Così Tsipras, cercando una via d’uscita, ha gettato nel più profondo sconforto i vertici di Bruxelles, ancor più che se avesse detto no autonomamente: perché un primo ministro può anche essere screditato, si può dire che sia un pazzo o un mentecatto, si può manovrare per farlo cadere, se ne possono comprare gli amici, si possono creare incidenti di piazza, si possono mobilitare barbe di preti e soldi di armatori, insomma si può fare di tutto pur conservando la facciata, il trompe l’oeil della democrazia. Ma di fronte a un referendum la commedia non può continuare: o se ne prende atto o si dichiarano decadute le istituzioni democratiche nell’interesse superiore dell’Europa e del sistema finanziario. Si scopre insomma prematuramente la commedia.
Ecco perché non c’è da aspettarsi molto dai parlamentari europei che, senza reali poteri, partecipano come comparse alla rappresentazione continentale della sovranità popolare ben sapendo che tutte le decisioni vengono prese al di fuori dei meccanismi di rappresentanza. Non c’è da spettarsi molto nemmeno da quelli da cui ci si aspetterebbe una reazione in favore della Grecia e delle sue ragioni e che proprio per questo sono stati eletti: il referendum contesta apertamente il loro ruolo puramente figurativo, strappa il fondale dipinto. E non parliamo nemmeno del resto. In altre parole il referendum lanciato da Tispras cancella lo sfondo delle interpretazioni permesse dal potere, insomma è fuori del “pensiero pensabile”, espressione con cui Noam Chomsky definisce la cornice o meglio il recinto in cui è possibile la critica, affinché sia inefficace e alla fine complice.
Quello che ci troviamo di fronte sia in Europa, sia nei singoli Paesi, non è più un vero sistema politico, ma una sorta di gilda medioevale che ha come unico scopo quello di perpetuare se stessa e i propri privilegi, impedendo che i momenti topici della democrazia, ossia le elezioni, possano cambiare più di tanto e cercando di eliminare o sterilizzare tutti gli altri strumenti di partecipazione e le libertà ad essi collegate. Il suo obiettivo ultimo è dunque quello di simulare dentro di se il conflitto sociale per renderlo inattivo. Non c’è alcun dubbio che il referendum sia come veleno per questa concezione e per i suoi finanziatori. Probabilmente molti dei decisori sul carro della troika erano già disposti a lasciar perdere la Grecia, ma il modo, una possibile decisione popolare, sconfessa ogni loro obiettivo ed è un boccone difficile da mandare già. Tanto più che il poco tempo a disposizione rende obiettivamente difficile far funzionare la macchina del consenso che porta le vittime a scegliere per la soluzione del boia. Ma anche se questo accadesse, la consultazione popolare sarebbe comunque un inquietante precedente che potrebbe ripetersi altrove.
Per questo adesso l’obiettivo principale è far sì che il referendum greco non possa proporsi altrove. Non è un caso che i più volgari e ottusi camerieri del potere comincino prendere a pretesto gli attentati dell’altro giorno per dire che purtroppo bisogna ridurre le libertà democratiche in nome della sicurezza. Per ora sono solo vecchi idioti buoni per tutte le occasioni, gli zombi mandati avanti che tanto sono già morti e in ogni caso devono fingersi morti per campare, ma annunciano una vasta campagna per la riduzione degli strumenti democratici.
Non si può rimanere estranei alla battaglia di Grecia come se non ci riguardasse o aspettando che qualcuno ci pensi, lasciando che l’abbiano vinta quelli che vogliono distruggere l’Europa con l’europeismo, che hanno sfruttato la crisi nata dalle pratiche e teorie liberiste per spezzare la democrazia. Se si rimane assenti nei momenti cruciali, poi non ci si potrà lamentare di niente.