Entrambi gli studi sono stati accolti in modo positivo dalla comunità scientifica dal punto di vista della correttezza procedurale, come abbiamo già avuto modo di segnalare. Sono arrivate normali critiche sulla metodologia, ma le risposte fornite dai due ricercatori sembrano essere state esaustive. Al contrario, la prevedibile reazione della lobby gay è stata animalesca. Avendo a disposizione la quasi completa platea mediatica, si sono avventurati in insulti e accuse personali ai due ricercatori (si parla anche di minacce di morte). Alcuni hanno chiesto la censura dei due studi, altri hanno creato appelli perché siano ritirati dalla rivista scientifica, altri hanno chiesto che i due studiosi vengano licenziati, altre associazioni omosessuali hanno invece detto di essere pronte a finanziare alcuni scienziati (complici, ovviamente) perché pubblichino risultati opposti, e così via.
E’ così interessante l’iniziativa di un gruppo di scienziati e docenti universitari, i quali hanno deciso di difendere i due ricercatori dall’aggressione omosessualista. L’appello di difesa è comparso sul sito della Baylor University, classificata nel 2011 da US News & World Report come la 75° miglior università nazionale su di 262. I 18 scienziati e ricercatori hanno scritto: «Sebbene l’articolo di Regnerus non sia privo di limiti, in quanto scienziati sociali, pensiamo che gran parte delle critiche ricevute siano ingiustificate». Innanzitutto, hanno continuato, «la stragrande maggioranza degli studi pubblicati prima del 2012 su questo tema hanno fatto affidamento a piccoli campioni non rappresentativi, al contrario, Regnerus per raggiungere le sue conclusioni si è basato su un campione di grandi dimensioni, casuale, di oltre 200 bambini allevati da genitori che hanno avuto relazioni omosessuali, confrontandoli con un campione casuale di oltre 2.000 bambini cresciuti in famiglie eterosessuali». Questo è stato riconosciuto anche dagli specialisti, come Paul Amato, W. Bradford Wilcox, Cynthia Osborne ecc.
Inoltre, chi ha criticato lo studio affermando che i problemi dei “figli” dei gay sono dovuti alla stigmatizzazione della società (incolpare gli altri è la classica via di fuga), non ha riconosciuto che «le scoperte di Regnerus relative all’instabilità dei rapporti sono coerenti con recenti studi su coppie gay e lesbiche in paesi come l’Olanda e la Svezia, i quali trovano modelli altrettanto elevati di instabilità tra le coppie dello stesso sesso». Cioè, i disturbi persistono anche in società fortemente gay-friendly, come abbiamo già avuto modo di sottolineare anche noi.
Insomma, concludono, «noi riteniamo che lo studio di Regnerus, che è uno dei primi a fare affidamento su un ampio campione, casuale e rappresentativo di bambini di genitori che hanno avuto relazioni omosessuali, ha contribuito notevolmente ad informare la conversazione in corso tra studiosi sulle famiglie dello stesso sesso in America».