Gratificarsi dando: Isidoro Raciti

Creato il 20 gennaio 2015 da Leggere A Colori @leggereacolori

“Sono stufo di rigar dritto. Non mi va più di trattenermi, controllarmi e per educazione dare sempre altre possibilità ed offrire -concedendola amorevolmente- l’altra guancia (o chiappa?). Non è più tempo di scusare i bastardi e i meschini; i servi e i papponi; gli ipocriti.” Così si presenta Isidoro Raciti quando mi scrive, dandomi saggio non solo del suo raffinato scrivere ma, se mai ce ne fosse bisogno, anche di una marcata propensione alla ribellione che sa tagliare a fette chiunque e qualunque istituzione. Già, perché è rivolgendosi a queste entità che Isidoro viene fuori come il ciclone che è: mai conformarsi e, soprattutto, sempre “dare”, agli altri come alla propria passione l’arte) senza lasciarsi scoraggiare dai giochi “sporchi” di chi dell’arte vuol fare soltanto un genere merceologico.


1) Isidoro, tu fai parte (e hai co-ideato) della piccola casa editrice “EditoriNproprio”, nata da autori per sopperire alla carenza di attenzione delle “grandi” verso i prodotti letterari di qualità e nei confronti dei nuovi e meritevoli autori:è vero dunque che, come dice qualcuno, l’editoria italiana è una casta?

Dalla denominazione già si evince che ciascun autore è editore di se stesso, ma potrà avvalersi della esperienza del curatore e del prefatore, che offriranno consigli utili al progetto dell’opera e alla sua presentazione e diffusione. Gli ideatori si riservano il diritto di vagliare, a loro insindacabile giudizio, le opere proposte al fine di consentirne o meno l’accesso alla Collana e si dichiarano, in ogni caso, estranei a qualunque opinione o ideologia esplicitamente o implicitamente contenuta in ciascuna opera. Quanto all’affermazione che l’editoria costituisca nel nostro Paese una “casta”, è difficile dare una risposta senza avere una precisa definizione di questo termine oggi un po’ abusato: direi, piuttosto, che l’editoria si va sempre più trasformando da divulgatrice della cultura e dell’arte in una qualunque industria, una fabbrica con esclusiva finalità di lucro, con l’aggravante che, per il suo particolare “prodotto”, si presta a manipolazioni da parte degli ideologi di turno, acquistando, in tal modo, la capacità di vendere il proprio potere al maggior offerente, ovvero di acquisire fruttuosi vantaggi da collusioni politiche.

2) Si dice anche che l’editoria nostrana oggi manchi di coraggio e sia esterofila…

Il coraggio di pubblicare a proprie spese un prodotto del quale è difficilmente prevedibile il successo (come nel caso dell’autore poco noto, poco pubblicizzato, poco chiacchierato…) potrebbe trovare giustificazione nel rischio finanziario dell’operazione, tuttavia una grande casa editrice (cioè una ricca ed affermata) può tranquillamente concedersi il lusso di promuovere un emergente meritevole, considerandolo un vero e proprio investimento a medio termine ed assumendosi tutti i rischi che tali manovre finanziarie comportano, considerata la possibilità di compensare, nella peggiore delle ipotesi, un fallimento con un successo. Evidentemente una simile impresa non è proponibile al piccolo editore o a quelli come me che non traggono alcun guadagno dal lavoro svolto con una professionalità che nulla certo invidia ai migliori editori, ma con lo spirito di chi lo fa solo per passione. Per quanto concerne l’esterofilia, è evidente che la resa economica appare vantaggiosa: di fronte al vile denaro qualsiasi ultima parvenza di amore per la cultura cede miseramente il passo.

3) Qualcuno ha detto che con l’avvento di internet sta morendo: è vero?

