E’ opinione abbastanza condivisa tra i ricercatori che le grandi estinzioni di massa subite da fauna e flora del nostro pianeta abbiano un andamento ciclico. E’ successo in passato e succederà ancora. Lo studio dei ritrovamenti fossili ha mostrato una sorprendente e misteriosa regolarità negli eventi di livello estintivo, cioè periodi geologicamente brevi durante i quali vi è uno straordinario sovvertimento dell’ecosistema terrestre, con la conseguente scomparsa di un grande numero di specie viventi e la sopravvivenza di altre che divengono dominanti. Da questo punto di vista, le estinzioni di massa hanno l’effetto di ripulire la biosfera come un cassino su una lavagna, liberando nicchie ecologiche e producendo esplosioni di biodiversità. Nel 2005, Richard Muller e Robert Rohde hanno pubblicato uno studio comparso su Nature nel quale i due ricercatori hanno evidenziato che le estinzioni di massa si presentano ciclicamente con una regolarità di 62 milioni di anni. I risultati della ricerca hanno generato nuovi argomenti di speculazione tra gli scienziati che studiano la storia e l’evoluzione della vita. “La prova delle estinzioni cicliche salta fuori semplicemente dai dati”, disse James Kirchner, professore di scienze della terra all’Università di Berkley non coinvolto nello studio. “Si tratta di una scoperta eccitante, inaspettata e inspiegabile”. Ma cosa determina queste estinzioni cicliche così regolari. Muller e Rohde ammisero che entrambi rimasero perplessi quando si resero conto delle implicazioni della loro scoperta, cercando una spiegazione a un fenomeno naturale così sconcertante: “Abbiamo pensato alla dinamica del Sistema Solare e le cause che possano generare una pioggia di comete. Abbiamo preso in considerazione la struttura della galassia e delle ripercussioni delle grandi eruzioni vulcaniche, ma nulla di tutto ciò è in grado di spiegare quello che abbiamo scoperto”. In effetti, lo studio dei due ricercatori di Berkley ha una valenza statistica, in quanto lo studio dei fossili rivela un preciso lasso di tempo tra un estinzione e quella successiva. Ma la ricerca non è in grado di fornire una spiegazione a cosa possa causare il fenomeno. In passato, sono state proposte diverse spiegazioni per risolvere l’enigma, tra cui massicce eruzioni vulcaniche, periodi di raffreddamento globale e l’impatto di grandi asteroidi e comete sulla Terra. Tra questi fenomeni estremi, le grandi eruzioni e i raffreddamenti globali appaiono essere eventi molto rari e che si presentano in modo casuale nella storia della Terra. D’altra parte, è noto che la Terra è stata continuamente bersagliata da asteroidi e comete nel corso della sua storia, un processo che continuerà anche in futuro. Visto il danno che sarebbe in grado di causare l’impatto di un corpo cometario o asteroidale di diversi chilometri di diametro, gli scienziati concordano che la maggior parte delle estinzioni di massa potrebbe essere causata da tali collisioni. Ma cosa determina una ciclicità così regolare? Nemesis La teoria più nota è l’esistenza della cosiddetta stella Nemesis, un’ipotetica stella compagna del Sole (una nana rossa) che orbiterebbe intorno al Sole ad una distanza da circa 50 mila a 100 mila UA, poco oltre la Nube di Oort. La teoria cominciò a formularsi in uno studio del 1984 pubblicato da due paleontologi, David Raup e Jack Sepkoski. I due ricercatori individuarono una periodicità statistica nelle estinzioni di massa avvenute nel corso degli ultimi 250 milioni di anni. Sebbene Raup e Sepkoski non fossero riusciti a identificare le cause della periodicità, supposero che questi eventi potessero avere una connessione non-terrestre. Nello stesso anno, due team di astronomi (Whitmire & Jackson e Davis, Hut e Muller) pubblicarono, indipendentemente, ipotesi simili per spiegare le estinzioni di massa avanzate da Raup e Sepkoski nella rivista Nature. Una di queste ipotesi propone che il sole potrebbe avere una stella compagna non ancora definita, in un’orbita ellittica molto ampia, la quale, periodicamente, disturberebbe la Nube di Oort, causando un incremento del numero di comete in viaggio verso il centro del nostro Sistema solare con un conseguente incremento di eventuali impatti sulla Terra. A dare credito a questa ipotesi è stato lo stesso Muller, il quale ha ammesso di aver preso in considerazione che là fuori potrebbe esserci una stella compagna del Sole. Gli autori dello studio del 2005 hanno anche paventato l’esistenza del famigerato ‘Pianeta X‘ orbitante ai confini del Sistema Solare. Questo pianeta, dalla orbita molto ellittica, sarebbe in grado di disturbare le comete nella regione della nube di Oort, innescando il moto che le porterebbe a grande velocità verso il centro del Sistema Solare e aumentando esponenzialmente il rischio di impatto con il nostro pianeta, così da causare le estinzioni in cicli regolari.
