Leggenda vuole che Sergej Barbarez, storico capitano della Bosnia-Erzegovina ritiratosi dalla nazionale il 7 ottobre 2006 contro la Moldavia, il giorno prima della partita successiva (l’11 ottobre contro la Grecia), abbia invitato l’attuale capitano Emir Spahić a prendere un caffè. Barbarez, quel pomeriggio, avrebbe comunicato a Spahić la volontà di lasciare la nazionale e, mettendogli al braccio una fascia da capitano che teneva nella giacca, lo avrebbe eletto nuovo leader della nazionale balcanica. Una sola era la missione che Spahić avrebbe dovuto portare a compimento: guidare la Bosnia-Erzegovina alla fase finale di una grande competizione, europeo o mondiale che fosse.
Bene, sette anni e cinque giorni più tardi, in quel 15 ottobre 2013 a Kaunas (Lituania), Spahić, Džeko e compagni si ritrovarono in lacrime a percorrere il giro di campo del St. Dariaus e St. Girenas, applauditi dai loro commoventi tifosi, giunti in migliaia per festeggiare dal vivo e con i loro eroi un successo atteso dal 1° marzo 1992, giorno dell’indipendenza dall’ex Jugoslavia. La missione era stata raggiunta. Brasile 2014 era diventato realtà.
Il girone di qualificazione è stato praticamente una passeggiata, se si esclude il passo falso casalingo contro la Slovacchia. Grecia – inutile il buon girone disputato visto che la differenza reti della Bosnia è risultata nettamente superiore – Slovacchia, Lituania, Lettonia e Lichtenstein non si sono rivelati avversari all’altezza per la generazione d’oro bosniaca. 25 punti (frutto di 8 vittorie,1 pareggio e 1 sconfitta), 30 gol fatti e solo 6 subiti sottolineano il ruolino di marcia schiacciante che ha permesso alla Bosnia di potersi iscrivere tra le trentadue nazionali che parteciperanno alla rassegna mondiale.
ANALISI TECNICO-TATTICA
Emir Spahić, che come detto in precedenza è il capitano, rappresenta il perno difensivo della nazionale, il comandante indiscusso della retroguardia. Accanto a lui, negli ultimi due anni, si sono avvicendati vari difensori centrali ma il prescelto per far coppia con il giocatore del Bayer Leverkusen è Ermin Bičakčić. Il centrale dell’Eintracht Braunschweig è il prodotto dell’ottimo lavoro di scouting che la federazione sta svolgendo nei paesi che hanno ospitato la diaspora bosniaca dopo i cruenti fatti della guerra civile degli anni ’90. Bičakćić, dopo il 21° compleanno, rinunciò alla cittadinanza bosniaca perché desiderava difendere i colori della Germania. Qualche mese più tardi tornò sui suoi passi e riprese la cittadinanza del paese d’origine dei suoi genitori. Esordì nel 2013 contro gli Stati Uniti e da allora non è più uscito dall’undici titolare. Il centrale difensivo – acquistato qualche giorno fa dall’Hoffenheim – è arrivato in ritiro con un serio infortunio che lo ha costretto a svolgere allenamenti individuali sin dall’inizio della preparazione. Se recupererà il posto accanto a Spahić sarà suo; in alternativa potrebbero sostituirlo Toni Šunjić o Vranješ.
Il padrone della fascia destra è, virtualmente, Mensur Mujdža, terzino destro del Friburgo. Virtualmente perché il ragazzo, essendo assai fragile, ha sofferto diversi infortuni in carriera e questa stagione non ha fatto eccezione. Per questo, Avdija Vršajević, giocatore dell’Hajduk Spalato che può ricoprire sia il ruolo di terzino che quello di esterno alto, ha più di una chance di impadronirsi del posto; Ognjen Vranješ, invece, rappresenterebbe la variante più difensiva.
A sinistra, è stata costante la presenza di Sejad Salihović, centrocampista tuttofare nell’Hoffenheim ma terzino sinistro in nazionale. A St. Louis, però, nell’amichevole contro l’Argentina, ha fatto il suo esordio un talento – un altro figlio della diaspora – nato e cresciuto in Germania: si tratta di Sead Kolašinac, laterale classe 1993 dello Schalke 04 che si è imposto alla grande in Bundesliga.
A difendere i pali di una delle porte meno battute nella fase di qualificazione europea è presente un estremo difensore non spettacolare ma molto solido e sempre attento, Asmir Begović dello Stoke City. Grazie alle sue ottime prestazioni in Premier League ha attirato l’attenzione dei più importanti club europei. Una garanzia per la piccola nazionale balcanica.