Intanto notiamo che gli editori più astuti ed aperti all’innovazione stanno trasformando il “supporto” dei loro servizi, che da cartaceo diventa virtuale, attraverso il passaggio dal libro all’e-book e dalla rivista all’e-zine. In secondo luogo, credo e spero che ancora siamo in molti gli amanti della carta: quelli che, per intenderci, trovano voluttuosamente gradevole tenere in mano il libro, sfogliarlo avanti e indietro, passare l’indice pigro sulla riga stampata, inebriarsi del “profumo” d’un volume aperto per la prima volta e del rumore appena croccante della sua “verginità”, torturarlo – a volte – con una matita, del riporlo – sempre temporaneamente – con i suoi simili nel mobile più rispettato del nostro studio. Infine, c’è ancora molto spazio (e ce ne sarà di più superata l’attuale crisi economica) per le edizioni pregiate (non mi piace dire di lusso, cioè fatto solo per “apparire”), soprattutto quelle su carta fatta a mano, splendido supporto alla cultura, che amo definire “la grande Signora, nobile e fantasiosa” e che uso spesso per le mie personali produzioni. Per questi motivi credo che la carta stampata sopravvivrà ancora per parecchi anni.

4) Premesso quanto sopra, dunque fanno bene molti autori a scegliere la via dell’autopubblicazione? Ed è effettivamente una risorsa per i lettori (che hanno così la possibilità di conoscere nuovi artisti), o è un’infestante guazzabuglio di “robaccia” come ha avuto modo di dichiararmi una poetessa?

Con tutto il rispetto per la poetessa, ritengo giusto discostarmi dalla sua opinione: se, da un canto, è vero che spesso alcuni lavori non possono essere accolti all’interno della Collana per la mancanza di alcuni requisiti relativi alla loro “qualità”, è anche vero che respingerli è sempre frutto di un atto responsabile ma arbitrario, in quanto soggettivo, perciò non mi permetterei di apostrofare col termine “robaccia” il lavoro, per quanto scadente sia, prodotto da una persona che, a parte la competenza o la “bravura” o il gusto con cui ha operato, ti confida una parte di sé (perché il prodotto artistico o letterario è sempre un “pezzo” di chi lo ha concepito e generato) sulla quale ha faticato e forse perfino pianto.

5) Torniamo a te: ti esprimi da decenni cose in più ambiti artistici: da dove tanta strabordante creatività?

Da oltre quarant’anni subisco il fascino della cultura in ogni sua forma: dall’arte allo spettacolo, dalla poesia alla letteratura… e poiché la cultura è anche attualità ed impegno civile, mi ci tuffo con l’attrezzatura del giornalista e con l’animo del contemporaneo insoddisfatto dell’oggi e ricco di bei progetti che, per trasformarsi in realtà, necessitano di un attivo e costante impegno: per questo ho fondato la Libera Associazione Culturale L’IMPEGNO, che adesso conta un centinaio di soci e che appone il proprio apprezzato logo su molti, qualificati eventi. Priva di ogni sostegno pubblico, neppure sporadico, l’Associazione che presiedo vanta importanti primati in fatto di valutazioni lusinghiere e di audience: non di rado le manifestazioni che organizza riuniscono folle che superano le cinquemila presenze, anche in località solitamente poco frequentate. Dunque: passione e impegno gli elementi che rendono “strabordante” – come dici tu – la mia creatività; due ingredienti che trovano unico collante nella mia naturale tendenza a sacrificare ampie porzione della mia sfera privata per donarmi agli altri: almeno, questo dicono di me quanti mi conoscono.

6) In cosa pensi che siano carenti i giovani autori oggi, sia tecnicamente che espressivamente?

Non faccio di tutta l’erba un fascio. In molti giovani autori si denota uno scarso approccio agli ambiti che pensano di poter affrontare sulla base di un’innata inclinazione: non basta “sentirsi nati per” scrivere o dipingere, ma occorre prima intraprendere un serio “apprendistato” leggendo ciò per cui si prova inclinazione (novelle, romanzi, poesie, saggi, testi teatrali), visitando musei con dipinti e sculture, studiando le opere letterarie o artistiche dei “grandi” e dei “minori” di varie epoche, italiani e stranieri; successivamente ci si avvia ai primi esperimenti e, solo quando si è in possesso di un bagaglio di conoscenze ed esperienze adeguato, si decide di tentare una delle strade già battute da altri o inaugurare una via nuova ed originale: in ogni caso, ci si lancia in quel mondo dal quale è assai difficile trarre guadagni, ma in cui ci si trova spesso gratificati da un successo personale che non ha prezzo.

