Guernica

Da Fabry2010

di Alessandro Ansuini

« Avete fatto voi questo orrore, maestro?»
«No, è opera vostra »
Pablo Picasso

Al centro era lo scopo e io ancora più vasto
Seguivo gli odori della memoria per scovare i sentieri, le grotte
Sapevo che l’ultimo e il primo erano segnali di fumo sbagliati
E un limone matematico mi riportava a una gamba, a una carezza
A questo bellissimo piede, e dunque la stanza.

Chiarori lunari erano antiemetici per la ruggine degli uomini
Psiche e dolore tremavano come foglie nel palmo della mano
Che era il bosco, i miei capelli setacciati sul cuscino da dita
Inopportune, la respirazione mi aiutava a concentrarmi sulle orme
Da seguire, canzoni di uccelli rotti che venivano giù come gocce
Avevo il terrore del buio nelle tasche, dove si nascondevano
Undici milioni di abissi e numeri sconosciuti fatti di linee
Strampalate da comprendere toccandoli uno ad uno
Senza poterli vedere mai. Questa paura e questo palazzo
Inevitabilmente componevano i lineamenti di una ragazza
Ed era lì che entravo, perché non sapevo dove andare
Né quanto tempo sarei potuto rimanere, e nel bosco
Di notte non andava mai nessuno, per tutta una fila di paure:
E dunque l’infanzia.

Scorticati all’osso da artigli avversi sempre degli altri
In continuo scambiarsi, regnammo su imperi di bucce
Con le spalle appese alle stampelle giocando
Su scacchiere incomprensibili, un elenco sfinente
Di stagioni, di endecasillabi, di matti orologi, polvere di dei
E ginnastiche idiote fino ad accordare un corpo, due oroscopi
E ogni cosa che ci detesta per rimanere a fissare
Per molte ere e poi ancora
L’infanzia, la stanza,
E tutto il superfluo che resta.

E infine,

Riposare.



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