Grotta di Chauvet: Inaugurata una mostra con le pitture preistoriche più nuove del mondo

Creato il 28 ottobre 2015 da Pierluigimontalbano
Le pitture preistoriche più nuove del mondodi Walter ChipE' stata inaugurata nell'aprile del 2015 la copia della grotta di Chauvet, nel sud della Francia: una ricostruzione perfetta per permettere ai visitatori di ammirare le meravigliose pitture rupestri di 36 mila anni fa senza rovinare gli originali.Un pomeriggio di settembre del 2013, Gilles Tosello, bevendo una tazza di caffè americano nel suo studio di Tolosa, meditava sul talento degli artisti che, circa 36.000 anni fa, dipinsero le pareti della grotta di Chauvet, nel sud della Francia. Tosello, con quegli uomini, aveva un legame speciale, perché era stato scelto dal Ministero della Cultura e della Comunicazione francese per riprodurre le loro opere più famose, testimonianza di arte rupestre tra le più antiche e più belle, oltre che meglio conservate al mondo: le pitture rupestri di Chauvet-Pont-d'Arc. Nel famosissimo Gruppo dei Cavalli di questa grotta (nella foto) spiccano splendide teste di questi animali, ruggenti leoni e rinoceronti lanuginosi che si fronteggiano, disegnati a carboncino su 44 metri quadrati di parete rocciosa irregolare. Forse ancor più popolare è un altra scena che Tosello era stato chiamato a ricreare: lo spettacolare Gruppo dei Leoni, vale a dire 70 metri quadrati di leoni a caccia, cuccioli di mammut e rinoceronti alla carica. Tosello si era lasciato andare a un sospiro. Sulle sue spalle la responsabilità pesante di quell'incarico. Il suo studio era affollato di pannelli di calcare sintetico a grandezza di manifesto. Tosello aveva trascorso tutta la mattinata a levigarli e a testare vari tipi di carboncino sulle diverse superfici, fissando le proiezioni dei disegni originali e grattandosi la testa.
La sfida era snervante. Non si trattava semplicemente di ripassare le immagini originali: bisognava disegnarle a mano libera perché sembrassero naturali, istintive. Tosello doveva cercare di entrare nella mente di quell'arcaico artista e comprendere le tecniche e i sentimenti che lo guidarono nella creazione di questi capolavori in tempi così remoti. Il compito di Tosello, già arduo in sé, era però solo una parte di un'impresa ancora più ambiziosa, dal costo di almeno 50 milioni di euro: realizzare una copia della grotta e un complesso museale - una sorta di macchina del tempo di ultima generazione - sui 16 ettari di un aspro altopiano tra i monti dell'Ardéche, nel sud della Francia. Questa struttura – la cui costruzione è cominciata nel 2012, dopo vent'anni di progettazione e dispute legali – ospiterà la più sontuosa riproduzione di arte rupestre del mondo (nella foto), a poco più di due chilometri di distanza in linea d'aria dal sito originale. Un consorzio di agenzie governative si è lanciato in questa scommessa perché, come insegna l'esperienza, grotte così straordinarie sono di grande richiamo, ma troppo preziose per poterle esporre a grandi folle. La grotta di Lascaux, anch'essa in Francia, e quella di Altamira, nel nord della Spagna – altri capolavori conclamati di antica arte rupestre – costituiscono la dolorosa prova del danno che può produrre l'afflusso di milioni di visitatori. Lascaux, nonostante sia ormai chiusa al pubblico dal 1963, è ancora infestata da licheni e muffe, collegati, si ritiene, alla presenza di visitatori. Altamira, invece, era stata chiusa nel 1977 perché il biossido di carbonio prodotto dal respiro dei visitatori aveva deteriorato i colori delle pitture rupestri (dallo scorso febbraio, però, è stata riaperta a piccoli gruppi di persone). Il complesso in costruzione nell'Ardèche, noto come Grotta di Pont-d'Arc, costituisce un tentativo di evitare che cose come queste si ripetano. Tra le sue svariate attrazioni c'è una sala espositiva e per la didattica, un ristorante, un negozio e un centro multimediale e di ricerca. Ma il pezzo forte sarà senza dubbio la ricostruzione della grotta. Non si tratta di una copia esatta della grotta originale, che è lunga due volte e mezzo un campo da calcio, ha un'area di 8.000 