“Guerra in Europa? Non in nostro nome”

Creato il 09 dicembre 2014 da Albertocapece

Si è scritto, si è detto, si è sognato che l’unione europea avrebbe allontanato per sempre la guerra dal continente. Invece succede che proprio l’esistenza di una elite sovranazionale, priva di qualsiasi problema di consenso e obbediente ai centri di potere finanziario, stia portando l’Europa non solo a un ritorno della tensione tra le vecchie nazioni del continente, ma anche  a uno sciagurato conflitto con la Russia che è al contempo un suicidio geopolitico.

E’ il risultato di un progetto di unificazione esile e asfittico, basato essenzialmente su presupposti oligarchici di cui si ha amplissima documentazione e di cui oggi si raccolgono i frutti. E sono frutti avvelenati due volte, prima dalle sostanze tossiche distribuite in Ucraina, a riprova che la democrazia per Bruxelles è solo un grazioso paravento, poi dall’assurdità di privarsi dell’essenziale retroterra continentale, isolandosi e rimanendo come un’isola di proprietà americana. E’ del tutto evidente che senza l’Asia l’Europa è destinata alla subalternità. Per un millennio la maggiore potenza continentale ossia la Germania, nelle sue varie espressioni storiche, ha sviluppato la sua spinta verso l’est, il Drang nach Osten, nella consapevolezza dell’importanza vitale di quel retroterra, uscendone sempre con le ossa rotte, l’ultima volta appena 70 anni fa. Oggi quel retroterra è a portata di mano con la pace e sarebbe essenziale proprio per dare all’Europa la capacità di affermare un proprio modello, quello tradito ogni giorno che dovrebbe contenere la possibilità di un progresso sociale, peraltro inviso al capitalismo nord atlantico. Invece l’elite continentale ormai espressione di interessi del capitale finanziario e la stupefacente mediocrità di leader come la Merkel o Hollande, hanno messo l’intero continente in conflitto con la Russia, scegliendo di appoggiare le ossessioni degli Stati Uniti, risoluti ormai a qualunque cosa pur di evitare un declino, certo alla lunga inevitabile, ma sventatamente accelerato proprio dal globalismo liberista.

Siccome la Germania è l’epicentro di tutto questo è significativo che proprio lì sia apparso un documento firmato da ex cancellieri, scrittori, intellettuali, artisti, ex presidenti, uomini dell’economia, industriali  dal titolo drammatico e purtroppo attuale: ” Una nuova guerra in Europa? Non in nostro nome” ( qui il testo originale in tedesco). Si invoca un ritorno alla ragione, la fine dell’isteria anti russa di cui fanno sfoggio politici e media, le menzogne con cui viene alimentata questa campagna:

“Non possiamo cacciare la Russia dall’Europa. Sarebbe antistorico, irrazionale, pericoloso per la pace. Fin dal Congresso di Vienna nel 1814, la Russia è riconosciuta come una delle potenze determinanti dell’azione politica in Europa. Tutti quelli che hanno cercato di cambiare questo stato delle cose con la violenza, si sono scontrati con un sanguinoso fallimento…

Ci appelliamo ai deputati del Bundestag, in quanto rappresentanti del popolo, perché siano degni della gravità della situazione e  facciano anche da guardiani degli obblighi di pace del governo federale. Chi costruisce solo immagini del nemico e manipola i fatti con attribuzioni di colpa unilaterali, esacerba le tensioni in un momento in cui devono invece prevalere i segnali della distensione…

Facciamo appello ai media, affinché assolvano in modo più convincente al loro obbligo di riportare i fatti senza pregiudizi. Editorialisti e commentatori demonizzano intere nazioni, senza dare sufficiente credito alle loro storie. Qualsiasi giornalista esperto di politica estera comprenderà i timori dei russi, da quando fin dal 2008 i membri della NATO invitarono Georgia e Ucraina ad associarsi all’alleanza. Non si tratta di Putin. I Capi di Stato vanno e vengono. Si tratta dell’Europa. Si tratta di togliere di nuovo alla gente la paura della guerra. A questo scopo, un cronaca dei fatti responsabile, basata su solide ricerche, può aiutare molto.”

Il fatto che questo appello sia uscito il 5 dicembre è doppiamente significativo: proprio il giorno prima il congresso Usa ha approvato una risoluzione in cui si invita il presidente a verificare se le forze armate siano “pronte e sufficienti” per  “soddisfare gli obblighi della difesa collettiva ai sensi dell’articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico”, una sorta di pre dichiarazione di guerra, sbandierata nonostante il fatto che l’Ucraina non sia ancora nella Nato e nella quale oltretutto i Paesi europei della Nato vengono completamente coinvolti. Doppiamente significativo perché il tutto si appoggia sulle invettive propagandistiche e le falsificazioni che i media maistream sulle due sponde dell’atlantico, hanno prodotto in questi mesi (vedi abbattimento del boeing malese), mettendo in luce il circolo vizioso che si crea tra pessima informazione e pessima politica, entrambe ormai subalterne. Una di queste grottesche falsificazioni è l’accusa alla Russia di aver invaso la Georgia nel 2008. Peccato che un’inchiesta della commissione europea su quei fatti dica l’esatto contrario e cioè che   “fu la Georgia a cominciare una guerra ingiustificata”. L’insieme viene smerciato presso le opinioni pubbliche anche grazie alla falsa idea di una superiorità militare che non esiste, che in qualche modo anestetizza le paure (vedi qui)

Tutto questo accade  mentre il ceto politico italiano si diletta delle sue contraffazioni sul job act e sulle cosiddette riforme o è impegnato a tamponare le falle, persino mafiose, che si aprono sullo scenario della sua governance reale. Di certo in questo stato di intorpidimento generale non vedremo manifesti e appelli che denunciano la terribile china presa dagli avvenimenti, visto che vengono ignorati e forse persino censurati quelli che compaiono in altri Paesi.  Tireremo a campare e a morire.


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