7)  Parliamo di uno dei tuoi grande amori, la poesia: se in Italia oggi tutti ne scrivono, perché allora si vende poco? E’ un genere di nicchia?

Per il termine “nicchia” potrei ripetere quanto detto per “casta”: sarebbe lecito chiederne la ridefinizione e l’aggiornamento del lemma, ma qualunque sia il significato che ad esso si vorrà attribuire, il discorso tornerà a convergere sulla squallida mercificazione del prodotto culturale. Infatti si vende poco perché si vende solo quello che è già famoso o serve a scuola o ha generato scandalo e curiosità (incoraggiati dai media opportunamente manovrati): così si vendono agli studenti i capolavori poetici dell’Ottocento (al più, dei primi del Novecento) consigliati come lettura per le vacanze, mentre, a chi studente non è più, si rifila con facilità la poesia, più facilmente la prosa (magari farcita di demagogia di bassa lega) del giornalista famoso o le pagine del vip che non ha mai letto né mai scritto (cantante, politico, attore, calciatore, comico, perfino sportivo!)… anche se la reale paternità dell’opera desta seri dubbi pure presso schiere di benpensanti. Certo il fatto che tutti pretendano di fare Poesia non è un bene per la poesia stessa; ma qui non si tratta tanto di un fatto di “nicchia” quanto di capacità artistico-letterarie, così come non è un fatto di “nicchia” limitare la possibilità di operare a cuore aperto solo ad un “vero” cardiochirurgo, senza estenderla (per chissà quale malintesa “democrazia intellettuale”) a chiunque abbia la capacità fisica di indossare un camice e di prendere in mano un bisturi.

8) Cosa manca alla poesia di oggi per essere più appetibile ai più?

Alla poesia non è mancato né mancherà mai nulla. Ciò che spesso manca è la poesia stessa! Poi non credo che ad essa tocchi di rendersi “appetibile”; la poesia, quando è veramente ed inoppugnabilmente tale, è come la verità: non deve mostrarsi come piace, ma tale e quale essa è, con tutta l’ingenua sincerità e/o con tutti gli studiati artifici ed enigmi di cui il suo autore, libero nella genialità creativa che deve essergli propria, ha voluto sapientemente e/o inconsapevolmente farcirla. L’ho già detto in riferimento ad ogni prodotto di penna o pennello e lo ripeto, con maggiore enfasi, per la poesia: è un pezzo di lui.

9) Cosa ti sentiresti di dire ai nuovi autori che si accingono a creare letteratura in tutte le sue forme?

Niente di più di quello che ho già lasciato intendere: metteteci studio, passione, impegno, sacrificio; e poi: lasciatevi guidare, nelle prime esercitazioni, da chi è già più avanti, senza però rinunciare – per nessuna seduzione! – ai vostri valori e ai vostri ideali, se avete avuto modo di accertarvi che siano veraci e universali. Battetevi per la realizzazione di una società più umana! … E non scrivete “robaccia”, come dice la poetessa, o finirete per darle ragione.

10) Su che tematiche verterà il tuo prossimo libro?

Nulla posso svelare, se non il titolo che – in certo senso – dice tutto sulle “tematiche”: inSolito amore [sic!]. Aggiungo solo, per chi ci legge, che si tratta di una silloge di trenta poesie.

11) Per finire, quale domanda non ti hanno mai fatta a cui avresti sempre voluto rispondere?

