I gabbiani, questi irrequieti uccelli marini, che spesso ho ammirato librarsi in volo, seguire i pescherecci, carichi di uomini e pesci, che tornano nei porti dopo la notturna pesca al largo, in attesa di cibarsi dei pesci che i pescatori rigettano in mare. A volte si lanciano all’improvviso sulle barche piene di pesci per carpine alcuni al volo. All’alba li ho visto adagiati sui pali dei mitili, bianchi e maestosi. Mi capita spesso di passeggiare lungo la battigia, dopo un notturno uragano, così possiamo trovarci inconsapevolmente dentro le nostre riflessioni, ad ogni passo un pensiero ove rintracciare la perduta serenità e finalmente noi stessi. E poi fermarci all’improvviso davanti a due gabbiani senza più vita posati sulla rena bagnata. I pescatori mi raccontavano che le coppie di questi uccelli marini non volano mai soli fino all’ultimo giorno quando s’accasciano sulla proda salmastra per morirvi insieme. Così ritorna, frequente e caro, il tema del distacco, così come il senso del silenzio nascosto nell’odore dei mesi e delle stagioni. Il cuore è un cimitero di ricordi, così tutta la terra si fa, per esteso, cimitero di ricordi, luogo deserto e desolante, senza più neppure l'attesa o l’illusione di riempire un vuoto incolmabile.(Antonio Ragone)