Grignolino, vino anarchico e testabalorda

Da Sarahscaparone @SarahScaparone

È considerato un vino difficile, forse il più complesso di tutto il Piemonte, ma nello stesso tempo estremamente affascinante. Le prime notizie che riguardano la produzione di Grignolino risalgono a prima del Settecento e pare riconducano al territorio astigiano. Ancora oggi la zona tipica di questo vitigno autoctono è proprio questa e risulta suddivisa tra le province di Asti e Alessandria, la cui linea di confine coincide con quella dei due rossi che si possono fregiare di questo nome: il Grignolino d’Asti e il Grignolino del Monferrato Casalese.

Portacomaro, piccolo e antico borgo che vanta i natali della famiglia di Papa Francesco, è situato nel cuore di produzione del Grignolino d’Asti. Paesi e colline forse poco conosciute dove però la tradizione e la storia di un popolo si fonde ancora oggi con la passione che i viticoltori mettono nella produzione di questo nettare unico nel suo genere, definito nel 1972 da Luigi Veronelli come testa balorda, anarchico e individualista sulle pagine della sua Guida all’Italia Piacevole:

«Portacomaro, qui sei “nel” Grignolino… la vite del grignolino dà qui uve che d’altre parti mai. Vini testa balorda, anarchici, individualisti: rossi chiari, vivi di trasparenza porporina alla nascita, subito asciutti senza cedimenti e asprezze, vogliono essere bevuti giovani; uno, due, cinque anni secondo volontà loro (capaci in certe annate di andare avanti, a dispetto); si fanno color rosso-rubino (se ne han voglia), si smorzano (se ne han voglia) nell’aristocrazia; solo se ti riconoscono amico, per come li accosti, per le cure che gli dai, svelano tutto il bouquet sottile di verde nocciola e dil gusto lieve – amarognolo – vinoso, pacato e attento, controllato e armonico».

La Bottega del Vino di Portacomaro

Il Grignolino d’Asti è un vino che racchiude nella lenta maturazione degli acini tutta la durezza di queste terre, ma conserva il calore del sole che cattura durante la crescita per il momento della degustazione, quando sprigiona tutte le sue potenzialità.

Per questo suo carattere sopra le righe e per la sua forte personalità, la tradizione e la storia raccontano di molti personaggi del passato e del loro amore per il Grignolino. Tra questi Umberto I di Savoia ne aveva elogiato i pregi durante la sua visita ad Asti nel 1891 in occasione dell’Esposizione e Fiera dei vini nazionali.

Ma anche sul nome il Grignolino fa discutere e la stessa parola pare abbia origini controverse: secondo alcuni deriverebbe da gragnole, termine dialettale che indicava anticamente i vinaccioli, che in questa varietà sono più numerosi rispetto agli altri vitigni e sono responsabili della sua spiccata tannicità; per altri Grignolino ricondurrebbe all’espressione grignè, che in piemontese significa sorridere.

Dal colore rosso più o meno pallido a seconda delle annate ha una spiccata tendenza all’aranciato in seguito all’invecchiamento e, seppure sia conosciuto come un vino da bere giovane, il Grignolino può esprimersi al meglio delle sue potenzialità anche a due o tre anni dalla vendemmia. E se negli ultimi tempi c’è addirittura chi lo propone come aperitivo servendolo freddo, certo è che questo nettare di bacco è caratterizzato da quel gusto “anarchico” che si potrebbe definire nello stesso tempo austero, elegante, gradevolmente amarognolo e persistente. In ogni caso non ci sono dubbi: il luogo più idoneo per assaggiarlo è la Bottega del Grignolino di Portacomaro d’Asti che è situata nell’antico torrione del Ricetto trecentesco dove è possibile degustare oltre cento etichette di Grignolino d’Asti in commercio. Sempre a Portacomaro, durante la festa che a giugno celebra il vino locale, si divaga poi con “l’aperitivo dell’avvocato” a base di Champagne e Grignolino amato e ideato, pare, proprio da Gianni Agnelli per rinfrescarsi durante i mesi estivi.



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