La vita diurna e notturna della capitale, già vivace per conto proprio per la presenza di personaggi pittoreschi come l’ex re d’Egitto Faruk, che a Roma vive un esilio più che dorato, o la principessa Soraya, moglie ripudiata dello Scià di Persia, oltre a scrittori e intellettuali che diventeranno famosi, viene immortalata da Federico Fellini nel film La dolce vita (1960), titolo entrato in fretta nel linguaggio corrente a definire una modalità esistenziale.
Un’altra parola, coniata espressamente per quel film (secondo varie leggende, inventata da Federico Fellini stesso o da sua moglie Giulietta Masina), ha ottenuto una diffusione internazionale, ed è paparazzo, che da cognome di uno dei personaggi è passata a indicare una particolare categoria di fotografi: quelli impegnati costantemente a dare la caccia ai VIP, per coglierli in ogni momento della loro giornata, soprattutto in quelli più privati e/o imbarazzanti, cedendo poi a caro prezzo queste immagini esclusive ai giornali.
Il personaggio di Paparazzo, per ammissione dello stesso Fellini, è modellato su Tazio Secchiaroli (Roma, 1925 – 24 luglio 1998), considerato il re dei fotografi d’assalto italiani. Nato a Centocelle da una famiglia d’immigrati marchigiani, dopo la morte del padre capomastro che lo lascia orfano a 14 anni, Tazio deve lasciare gli studi e passare da un lavoretto all’altro per aiutare la famiglia. Inizia presto a scattare fotografie in giro per Roma, grazie alla macchina fotografica ricevuta in regalo da una zia, fino a diventare, nell’immediato dopoguerra, fotografo ambulante, mestiere allora assai diffuso nelle città italiane.
Un amico lo presenta ad Adolfo Porry Pastorel, che lo assume nella sua agenzia VEDO, di cui Secchiaroli diventa presto uno degli uomini di punta. Si distingue per la scelta d’inquadrature più ricercate rispetto a quanto richiesto dalla cronaca, e si muove con disinvoltura tra il mondo politico, la vita mondana e gli avvenimenti importanti della città, documentando, ad esempio, i pellegrini che affollano Roma per l’anno santo del 1950, o la vita nei nuovi quartieri periferici della capitale.
Nel 1955, fonda l’agenzia Roma Press Foto, ma è nell’estate del 1958 che Secchiaroli acquista notorietà mondiale, scattando alcune foto di Ava Gardner in compagnia di Walter Chiari che, non tollerando l’invadenza del fotografo, reagisce aggredendolo, mossa prontamente fotografata da un collega di Secchiaroli e presto finita sui rotocalchi di mezzo mondo.
Nel 1960, Fellini chiama Secchiaroli sul set del suo capolavoro, prima come consulente per il personaggio di Paparazzo e poi come autore di servizi speciali sul backstage della produzione, determinando la svolta decisiva della sua carriera. Abbandonata la fotografia d’assalto, Secchiaroli passa a lavorare in modo stabile per il cinema: oltre a realizzare reportage su ciò che avviene sui set cinematografici, diventa fotografo ufficiale di molti di quei divi che solo pochi anni prima inseguiva in via Veneto durante le movimentate notti romane, lasciandoci molte delle più belle immagini che documentano la storia del cinema italiano.
Per circa vent’anni è il ritrattista prediletto di Sophia Loren, che arriva al punto di chiedere la sua assistenza anche quando deve posare per altri fotografi, incurante di gelosie e malumori. Da uno di questi incontri nasce una delle immagini più famose di Secchiaroli, che di soppiatto ritrae l’attrice con Richard Avedon, sdoppiandone il bellissimo volto che appare anche attraverso gli occhiali del famoso fotografo.
Ritiratosi dall’attività nel 1985, Secchiaroli muore a Roma nel 1998, quando già la sua attività ha ricevuto l’omaggio di numerose pubblicazioni e mostre celebrative.
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