Iniziamo dal titolo: Grimmless, una scelta onomastica che evoca immediatamente la favola ed il suo venir meno.
“Grimmless” è uno spettacolo che intende fotografare la situazione attuale, quella di una generazione contraddistinta dall’assenza e dalla negazione, una generazione orfana di archetipi e di padri a cui il sistema continua ad ammannire fiabe consolatorie e rasserenanti. Così, intorpiditi dalle chimere di fiabe inattuali, trascorriamo la vita attendendo un cavallo bianco che non arriverà mai, un principe azzurro che non esiste e che non ci salverà né dal drago né dal deserto che divora le nostre speranze. La fiaba, dunque, diventa un veleno che ci paralizza e ci impedisce di agire, tutta la fenomenologia Disneyana diventa strumento del potere finalizzato a inibire le nostre azioni e la nostra libertà.
Con “Grimmless” intendiamo indagare cosa resta sottopelle delle fiabe che ci hanno raccontato per anni, che continuano a raccontarci, quelle fiabe che, buone all’apparenza, ci rendono invece personaggi orfani di una fiaba tragicamente malata.
Avete scelto il Bellini per Grimmless, un teatro tempio del teatro borghese. Casualità o intento demistificatorio?
Da sempre cerchiamo di fare, con le nostre pièces, un discorso trasversale, un discorso atto ad avvicinare un pubblico eterogeneo e disparato con la speranza di instillare uno sguardo eticamente differente sulla realtà, consapevolmente convinti che l’attore è prima di tutto un uomo e come tale ha un enorme potere, cioè quello di farsi veicolo di una forma di ribellismo, un ribellismo attivo che non si lascia sedurre mai dalla rassegnazione, un ribellismo che scrolla via da sé l’apatia.
Nei vostri spettacoli, è frequente l’attenzione alla discriminazione e alla violenza perpetrata ai danni delle persone lgbt.
I nostri spettacoli vogliono raccontare la libertà, la libertà di vivere serenamente la propria identità, la libertà di essere quel che si è, senza distinzioni. Lo spettacolo è attraversato da questo senso totale di orgoglio, orgoglio di vivere liberamente secondo la propria idea di vita, i propri orientamenti, il proprio desiderio. In questo senso, “Grimmless” è un manifesto di libertà, rivendicazione ed orgoglio. Nello spettacolo raccontiamo la violenza che la società infligge al diverso, per esempio a Cenerentola che viene gonfiata di botte perché non ragiona come ragionano gli altri.
Che valore ha mettere in scena uno spettacolo che demistifica le favole in un periodo in cui la politica, approssimandosi le elezioni, ci riempie di promesse, facendosi prefigurare una realtà ‘da favola’?
Grimmless vuole smontare il meccanismo delle favole anche nella dimensione politica. Quindi, in tal senso, è uno spettacolo attualissimo. Per reagire davvero e cambiare la nostra vita, dovremmo vedere con lucidità la merda che c’è intorno a noi. Invece, continuiamo a ripeterci favole, le stesse che ci hanno raccontato negli ultimi vent’anni, le favole di un berlusconismo patetico e ripetitivo che ha generato la nostra stasi, che ci ha reso catatonici, gettandoci in uno stato precomatoso che neutralizza qualsiasi autonomia d’azione. Oggi tutta la politica sembra volerci rassicurare, sembra indicarci la luce seducente e confortante di una felicità illusoria, una felicità fatta di beni di consumo e di piccole forme di soddisfazione temporanea, tutto ciò mentre, al contrario, crollano le strutture portanti della nostra civiltà, nelle nostre case vengono giù i lampadari e l’umanità tutta si avvia sul sentiero di una tristissima oscurità.
napoligaycard“Grimmless”