metri quadrati e comprende cinque enormi camere dalle pareti di roccia. Gli ideatori del progetto - un inedito gruppo di ingegneri, geologi, artisti, paleoantropologi, politici, designer e “scenografi” - hanno scelto di focalizzarsi sulla parte di Chauvet che ne contiene i tesori più preziosi: 425 figure che risalirebbero a 36.000-25.000 anni fa. Per realizzare quest'impresa si è dovuto trovare un modo per raggruppare queste opere in uno spazio chiuso più ristretto della grotta "vera", ma che, allo stesso tempo, offrisse ai visitatori un'esperienza stimolante quanto quella che avrebbero vissuto entrando nel sito originale. Ma come? Michel Clément, direttore del progetto, spiega che, per prima cosa, i membri della squadra di lavoro sono stati portati più e più volte all’interno della grotta originale affinché arrivassero a conoscere a fondo ogni disegno, ogni stalagmite e stalattite, ogni osso animale, ogni reperto archeologico del sito. I progettisti hanno scattato 6.000 fotografie, e scansionato con il laser da cima a fondo ogni crepa e incrinatura delle camere di Chauvet. Solo questa fase ha richiesto 680 ore di lavoro. Sulla base dei dati raccolti, gli studiosi hanno ricreato una copia in digitale ad alta fedeltà della grotta. Le scansioni, a 16 pixel per millimetro quadrato, sono così dettagliate che per molti aspetti forniscono una visione migliore di quella di cui un visitatore potrebbe godere camminando nella vera grotta di Chauvet. Una volta completata la scansione, dal corposo file sono state ritagliate più di 80 sezioni della grotta, che poi sono state unite virtualmente in una sorta di puzzle 3D, per ricavarne un amalgama più piccolo, ma ancora di grande impatto. Il passo successivo, molto più difficile, è stato riuscire a trasformare un “puzzle digitale” in una grotta artificiale reale, grande più o meno quanto un campo di calcio. “Abbiamo cominciato da zero”, diceva Clément lo scorso aprile, nel condurmi a vedere il sito in costruzione.
Per prima cosa ogni immagine delle sezioni della grotta ricavate con la scansione laser è stata proiettata su grandi tavoli piani, dove gli operai hanno potuto modellare a mano le aste di metallo che avrebbero formato l'impalcatura della sezione.
Poi le squadre hanno appeso queste aste a unagriglia di metallo sul soffitto, producendo qualcosa che poteva ricordare lo scheletro metallico di un enorme animale. Una volta collocata questa “ossatura” al suo posto, un'altra squadra vi ha montato sopra una rete metallica, che poi è stata ricoperta di un impasto di malta, a spruzzo. Dopo l'ulteriore aggiunta di una copertura di cemento, operai, pittori, scultori e geologi hanno lavorato tutte le superfici fino a farle combaciare esattamente con le pareti della grotta originale.Alcuni spazi sono stati lasciati vuoti per accogliere i pannelli calcarei dipinti sui quali Tosello, quel giorno d'autunno, stava riflettendo nel suo studio (nella foto, l'artista all'opera). Riuscire a ricreare l'esperienza dell'originale era di primaria importanza, dice Clément. Nella grotta ricostruita, anche la temperatura sarà la stessa di quella vera. Quando sono entrato in una delle camere a lavori conclusi, è stato difficile distinguerla da quella vera, che avevo avuto il privilegio di esplorare poco prima, lo stesso giorno. Tutto quel lavoro adesso sta per concludersi. La grotta di Pont-d'Arc aprirà il 25 aprile 2015, dopo tre anni di febbrili fatiche. La speranza del governo francese, del Ministro della Cultura e della Comunicazione, dell'Unione Europea e soprattutto dei leader politici della regione dell'Ardèche, che hanno fortemente voluto questo complesso, è che attragga 400.000 visitatori il primo anno, per poi stabilizzarsi su una media annuale di 300.000; un afflusso tale, in un'area poco viva a livello turistico, potrebbe incrementare gli investimenti in alberghi, ristoranti e altre attività per decine di milioni di euro. Nel frattempo l'originale Chauvet-Pont-d'Arc – che a giugno 2014 è stata nominata dall'UNESCO Patrimonio dell'Umanità – potrà rimanere al sicuro per migliaia di anni ancora.
Fonte: http://www.nationalgeographic.it