La storia è la seguente: c'è un vecchio che si chiama Walt (sì, proprio come Disney!), che non si trova più a suo agio in un mondo che non riconosce più. La moglie è appena mancata, i figli e i nipoti non lo capiscono, non lo hanno mai realmente considerato un esempio. Aspettano, con malcelata impazienza, che muoia per impossessarsi dell'eredità, rappresentata da una spettacolare Ford Gran Torino. Walt vive circondato da stranieri, i Hmong, un popolo asiatico che ha usanze del tutto diverse dalle sue, che lui inizialmente disprezza considerandole primitive. Però, poco per volta, Walt impara a conoscere meglio i suoi vicini. Al di là dell'apparenza, gli uomini si comportano tutti in modo simile, e l'amore per la tradizione degli Hmong in qualche modo li affratella con il loro scorbutico vicino. Ma poichè gli uomoni si assomigliano tutti, non tutti gli Hmong sono onesti lavoratori: alcuni vivono da gangster, vessando le loro stesse famiglie e tentando di cooptare i giovani instardandoli su un cammino di violenza e sopraffazione. Dopo un inizio difficile a causa del giovane Thao, che viene indotto dal cugino malvivente a tentare di rubare la Gran Torino,Walt si affeziona al ragazzo e decide di aiutare i suoi vicini, anche ricorrendo alla forza quando necessario. Ben presto si rend conto che la violenza non ha altro effetto che quello di chiamare altra violenza, e capisce che l'unico modo per interrompere la spirale della spraffazione è quello di fermare i gangster utilizzando sè stesso come sacrificio umano. Walt cade rigido ed a braccia aperte - quasi un crocefisso - in mano l'accendino con il simbolo della sua unità dei marines. In questo modo al popolo Hmong viene assicurata una vita al riparo dalle vessazioni. La divisione dell'eredità di Walt si rivelerà per molti una delusione e per qualcuno una sorpresa da custodire con cura.
La storia sintetizzata in questo modo mi suona piuttosto familiare, e pensandoci su...ebbene sì, la trama di Gran Torino rappresenta proprio una parafrasi (con svariati gradi di libertà) evangelica: il passaggio dall'antica alla nuova Alleanza.
Forma e sostanza a confronto
Certo, con quella faccia Clint Eastwood non sarebbe molto credibile nelle vesti di mite evangelizzatore, ma in quelle di iracondo Dio degli eserciti appare ancora piuttosto convincente.Gli elementi ci sono tutti: un'eredità a cui tutti vogliono partecipare (la Gran Torino), un popolo che rinnega gli insegnamenti del padre (i figli di Walt), un popolo di stranieri che viene chiamato a partecipare all'eredità (Thao e la sua famiglia); il protagonista è un onnipotente soldato che, tuttavia, rinuncia ad usare le armi e mette al riparo dal male la sua nuova famiglia senza ricorrere alla violenza, ma al proprio sacrificio. Il nuovo popolo viene liberato dal suo "peccato originale" e può godersi la Gran Torino su una magnifica strada litoranea, con il sottofondo della voce di Clint che sussurra una struggente canzone.
Walt, in versione signore degli eserciti
Il film "testamento" di Clint Eastwood propone una scomposizione quasi cubista dei piani di lettura: c'è il livello della amara storia personale di Walt, un vecchio incompreso dai figli che decide di rimettersi in gioco e ripartire da zero adottando una famiglia che gli sente più a sua misura di quella "di sangue". C'è anche - accade spesso nei film di Eastwood - una riflessione sui valori fondanti della civiltà occidentale, ormai in via di abbandono. Ad esempio il contrasto fra la produzione - il "fare" - ed il commercio e la finanza che trasferiscono ma non creano ricchezza; c'è il valore dell'educazione attraverso il lavoro ed il sacrificio: Walt insegna a Thao che un uomo deve vivere del proprio onesto lavoro e gliene fornisce i mezzi, sia attraverso i propri contatti che materialmente (gli presta gli attrezzi, che il cugino gangster gli spezzerà).
In molti hanno individuato in Gran Torino un film contro il razzismo, ma a me sembra una lettura al ribasso. Tutto si può dire , meno che questo sia un film "politically correct". Eastwood mi pare seguire un discorso più ampio contro le convenzioni sociali, il consumismo, la superficialità, il guadagno facile. Insomma le ammonizioni che vengono dall'esperienza di tutti i nonni, ma fatte con il linguaggio dell'arte.
E poi c'è la religione. Già si poteva intravedere una bozza del discorso in Million Dollar Baby , ma qui nella persona di Padre Janovich (un convincente Christopher Carley) la religiosità si materializza, parla, non a caso si fa voce narrante. A dispetto di quanto potrebbe appare a prima vista, il rapporto fra il modo di essere "tutta sostanza e niente forma" di Walt ed il punto di vista della religione "ufficiale", necessariamente più diplomatico, trova infine una sintesi, un ponte che permette ai due uomini di buona volontà di capirsi ed apprezzarsi.
Gran Torino tocca dunque i più grandi temi: religione, valori, razzismo, perchè no anche la globalizzazione; Eastwood riesce a toccare argomenti fondamentali quasi fingendo di parlare d'altro, quasi temesse di annoiare o di spaventare lo spettatore scoprendo subito le carte. Clint, da quel vecchio saggio che è, suggerisce senza gridare ci racconta una storia che ognuno nel proprio cuore sa di aver già sentito.
Anche se non possiamo vederlo nella scena finale, non ci pare che il personaggio di Walt sia lì, presente e compiaciuto della buona riuscita del suo piano?
Walt (il 7° giorno?) si riposa scolando un paio di birre