Edin Džeko
La Bosnia-Erzegovina adotta un sistema di gioco prettamente offensivo, un 4-1-3-2 teso a mantenere il possesso palla nella metà campo avversaria per larghi tratti del match e dunque a lasciare spesso nell’uno contro uno i difensori centrali, per cui è fondamentale la posizione del mediano davanti alla difesa. Anche in questo ruolo si sono alternati più giocatori. La scelta dipende dall’avversario: se il rivale è di caratura inferiore – come spesso è capitato nel girone di qualificazione – nel ruolo può giocare un centrocampista di costruzione, vedi Haris Medunjanin del Gaziantepspor, altrimenti, nel caso di avversario superiore qualitativamente, è più probabile che venga schierato un incontrista il cui compito consta esclusivamente nel supportare la fase difensiva, vedi Muhamed Bešić, convocato in extremis per sopperire, con la sua freschezza e dinamicità, alla scarsa condizione degli esclusi Rahimić del CSKA Mosca (ormai 39enne) e Zahirović del Bochum; questi ultimi due, relegati in panchina dai loro allenatori di club, hanno dovuto giocoforza rinunciare al biglietto per il Brasile.
Qui si colloca anche l’idea di proporre Salihović in questa posizione di mediano come accade nell’Hoffenheim, in virtù del fatto che la casella di terzino sinistro è ora ben coperta. L’esperto Salihović, in caso di bisogno, può ricoprire anche il ruolo di mezz’ala sinistra, scelta che trasformerebbe il centrocampo bosniaco in un classico rombo con il vertice basso occupato da un distruttore di gioco, Pjanić interno destro e Misimović vertice alto.
Non è da escludere – anzi sta prendendo sempre più piede nelle ultime settimane – l’idea di schierare il doppio mediano (costruttore + distruttore) per offrire maggiore protezione al reparto difensivo e alla squadra intera. Stiamo parlando di un 4-2-3-1 nel quale Pjanić verrebbe abbassato per gestire l’uscita della palla dalla difesa e impostare il primo passaggio della manovra; Bešić supporterebbe il romanista con la sua gran dose di aggressività. In ogni caso, Medunjanin rischia di perdere il posto a causa di una troppo rimarcata staticità in fase di non possesso.
Davanti al mediano (o doppio mediano) giostrano a loro piacimento tre centrocampisti di qualità e quantità: solitamente sulla sinistra agisce Senad Lulić della Lazio, capace di coprire senza affanni tutta la fascia di competenza e pericoloso con i suoi continui tagli alle spalle degli attaccanti che vengono incontro; la trequarti è territorio di Zvijezdan Misimović (attualmente in Cina al Guizhou Renhe) classico numero dieci fantasioso, l’uomo dell’ultimo passaggio; infine Miralem Pjanić (in caso di utilizzo di un solo mediano), forse il regista più importante della squadra, un geometra libero di svariare per tutto il campo e inventare magie. Una variante per i tre “trequartisti” possono offrirla Edin Višća dell’İstanbul Spor Kulübü, rapido attaccante laterale brevilineo e bravo nel dribbling, e Izet Hajrović del Galatasaray, l’uomo della provvidenza con il suo gol-vittoria in Slovacchia, un gioiellino – forse non ancora pronto per certi palcoscenici – che la federazione è andata a pescare in Svizzera prima che scegliesse la nazionale elvetica.
Nel reparto offensivo sembrava imprescindibile la coppia Edin Džeko-Vedad Ibišević, coppia che l’ipotesi di 4-2-3-1 dividerebbe. Sono entrambi letali: dei due, colui che staziona maggiormente nell’area di rigore è Ibišević, sicuramente più spietato sotto porta. Džeko, invece, ama allargarsi sulla sinistra per convergere e sfruttare il piede forte. Tra i due, il “diamante” del City, per la sua classe innata, sarebbe l’unica punta.
Il primo modulo (4-1-3-2), così votato all’attacco, risulta assai poco equilibrato durante la transizione negativa. Sono pochi i giocatori che possiedono nelle loro corde caratteristiche quali filtro difensivo, copertura e sacrificio. Si predilige forse troppo la qualità e ciò potrebbe rivelarsi dannoso contro compagini più attrezzate dal punto di vista tecnico e in fase di ripartenza. Per questo, la variante col doppio mediano (4-2-3-1) potrebbe rivelarsi più di un ripiego da mettere in campo contro nazionali di rango superiore. Sarebbe stato utile, in questo biennio, lavorarci maggiormente. Ora i tempi sono ristretti per abituare la rosa al nuovo sistema ma l’ultima amichevole contro la Costa d’Avorio, in questo senso, pare aver dato indicazioni confortanti. Resta da vedere se Safet Sušić riterrà necessario cambiare o se continuerà a voler imporre la sua idea di gioco contro qualsivoglia avversario.
Per il resto, la spedizione bosniaca è completata dal nuovo che avanza, Anel Hadžić dello Sturm Graz e Tino Sven Sušić (nipote del tecnico) dell’Hajduk Spalato, e da una vecchia guardia come Senijad Ibričić che milita in Turchia nell’Erciyesspor. La profondità della rosa è un’annosa e irrisolta questione per la nazionale balcanica che la federazione sta provando a risolvere. Solo un evento di grande portata come il mondiale potrà dirci se i giovani bosniaci sono pronti per raccogliere l’eredità di chi, prima o poi, lascerà.
