Titolo: Guarigione
Autore: Cristiano de Majo
Editore: Ponte alle Grazie
Data di uscita: 23/10/2014
Pagine:241
Genere: memoir
Prezzo:16,50
La vita può far male in un milione di modi, inaspettatamente; nessuno di noi sa bene perché, crescendo capiamo che accade e basta. Però – e per fortuna c’è un però – si può guarire, o meglio cercare la guarigione in tanti modi, ogni istante. I pessimisti staranno già scuotendo la testolina cinica, quelli che invece vedono il bicchiere mezzo pieno (tipo il protagonista del libro Guarigione di Cristiano de Majo) annuiscono pensando a una recente guarigione da qualche delusione affettiva o lavorativa. E qui veniamo al punto: guarigione da cosa esattamente? Il narratore di questa storia è proprio Cristiano de Majo; l’Autore ci spiega coraggiosamente la sua esperienza con tante guarigioni, mettendosi in gioco sia stilisticamente che umanamente, raccontandoci le perdite e gli abbandoni, la malattia e il modo in cui ha cercato di affrontare il dolore. «Dopo i primi controlli avevo iniziato a pensare che non si guarisce mai per sempre, che tutti noi viaggiamo da una guarigione all’altra, e persino che la guarigione fosse una forma di occultamento temporaneo». Ma soprattutto de Majo ci racconta in modo commovente la paternità: la scoperta di un legame profondissimo – di una forza inaspettata non più esclusiva dell’universo femminile –, con i suoi gemelli, che rivoluziona tutta la sua vita: dai ritmi poco-sonno-tanta-veglia al grande senso di responsabilità che la paternità comporta.
Nel libro ci sono anche altre guarigioni: quella dalle ferite derivate dal divorzio dei genitori, dalle difficoltà economiche – così è per tutta la nostra generazione, per cui vivere di scrittura significa essere costretti alla Vita Agra di bianciardiana memoria. E poi il centro del testo, la speranza di guarigione di uno dei gemelli nato con una rara malattia della pelle, l’epidermolisi bollosa.
Sentirsi pronti e in dovere di proteggere la propria prole e scontrarsi invece con un senso di impotenza devastante di fronte alla malattia diventa una grande frustrazione dalla quale i genitori protagonisti cercano di guarire in modo diverso e conflittuale. Detestano, ad esempio, l’idea di separarsi dal figlio malato, ma dopo i primi giorn di vita sono costretti a lasciarlo nel nido dell’ospedale per accertamenti: «Non poteva restare lì da solo, doveva per forza essere in mezzo a noi. Ci saremmo occupati noi di lui, dicemmo, ritornando in stanza affranti e laciandolo invece solo».
Rapido stacco su un altro protagonista del romanzo: Il Tempo. Il narratore lo rende una materia malleabile, la memoria ripercorre i suoi spensierati anni a Roma, le frequentazioni nel milieu di aspiranti scrittori, le notti infinite nei locali, l’inizio della relazione con la sua compagna, il ritorno a Napoli, un viaggio come guarigione emotiva in California seguendo le indicazioni della guida Lonely Planet (una parte del romanzo che ho amato particolarmente). Insomma, un tempo perduto che in modo intermittente ritorna nel libro sottolineando un cambiamento nel protagonista: la consapevolezza della responsabilità nei confronti dei figli – che diventa, quasi per naturale estensione, un dovere morale verso i più bisognosi incontrati per motivi di lavoro. Il senso di colpa, l’ombra dell’imperfezione del nostro Dna che si ripercuote sui figli, e la luce della speranza si alternano nella vita di un adulto, non più solo figlio ma padre.
Ricordi, pensiero magico, digressioni (su David Foster Wallace, Stephen King, Luciano Bianciardi) si intrecciano grazie a una voce narrativa ineccepibile, che dimostra grande controllo, misura nell’armonizzare cose diverse come il reportage, il saggio e il memoir. Ogni passaggio è perfettamente fluido, anche se lo stile cambia: è ricco e dettagliato nelle parti saggistiche e si fa, per evidente scelta, più asciutto quando de Majo affronta il dolore, le speranze di guarigione del figlio, descrivendo un atlante di emozioni molto toccante.
Guarigione lo definirei un libro postfiction, tanto per ribadire che la letteratura, soprattutto quella americana, sta abbattendo vecchi confini, dirigendosi verso forme ibride (cahier de voyages, flusso di coscienza, nonfiction che l’Autore fonde in modo naturale con l’autobiografia) estremamente interessanti, mi riferisco in particolare a 10:04 di Ben Lerner di cui vi ho parlato qui.
Cristiano de Majo è riuscito a scrivere di sé senza cedere al narcisismo né tentare di nascondere la parte meschina che tutti coviamo nel nostro animo. Il libro si regge sulla forza della scrittura con cui l’autore riesce a parlare di cose delicate/private, impresa che spaventerebbe molti autori. Ma la maturità di uno scrittore si misura anche dalla capacità di mettere la propria vita a servizio della letteratura come in questo potentissimo memoir.