E’ opinione abbastanza condivisa tra i ricercatori che le grandi estinzioni di massa subite da fauna e flora del nostro pianeta abbiano un andamento ciclico. E’ successo in passato e succederà ancora. Lo studio dei ritrovamenti fossili ha mostrato una sorprendente e misteriosa regolarità negli eventi di livello estintivo, cioè periodi geologicamente brevi durante i quali vi è uno straordinario sovvertimento dell’ecosistema terrestre, con la conseguente scomparsa di un grande numero di specie viventi e la sopravvivenza di altre che divengono dominanti. Da questo punto di vista, le estinzioni di massa hanno l’effetto di ripulire la biosfera come un cassino su una lavagna, liberando nicchie ecologiche e producendo esplosioni di biodiversità. Nel 2005, Richard Muller e Robert Rohde hanno pubblicato uno studio comparso su Nature nel quale i due ricercatori hanno evidenziato che le estinzioni di massa si presentano ciclicamente con una regolarità di 62 milioni di anni. I risultati della ricerca hanno generato nuovi argomenti di speculazione tra gli scienziati che studiano la storia e l’evoluzione della vita. “La prova delle estinzioni cicliche salta fuori semplicemente dai dati”, disse James Kirchner, professore di scienze della terra all’Università di Berkley non coinvolto nello studio. “Si tratta di una scoperta eccitante, inaspettata e inspiegabile”. Ma cosa determina queste estinzioni cicliche così regolari. Muller e Rohde ammisero che entrambi rimasero perplessi quando si resero conto delle implicazioni della loro scoperta, cercando una spiegazione a un fenomeno naturale così sconcertante: “Abbiamo pensato alla dinamica del Sistema Solare e le cause che possano generare una pioggia di comete. Abbiamo preso in considerazione la struttura della galassia e delle ripercussioni delle grandi eruzioni vulcaniche, ma nulla di tutto ciò è in grado di spiegare quello che abbiamo scoperto”. In effetti, lo studio dei due ricercatori di Berkley ha una valenza statistica, in quanto lo studio dei fossili rivela un preciso lasso di tempo tra un estinzione e quella successiva. Ma la ricerca non è in grado di fornire una spiegazione a cosa possa causare il fenomeno. In passato, sono state proposte diverse spiegazioni per risolvere l’enigma, tra cui massicce eruzioni vulcaniche, periodi di raffreddamento globale e l’impatto di grandi asteroidi e comete sulla Terra. Tra questi fenomeni estremi, le grandi eruzioni e i raffreddamenti globali appaiono essere eventi molto rari e che si presentano in modo casuale nella storia della Terra. D’altra parte, è noto che la Terra è stata continuamente bersagliata da asteroidi e comete nel corso della sua storia, un processo che continuerà anche in futuro. Visto il danno che sarebbe in grado di causare l’impatto di un corpo cometario o asteroidale di diversi chilometri di diametro, gli scienziati concordano che la maggior parte delle estinzioni di massa potrebbe essere causata da tali collisioni. Ma cosa determina una ciclicità così regolare? Nemesis La teoria più nota è l’esistenza della cosiddetta stella Nemesis, un’ipotetica stella compagna del Sole (una nana rossa) che orbiterebbe intorno al Sole ad una distanza da circa 50 mila a 100 mila UA, poco oltre la Nube di Oort. La teoria cominciò a formularsi in uno studio del 1984 pubblicato da due paleontologi, David Raup e Jack Sepkoski. I due ricercatori individuarono una periodicità statistica nelle estinzioni di massa avvenute nel corso degli ultimi 250 milioni di anni. Sebbene Raup e Sepkoski non fossero riusciti a identificare le cause della periodicità, supposero che questi eventi potessero avere una connessione non-terrestre. Nello stesso anno, due team di astronomi (Whitmire & Jackson e Davis, Hut e Muller) pubblicarono, indipendentemente, ipotesi simili per spiegare le estinzioni di massa avanzate da Raup e Sepkoski nella rivista Nature. Una di queste ipotesi propone che il sole potrebbe avere una stella compagna non ancora definita, in un’orbita ellittica molto ampia, la quale, periodicamente, disturberebbe la Nube di Oort, causando un incremento del numero di comete in viaggio verso il centro del nostro Sistema solare con un conseguente incremento di eventuali impatti sulla Terra. A dare credito a questa ipotesi è stato lo stesso Muller, il quale ha ammesso di aver preso in considerazione che là fuori potrebbe esserci una stella compagna del Sole. Gli autori dello studio del 2005 hanno anche paventato l’esistenza del famigerato ‘Pianeta X‘ orbitante ai confini del Sistema Solare. Questo pianeta, dalla orbita molto ellittica, sarebbe in grado di disturbare le comete nella regione della nube di Oort, innescando il moto che le porterebbe a grande velocità verso il centro del Sistema Solare e aumentando esponenzialmente il rischio di impatto con il nostro pianeta, così da causare le estinzioni in cicli regolari.
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