Miralem Pjanić
LA STELLA
Edin Džeko e Miralem Pjanić sono, obiettivamente, i giocatori di maggior talento della Bosnia-Erzegovina.
Pjanić, però, esprima in maniera più completa il significato che, nel gergo calcistico, assegniamo alla parola “stella”. Pjanić ha visione e tecnica da vendere (88,5% di passaggi riusciti), sforna assist a ripetizione (5), batte i calci piazzati e contribuisce notevolmente alla fase realizzativa (6 gol). Pjanić, come direbbero gli americani, è un “five-tool player“: sa fare tutto e sarà il faro del centrocampo bosniaco incaricato di illuminare la strada ai compagni.
LA SORPRESA
Muhamed Bešić ha tutta l’aria del ragazzo entrato in un gruppo in punta di piedi ma con la personalità di chi è consapevole del proprio valore. È finito in Ungheria, al Ferencvaros, dopo essere stato cacciato dall’Amburgo per motivi disciplinari. Sušić ha affermato di averlo seguito costantemente in questi ultimi anni e il carattere fumantino del difensore – provato mediano da Sušić in preparazione e nella prima amichevole di venerdì scorso – non sembra costituire un problema. Dinamicità, aggressività e discreta proprietà di palleggio sono le sue peculiarità. Il mondiale è un’enorme vetrina, la stoffa c’è e la circostanza del cambio di modulo potrebbe favorire la sua esplosione.
Muhamed Bešić, a sinistra
PROSPETTIVE
La Bosnia-Erzegovina è una signora squadra, occupa la 25esima posizione nel ranking FIFA e volerà in Brasile con l’umiltà della nazionale esordiente ma, allo stesso tempo, con il desiderio di non interrompere il processo di maturità intrapreso negli ultimi anni. L’Argentina è la favorita del girone F e non dovrebbero esserci dubbi. La Nigeria, campione d’Africa in carica, è inferiore alla formazione del C.T. Safet Sušić ma ha dalla sua la maggior fisicità unita all’esperienza delle precedenti edizioni dei mondiali; sarà la diretta concorrente della Bosnia per la qualificazione agli ottavi di finale. L’Iran di Queiroz non va sottovalutata ma è di gran lunga la peggior squadra del raggruppamento e non dovrebbe mettere bastoni tra le ruote ai balcanici. Riassumendo: la Bosnia-Erzegovina può ambire agli ottavi di finale dove incontrerebbe, probabilmente, la prima del girone E (Francia, Svizzera, Ecuador, Honduras). Non sarebbe, in ogni caso, una sfida impossibile. Sognare non costa nulla.
I CONVOCATI
N. Pos. Giocatore Data nascita Squadra
1 1P Asmir Begović 20 giugno 1987 Stoke City (Ing)
12 1P Jasmin Fejzić 15 maggio 1986 VfR Aalen (Ger)
22 1P Asmir Avdukić 13 maggio 1981 Borac Banja Luka
2 2D Avdija Vršajević 6 marzo 1986 Hajduk Spalato (Cro)
3 2D Ermin Bičakčić 24 gennaio 1990 Hoffenheim (Ger)
4 2D Emir Spahić 18 agosto 1980 Bayer Leverkusen (Ger)
5 2D Sead Kolašinac 20 giugno 1993 Schalke 04 (Ger)
6 2D Ognjen Vranješ 24 ottobre 1989 Elazığspor (Tur)
7 2D Muhamed Bešić 10 settembre 1992 Ferencváros (Ung)
13 2D Mensur Mujdža 28 marzo 1984 Friburgo (Ger)
15 2D Toni Šunjić 15 dicembre 1988 Zorya Luhansk (Ucr)
8 3C Miralem Pjanić 2 aprile 1990 Roma (Ita)
10 3C Zvjezdan Misimović 5 giugno 1982 Guizhou Renhe (Cina)
14 3C Tino-Sven Sušić 13 febbraio 1992 Hajduk Spalato (Cro)
16 3C Senad Lulić 18 gennaio 1986 Lazio (Ita)
17 3C Senijad Ibričić 26 settembre 1985 Kayseri Erciyesspor (Tur)
18 3C Haris Medunjanin 8 marzo 1985 Gaziantepspor (Tur)
20 3C Izet Hajrović 4 agosto 1991 Galatasaray (Tur)
21 3C Anel Hadžić 16 agosto 1989 Sturm Graz (Aut)
23 3C Sejad Salihović 8 ottobre 1984 Hoffenheim (Ger)
9 4A Vedad Ibišević 6 agosto 1984 Stoccarda (Ger)
11 4A Edin Džeko 17 marzo 1986 Manchester City (Ing)
19 4A Edin Višća 17 febbraio 1990 İstanbul BB (Tur)