Grandi fotografi grandi narratori – 20 Dorothea Lange

Creato il 20 agosto 2012 da Sulromanzo

La fotografia documentaria è un genere che nasce in Europa a partire dagli anni ’20 del ventesimo secolo, ma conosce il suo periodo di massima affermazione, nei due decenni successivi, negli Stati Uniti.

In precedenza esisteva un forte divario tra la fotografia considerata “artistica”, realizzata prevalentemente in studio e con l’uso di tutte le tecniche e gli artifici a disposizione per arrivare a realizzare un’immagine quanto più “pittorica” possibile, e gli scatti realizzati nel mondo esterno, in questo caso evitando accuratamente l’uso di qualsiasi filtro che potesse alterare la ricerca di un’assoluta oggettività del reale, e scegliendo inquadrature frontali, le stesse impiegate di solito per le foto dei documenti d’identità o per quelle scientifiche.

August Sander, nella Germania della Repubblica di Weimar, è stato il primo a fotografare abitualmente i suoi soggetti in questo modo, ed è al suo stile che si rifanno spesso i giovani autori americani che, nel decennio successivo, si propongono di restringere la forbice tra una concezione artistica e una documentaristica delle immagini, dando vita alla corrente della “straight photography” (fotografia diretta) .

Molti di loro vengono presto reclutati dalla Farm Security Administration o FSA, un’agenzia governativa che si occupa di rendere noto al Congresso, e poi alla società americana, la situazione reale e i problemi del mondo rurale stravolto dalla crisi economica. L’agenzia sguinzaglia quindi i suoi fotografi sul territorio perché registrino attraverso i loro obbiettivi ciò che osservano viaggiando qua e là per gli Stati Uniti.

Dorothea Lange (Hoboken, 26 maggio 1895 – San Francisco, 11 ottobre 1965) è una delle maggiori interpreti di questa corrente. Benché colpita da bambina da una grave forma di poliomielite, i cui postumi la tormenteranno per tutta la vita, studia fotografia a New York nella prestigiosa scuola di Clarence White. Si trasferisce poi a San Francisco, dove apre uno studio in cui lavorerà fino alla morte, ed è lì che inizia a interessarsi alle condizioni di vita nei quartieri più poveri della città. Sposa il pittore Maynard Dixon, da cui ha due figli, ma in seguito divorzia e nel 1935 si risposa con l’economista e docente universitario Paul Shuster Taylor. Fra il 1935 e il 1939 la Lange realizza un gran numero di reportage per la FSA, ritraendo soprattutto gli emarginati, i senzatetto e i gruppi di braccianti in perenne vagabondaggio attraverso la California alla ricerca di un po’ di lavoro, che Taylor integra e arricchisce con interviste e dati statistici.

È del 1936 la fotografia più famosa di Dorothea Lange, che compare in un’infinità di libri e servizi fotografici: il ritratto di una “madre migrante” Florence Owens Thompson, una donna di 32 anni, madre di sette figli, immortalata nei pressi di un campo di piselli in California, che è ormai divenuta non solo il simbolo principale della Grande Depressione, ma un’icona assoluta della storia della fotografia. Nello sguardo intenso e affaticato di questa donna si è letta tutta la tragedia di anni in cui milioni di persone hanno vissuto in miseria, spesso senza nemmeno una casa in cui vivere, e nutrendo ben poche speranze per il futuro.

Ma sono molte le immagini di Dorothea Lange che colpiscono lo spettatore per la loro drammaticità, sottolineata da un uso superbo della pellicola in bianco e nero.

Dopo anni di reportage, che vengono pubblicati su numerose riviste in tutto il mondo, al termine della seconda guerra mondiale la Lange partecipa anche alla creazione della mitica agenzia fotografica Magnum, e continua la sua intensa attività nello studio di San Francisco fino alla morte, sopraggiunta a settant’anni come estrema conseguenza della poliomielite.

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