Vorrei che mi si chiedesse a quali mie opere sono più legato, perché sarebbe la prima volta che non saprei dare una risposta (o, almeno, proverei un profondo imbarazzo). Se, poi, fossi proprio messo alle strette, risponderei citando le tre collezioni alle quali sono rimasto, più che legato, “incatenato”: i 1000 anni della Carta in Sicilia (2003), La nostra Isola (2012) e Tracce (2013). La prima costituisce l’unico evento per ricordare i mille anni della introduzione, da parte degli Arabi, della carta in Sicilia; il Catalogo è stato curato dal Dott. Mario Ursino. La seconda, che costituisce la mia intera produzione di acquerelli e pastelli, l’ho presentata, a scopo benefico, su invito dell’Associazione Salus (C. D’Agostino Onlus) e del P.O. “San Vincenzo” Taormina – Divisione Oncologia Medica. La terza l’ho dedicata al prestigioso Museo della Carta e della Filigrana di Fabriano e alla sua storia. La presentazione, realizzata all’interno del Museo stesso, ha riscosso un notevole successo di pubblico e di critica, testimoniato dalla presenza di oltre trentamila visitatori.

Insoddisfatto quindi, ma non privo di alternative Isidoro, che non si arrende e porta avanti le sue cause. Personalmente mi chiedo in che modo in media siano opportunamente manovrati e come questo aspetto possa influenzare le scelte dei lettori. La necessità di un mondo più umano, inoltre, che sarebbe secondo lui in grado di dare una svolta anche all’arte, è una prospettiva affascinante. E mi fa pensare molto anche il rispetto per le opere scadenti che comunque porta, per l’impegno e la fatica che esse hanno richiesto ai loro autori. Voi cosa ne pensate?

Sito dell’Artista: www.racitiarte.com

Contatto FB: Isidoro Raciti

Info: tel. 338 7949279

Isidoro Raciti è nato a Giarre (CT) nel 1957.

Pittore-poeta, da circa quarant’anni si dedica alla pittura con impegno, interessandosi particolarmente alla carta quale nobile mezzo di comunicazione ed espressione, eccellente ed insostituibile supporto della parola e dell’immagine.

Attivo e stimolante giornalista, operatore e mediatore culturale, dai primi anni Settanta ad oggi, è stato più volte segnalato dalla critica e vincitore di moltissimi concorsi e premi artistici e letterari.

Gli è stato assegnato il Premio Europeo di Giornalismo “G. Macherione”.

Oltre ad aver diretto varie testate giornalistiche, ha fondato e diretto i mensili di cultura lo Stilo, il cui logo di testata veniva pubblicato per gentile concessione del Museo del Louvre di Parigi, No Comment e, successivamente, Sicilia Tutto Qui.

Alcune sue opere pittoriche figurano in diverse collezioni pubbliche e private (anche in musei e fondazioni), in Italia e all’estero, mentre altre sono state utilizzate come “immagine” in prestigiose circostanze.

Sue liriche sono state tradotte, pubblicate e recensite su riviste ed antologie tra le più conosciute e diffuse.

Numerosi gli articoli giornalistici, le recensioni ed i servizi radiotelevisivi a lui dedicati nel corso della sua articolata attività.

Ha esposto in permanenza soprattutto in Spagna presso le Eurogalerias de Arte “Llamas” (Bilbao, Fuenterrabia, Las Arenas, Malaga, Marbella, San Sebastian) e la Arte Galeria “Antonia Ferrero” in Portugalete.

Ha pubblicato e curato una quarantina di volumi (poesia, arte ed altro).

Fra le sue attività culturali di maggior successo ricordiamo: “Premio TORRE ARCHIRAFI” Rassegna d’Arte e Cultura; Oscar Internazionale dell’Acqua segno di Vita; la storica Antologica del Maestro Archimede Cirinnà (già pittore del Vaticano); la presentazione del volume Capolavori della Pittura Italiana ’800 e 900 nelle Collezioni della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Mario Ursino; un apprezzato documentario sulla vita di Federico II e sui castelli normanni dell’area jonico-etnea, per la Fondazione Federico II dell’Assemblea Regionale Siciliana.



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