Forse dovrei cambiare nome al post, o alla rubrica stessa. Forse dovrei chiamarla “forme di automedicazione con penne colorate”.
Questa volta avevo anche un pennarello viola, e un professore che alle 22 inoltrate parlava a macchinetta della possibilità o impossibilità di educare degli adulti, degli stadi evolutivi della persona e delle condizioni per attivare un processo di formazione e perfezionamento.
Avevo ottime intenzioni, ve lo assicuro. Fondamentalmente concordavo con quel che ascoltavo; non avrei comunque avuto abbastanza basi conoscitive per contraddire, quindi me lo facevo andare bene… Eppure, con tutta la buona volontà di prendere il meglio di tanta psicologia a secchiate, ero finita nel patetico conteggio dei compiti evolutivi non assolti durante gli stadi evolutivi che anagraficamente ho trapassato. NO! C’è da correre ai ripari subito. Tenere il buono, tenere il meglio perchè metta radici e possa fruttare oppure qui, in un colpo solo, mando al macero la fatica fatta per seguire questo corso assieme a tutte le fatiche della mia esistenza.
Attacco la prima cosa di carta bianca che trovo, ci scrivo le cose che davvero mi colpiscono in positivo, le cose sulla quel voglio riflettere, che voglio integrare nella mia persona. Le scrivo là in mezzo, sparpagliate, nude, abbandonate a se stesse, senza un intreccio o una direzione che le leghi… quel che vien fuori va bene, basta che io non le perda.
“Il tempo diventa l’esplicitazione di ciò che sei in realtà”
“conoscere,
amare quello che conosci,
volere quello che ami,
fare quello che vuoi.”
“esiste nell’esistenza umana una morte per la vita”
Spesso, quando termino uno scarabocchio, cerco un angolo per mettere un titolo e due consonanti del mio nome. Questa volta il posto l’avevo già occupato prima di iniziare, con una parolina scritta stretta in corsivo: “guarire”.