GRACE JONES “Disco” | Un nuovo Box per la Pantera

Creato il 16 giugno 2015 da Amedit Magazine @Amedit_Sicilia

di Lillo Portera

Si chiama semplicemente Disco, ed è un lussuoso ed esclusivo cofanetto a tiratura limitata che celebra i primi tre strepitosi album in studio di Grace Jones: Portfolio (album del debutto, 1977), Fame (1978) e Muse (1979). Edito in splendida veste grafica (curata da Darren Evans) dalla Universal (Island Records), prodotto da Bill Levenson e rimasterizzato da Kevin Reevies, il box Disco contiene numerose bonus tracks (tra mix, versioni strumentali e versioni inedite); a corredo dei tre cd digipack – fedelmente riproposti con le splendide e coloratissime copertine originali disegnate da Richard Berstein – un ricco libretto fotografico con un accorato e esaustivo racconto biografico firmato Daryl Easlea.

Coda e strascico degli anni ’70 Portfolio, Fame e Muse consacrarono Grace Jones quale regina indiscussa della disco-music sperimentale. Tra l’80 e l’82 seguì la Compass Point Trilogy, con gli album Warm Leatherette, Nightclubbing  e Living my life. Giamaicana, classe 1948, Grace Mendoza in arte Grace Jones lavora dapprima come modella e attrice, ma non tarda a imporsi come performer, cantante e compositrice, complice la grinta tipica dell’animale da palcoscenico e un’immagine magnetica e trascinante. Amazzone androgina, felina, giunonica, ribelle e trasgressiva, Grace Jones è un’icona indiscussa degli anni a cavallo tra Settanta e Ottanta, una creatura unica nel suo genere, di una bellezza rara, straniante e al contempo elegante. La pantera è il nomignolo che fin da subito le viene affibbiato dai media e che tutt’ora, nonostante si avvicina ai settanta, continua a indossare con disinvoltura.

I primi successi arrivano con I need a man, Sorry e soprattutto La vie en rose (quest’ultimo una fortunata rivisitazione in chiave disco del celebre brano di Edith Piaf), tutte canzoni inserite nel primo lavoro in studio Portfolio (prodotto da Tom Moulton; gli arrangiamenti di La vie en rose sono di Duke Williams). Del 1978 è Fame, sempre prodotto da Tom Moulton, contenente la bellissima Do or die e l’intrigante Am I ever gonna fall in love in New York City. Fame è dedicato all’artista e amico Jean Paul Goude. Chiude la trilogia nel 1979 il trascinante Muse (nel quale si distinguono, tra gli altri, I’ll find my way to you, Saved e Atlantic city gambler). In questi primi tre album Grace Jones vira la disco-music tradizionale su un terreno sperimentale coraggioso e personalissimo, qua e là contaminato da ritmiche reggae e da sonorità che in talune sfumature sembrano preludere gli effimeri anni ’80.

Tra i singoli di maggior successo arriva, nel 1981, la rivisitazione in chiave disco di Libertango (di Astor Piazzolla) reintitolata I’ve Seen that Face Before; con questo singolo, tratto dal fortunatissimo Nightclubbing, Grace Jones intercetta e individua più compiutamente il suo stile musicale (il timbro vocale magnetico e profondo ibridato da una ritmica ipnotica ed elegante). Altro brano fortunato e di successo internazionale è Slave to the rhythm (1985), prodotto da Trevor Horn; nello stesso anno la Pantera recita un parlato nel brano Election day degli Arcadia; nel 1986 è la volta di I’m not perfect (but i’m perfect for you) prodotto da Nile Rodgers (nel videoclip partecipano gli amici artisti Andy Warhol e Keith Haring). L’amicizia con i due grandi guru della pop art internazionale (che tanto contribuì a orientare certe sue scelte creative) durerà fino alla loro morte prematura dopo la metà degli anni Ottanta, e andrà a coincidere con i primi sentori di un declino per certi versi anche inevitabile. Gli ultimi due album degli anni ’80 sono Inside story, 1986, e il trascurabile e poco ispirato Bulletproof Heart, 1989.

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Degna di nota la partecipazione di Grace Jones al Festival di Sanremo 1991, con l’interpretazione in lingua inglese della struggente Spalle al muro di Renato Zero (purtroppo il brano Still life, richiestissimo da fan e collezionisti di mezzo mondo, è rimasto un inedito). Grace Jones tornerà con un disco di inediti solo diciannove anni dopo, nel 2008, con Hurricane. Tra gli anni Novanta e la prima metà degli anni Duemila la giunonica pantera si è cimentata a più riprese nel cinema, alternando sporadici tour musicali e progetti collaterali di arte performativa. Sono stati indubbiamente anche anni di crisi e di continue riformulazioni. Il lungo silenzio è stato rotto da Hurricane, sorta di ponte tra i primi album e la fase matura contemporanea; l’album, l’ultimo di inediti, è stato salutato dalla critica come un autentico capolavoro, complice la partecipazione tra gli altri di Brian Eno e di Ivor Guest (dell’album segnaliamo la bellissima Corporate cannibal). Oggi, a sessantasette anni suonati, la pantera continua a graffiare, come dimostra la recente performance tribale al Parklife di Londra. In attesa del nuovo album di inediti godiamoci questo box.

Lillo Portera

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Cover Amedit n° 23 – Giugno 2015 “Il ragazzo dagli occhi di cielo” by Iano

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