Con la digitalizzazione, invece, «le redazioni sono diventate totalmente intercambiabili» e quindi è possibile «superare le distinzioni tra differenti testate». La rivoluzione immaginata dal dg sarà in due fasi: la prima, tra il 2015 e il 2016, prevede la nascita di due newsroom, la numero 1 «composta dall'accorpamento di Tg1, Tg2 più Rai Parlamento», la 2 «formata da Tg3 più Rai News più Tgr e Ciss, meteo e Web».
La prima «sarà generalista e avrà anche un canale istituzionale», la seconda «porterà un'evoluzione dell'all news integrando offerta nazionale, internazionale e locale. Con Newsroom 2 otteniamo un risparmio immediato», sottolinea il dg, che in audizione alla Camera rivendica anche di aver già ridotto i costi di 40 milioni quest'anno, in linea con la spending review fortemente voluta dal governo Renzi, e definisce «abbastanza vicino» l'obiettivo di andare in pareggio di bilancio, «al netto dei 150 milioni» tagliati dal decreto Irpef. Per i telespettatori, assicura Gubitosi, non cambierà nulla: «Nella pratica i marchi Tg1, Tg2, Tg3 rimarranno. Chi guarda il Tg1 delle 20 continuerà a vedere il logo e i conduttori abituali che sono caratterizzanti. Così il Tg2. Ma le due redazioni saranno state unificate. A differenziare l'offerta saranno i vice direttori, i coordinatori di impaginazione ed editoriali e i conduttori, tutti dissimili da una testata all'altro». Il dg, pronto a «prenderne atto» se il progetto di riforma delle news venisse bloccato, sa bene che il successo dell'operazione, che sarà affrontata in autunno, implica «la condivisione a livello giornalistico, tecnico e sindacale. Anche perchè bisognerà rivedere una serie di figure professionali».
La prima reazione dell'Usigrai è piuttosto critica.Il sindacato dei giornalisti giudica la scelta dell'intervista un «pessimo modo di intendere le relazioni sindacali. E anche il ruolo dei consiglieri di amministrazione» e teme che si tratti di «un'operazione di immagine» per coprire la vendita di RaiWay. E se i sindacati dei lavoratori avviano le procedure di sciopero contro la cessione di una quota della società , la Fnsi chiede che «si mettano le carte sul tavolo» e che il governo «apra un confronto sociale reale e pubblico» anche sulla riforma della governance. La rivoluzione delle news finirà inevitabilmente per intrecciare i suoi destini con le consultazioni che il governo intende aprire dopo la pausa estiva sulla tv pubblica in vista del rinnovo della concessione.