Nel libro di Stendhal c'è una sezione in cui il giovane protagonista, diciassettenne annoiato della sua vita immobile sul lago di Como fugge per raggiungere le armate napoleoniche che stavano preparandosi alla disfatta di Waterloo. Dopo dochisciottesche avventure, i francesi avendo subita la rotta, il giovane nobiluomo si trova a seguire disordinatamente l'esercito in ritirata attraverso le campagne fiamminghe. Mentre la soldataglia fluiva verso casa, ognuno pensando a se stesso, il nostro viene aiutato dalla popolazione, contadini al lavoro nei campi, ostesse procaci, ragazze attratte dal giovane italiano.
Attorno all'evento bellico più sonoro di tutta l'epopea napoleonica, evento che ha fatto la storia d'Europa, la vita scorreva solo un po' turbata, come da un vento che passa.
Ai tempi degli stati nazionali assolutistici.
Ora, sarà pur vero che la ricostruzione storica che fa Stendhal è funzionale alla struttura del racconto, e di certo le cose saranno andate un po' meno idillicamente. Ma di certo nulla succedeva di quanto siamo abituati a vivere oggi, dove le guerre, le rivolte, le intifade e gli atti armati in genere, sono nelle mani della democratica forza popolare.
Si potrebbe dottamente discutere sulla trasformazione della violenza, da monopolio di Stato a liberale attività popolare, si potrebbe condurre il ragionamento su come, sempre, in momenti di crisi improvvisa, la massa si muove, violenta e sognante, si dovrebbe ragionare attorno ai segnali di fame e di catastrofe sistemica dell'economia planetaria. Ma a me viene solo in mente, qui e ora, di maledire gli illuministi! Che dopo aver fatto uscire l'uomo dallo stato di minorità si son dimenticati di organizzare dei corsi gratuiti e universali per insegnare cosa, come e dove.