Ero seduto davanti a lei e la guardavo distesa nel letto, come assopita.
Non mi ero mai accorto di quanto potesse essere bella.
I capelli sciolti e lisci ricadevano pesantemente creando una distesa nera sulle spalle esili.
Aveva gli occhi di un nero acceso, caldi come una notte d’estate.
Il viso era cesellato da tante piccole lentiggini che le donavano un’aria da bimba sperduta.
Era bellissima, Grace…
La guardavo e intanto mi facevo mille domande.
Chi come perchè quando… le solite domande di chi non ha un cazzo da fare!
Girovagando con lo sguardo per la stanza, l’occhio mi cadde su un poster di Jeff Buckley, dove giganteggiava la scritta “Mojo Pin”, che poi era il nome del locale dove andavamo sempre… buffa coincidenza!
Non era grande la stanza di Grace, poco più di un quadrato, ma era gonfia della sua personalità.
Libri, cd, vinili dei più disparati autori e scrittori.
Grace passava tranquillamente da Dostoewsky a Kerouak o da Bach a Cohen.
Grace era così.
La mia Grace era così.
Andai in cucina e mi versai un wisky…
E un altro.
E un altro.
E un altro…
…
Alla fine mi scolai la bottiglia e mi svegliai sul pavimento in preda ad un mal di testa fortissimo.
Bussarono alla porta. Due persone entrarono in silenzio nella casa e nella stanza di Grace.
La presero con gentilezza e la adagiarono in un sacco nero.
Chiusero la cerniera lampo e me la portarono via.
La mia Grace…