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Si complica la vicenda del blitz di Greenpeace. Il tribunale di Murmansk era chiamato oggi ad esprimersi sul ricorso dell’italiano Cristian D’Alessandro, uno dei 30 attivisti di Greenpeace arrestato per pirateria dopo l’azione di protesta contro una piattaforma petrolifera artica di Gazprom. Il giovane ha chiesto di partecipare all’udienza sul suo ricorso uscendo dalla gabbia di vetro dei detenuti, ma il giudice ha respinto la richiesta sostenendo che non è una umiliazione stare dietro le sbarre. La richiesta degli avvocati di Greenpeace era la scarcerazione su cauzione per lui e per gli altri 27 attivisti, oltre a 2 giornalisti, tutti a bordo della Arctic Sunrise, la nave protagonista del blitz di Greenpeace. Oggi però il tribunale di Murmansk ha respinto la richiesta di scarcerazione: dato che su di loro pende anche l’accusa di pirateria, rischiano fino a 15 anni di reclusione. L’equipaggio della Arctic Sunrise è detenuto nelle mani delle autorità russe dal 19 settembre, il giorno in cui la Guardia Costiera russa ha abbordato e sequestrato la nave in acque internazionali. Prosegue intanto la mobilitazione internazionale a favore degli attivisti. Greenpeace ha lanciato ad tempo una sottoscrizione per chiedere il rilascio dei protagonisti del blitz da parte delle autorità russe e l’iniziativa ha riscosso grande successo: “sono quasi 1 milione e 400 mila le firme per chiedere alle autorità russe il rilascio degli attivisti, scrive Greenpeace, “le diplomazie di vari Paesi si stanno muovendo, anche la Presidente del Brasile, Dilma Rouseff, ha assicurato il suo interessamento. Al Quirinale sono giunte le oltre 100 mila firme di sostegno all’appello della madre di Cristian perché l’Italia intervenga”. Greenpeace punta anche il dito sulle condizioni, a due dire molto dure, alle quali sono sottoposti gli attivisti arrestati: dal 24 settembre sono detenuti in strutture di detenzione preventiva intorno alla città di Murmansk e non sempre è assicurato loro spazio a sufficienza, riscaldamento o accesso all’acqua potabile.