Ma il fatto è che Berlusconi non è uomo, è una maschera, una categoria della vita italiana, che sia basso, alto, truccato o sobrio poco importa: è la voce di una classe dirigente incapace che di fronte al proprio fallimento non vuole mollare e nemmeno cambiare, ma solo conservare potere, privilegi e commende. Attraverso qualsiasi travestimento parla la stessa voce, inscena lo stesso inganno e produce lo stesso incubo come in una notte febbrile.
Lo si è visto chiaramente anche in quell’applausometro del meeting di Rimini dove la peggio Italia, quella dell’ipocrisia e della doppia morale, della devozione ben retribuita e avida, del vuoto intellettuale si riunisce ogni anno in comunione e conservazione con i propri briganti di punta. Ecco che proprio al meeting il governo per bocca del viceministro allo sviluppo, Mario Ciaccia, preso a scatola chiusa dalla direzione di Banca Intesa, tanto per cambiare, illustra il piano sviluppo, fresco fresco di Cdm. Immaginate un po’: quello stesso di Berlusconi del 94, niente iva per le grandi opere, per tav, porti e ponti vari e ci aggiunge anche che questo creerà il solito milione di posti di lavoro. Anzi no, “molte centinaia di migliaia” proprio per non sembrare un ventriloquo di vent’anni fa.
Si tratta della stessa idea di Silvio e di Tremonti sempre certi che l’eliminazione dell’imposta avrebbe attratto chissà che investimenti: purtroppo il project financing è già fallito in un ‘Italia dove il capitalismo funziona se i capitali sono dello stato: in vent’anni, statistiche Ocse, l’Italia ha prodotto solo il 2% di questo tipo di investimenti nel complesso dell’Europa. E oggi che il ritorno delle grandi opere e della cementificazione si rivela ancor più incerto di ieri, visto il rallentamento dell’economia mondiale, la luce in fondo al tunnel (cosparso di tangenti) è ancor più una pia illusione, ancor più una dannata bugia.
Ma naturalmente anche se per un miracolo tutto questo si verificasse, si tratterebbe di maggiori oneri per lo Stato e di minori entrate, tutte cose destinate ad aggravare la pressione fiscale e la sottrazione di welfare oltre che un altro passo verso il deafult. Se proprio di grandi opere si volesse parlare, sarebbe opportuno pensare a quelle del futuro: il cablaggio del Paese, le reti ad alta velocità, investimenti per tecnologie di punta nel campo delle rinnovabili e tutto quanto occorre per portare il Paese nel 21° secolo. Invece si tratta di solo, puro e vecchio cemento o di politiche energetiche volte a dar fondo in qualche anno alle piccole riserve petrolifere che giacciono sotto costa.
Questo è quello che passa il convento delle lobby politiche ed economiche che mancano totalmente di fantasia: così la confindustria degli inquinatori e cementieri plaude, plaude la Cisl dell’utile idiota Bonanni, plaude Lupi e plaude il vecchio Silvio, quello ancora truccato che sta aprendo il bar con biliardo chiamato Grande Italia. E non tarderemo molto a sentire il plauso degli intermediari delle lobby, quelli che una volta si chiamavano partiti.
Il circo cambia ragione sociale, ma è sempre lo stesso: avanti siori, inizia un nuovo spettacolo.
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