicasteri sembrano eccessivi in un momento di crisi per le persone e anche per le casse dello Stato, ed è indubbio che sarebbe stato necessario dare un segnale al Paese, tagliando qualcuno di questi incarichi. Purtroppo la composizione del governo risponde ad una logica di coalizione in cui è necessario che le varie cariche siano spartite tra le varie forze, in ragione della consistenza dei vari partiti. Questo porta alla lievitazione degli incarichi. La riduzione dei ministeri si porta anche dietro delle conseguenze poco piacevoli, in quanto ci sono determinati temi che andrebbero affrontati da una specifica persona predisposta ad essi, ed invece rischiano di finire accorpati ad altri, ricevendo naturalmente meno attenzione (è il caso delle pari opportunità, accorpate in questo caso con lo sport). Per quanto riguarda composizione e distribuzione delle cariche, il Governo ha suscitato le critiche specialmente per aver distribuito gli incarichi ritenuti fondamentali ad esponenti di centrodestra, lasciando al centrosinistra solamente quelli residuali o di scarsa importanza. Un grave errore di prospettiva.

Incarichi come ad esempio l’integrazione, l’università o le pari opportunità, pur considerati di solito di minore importanza rispetto agli Esteri, la Difesa o l’Interno, possono diventare incarichi di punta per un partito di sinistra che, su questi temi, può segnare una decisa discontinuità col passato. Inoltre, ministero ultimamente fin troppo trascurato, è quello dello Sviluppo Economico, centrale in un Paese che da decenni non ha un piano industriale e non ha idea di come indirizzare la propria crescita. Infine, una parola di merito per Enrico letta per essere riuscito a neutralizzare incarichi caldi e probabili fonti di conflitto, come la Giustizia, l’Economia o il Lavoro, affidandoli a tecnici.

Il Governo Letta rappresenta senza dubbio uno dei più grandi fallimenti del centrosinistra e del Partito Democratico in particolare, un fallimento di cui la classe dirigente del Pd dovrà rispondere di fronte ai propri militanti, prima ancora che al proprio elettorato. Rappresenta però una via d’uscita dal blocco che si era creato, perché dopotutto, piaccia o non piaccia, un esecutivo ci vuole. Un esecutivo che entri immediatamente in funzione, che si metta immediatamente al lavoro e che permetta il superamento di questa fase in cui si parla solo di nomi e persone, e sia in grado di rilanciare una discussione sui temi.

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