Firenze e Pisa, vinti e soggiogati i signorotti che tiranneggiavano sui poveri abitanti della campagna, che taglieggiavano i viandanti, affermata la rispettiva loro potenza colla costruzione di gagliarde rocche, si contesero a palmo a palmo l’ampio e fecondo territorio che si distendeva sulle due rive dell’Arno fra l’una e l’altra città.
Badia a Settimo – Antico Ingresso – Foto tratta dal libro “Il Valdarno da Firenze al mare”, 1906
Nè furono soltanto le schiere delle milizie delle due repubbliche perpetuamente rivali che nei piani e sui colli del Valdarno sfogavano in sanguinose battaglie e in audaci scorrerie le ire loro; militi di altre repubbliche toscane, Lucca, Siena, S. Miniato, e gente mercenaria al soldo d’Imperatori, di Papi, di Signori di stati italiani e stranieri vennero pure a portar la strage e la desolazione in questi luoghi che la natura aveva deliziati col più lieto de’ suoi sorrisi.
Firenze e Pisa munirono il loro territorio di forti castelli, circondarono di mura i borghi aperti, sicchè la via che collegava le due città, non fu che un seguito di luoghi fortificati.
Così pure Lucca e Pistoia proclamarono la loro preponderanza sui castelli posti sulla riva destra del fiume, mentre gl’Imperatori di Germania, dall’alto della rocca di S. Miniato, affermavano il loro dominio, confidato alle cure de’ Vicarî.
Trascorsero que’ secoli paurosi, lasciando dovunque le tracce delle aspre lotte; cessarono, col sorgere della signoria Medicea che i gagliardi sentimenti di libertà seppe sopire col fasto e colla mollezza, le ragioni che i popoli tenevano gli uni contro gli altri armati, e il Valdarno vide cadere in rovina le inutili fortezze, rifiorire e fecondare i paesi tenuti già in ansie continue dalle ostilità incessanti, e la pace serena fece apparire ancor più mirabili le bellezze naturali di questa valle stupenda.
Castello di Montebicchieri presso S.Miniato – Foto tratta dal libro “Il Valdarno da Firenze al mare”, 1906
Da Firenze a Pisa, la differenza di livello del letto dell’Arno non è che di 42 metri sopra un percorso di circa 94 chilometri; quindi il fiume ha debole la corrente, ma ha rapidi e bruschi dislivelli e in tempi normali forma in varie località della pianura degli specchi d’acqua, ampi, profondi, calmi, che acquistano l’aspetto e la vaghezza di altrettanti laghetti.
La navigazione fluviale, possibile in certi periodi dell’anno, ebbe un giorno notevolissima importanza e per alcuni paesi posti sulla riva dell’Arno fu vera e propria fonte di prosperità.Dall’alta valle Casentinese scendevano di continuo delle specie di zattere che si dicevano foderi formate di travi e di antenne ingegnosamente collegate insieme. Parte facevano sosta a Firenze ed i legnami venivano ammassati su quella piazza che per questa ragione appunto si diceva Piazza delle Travi; parte si spingevano fino a Pisa e per il breve tratto di mare o pei canali navigabili andavano a Livorno per servire alle costruzioni navali.
Da Livorno, da Pisa e da altri centri più importanti del Valdarno Inferiore risalivano il corso del fiume grosse barche colla carena piana a guisa di chiatte, trasportando terraglie, cristallami, materiali da costruzione ed ogni genere di mercanzie che scaricavano a Firenze e negli altri porticciuoli fluviali, senza contare che spesso accoglievano anche passeggieri, rassegnati ad affrontare la noiosa lunghezza di questa navigazione di carattere primitivo.
Allora i mezzi di comunicazione non erano nè frequenti, nè facili, nè a buon mercato e chi aveva tempo da perdere e pochi denari da spendere, trovava che anche questo mezzo di trasporto offerto dai becolini, che costituivano una specie di flotta fluviale, non era del tutto disprezzabile. Anzi, a proposito di questo modo di viaggiare, tornano in mente i versi originali di un poeta bizzarro:
Gran bella cosa è i viaggiar p’i mondo!
Diceva un fiorentino tondo tondo
Andato in navicello fino a Signa.
Signa – Panorama – Foto tratta dal libro “Il Valdarno da Firenze al mare”, 1906
L’Arno continuò a servire da comodo veicolo commerciale anche quando sulla strada postale Firenze-Pisa-Livorno passavano frequentemente corriere, diligenze e carri da trasporto, perchè colla barca si spendeva meno; ma la ferrovia, che una delle prime in Italia fu costruita lungo l’ampia vallata, segnò la fine di questa modesta navigazione, della quale non restano oggi che pochi ricordi nei navicelli che di tanto in tanto trasportano dei materiali da un villaggio all’altro, senza spingersi quasi mai fino a Firenze.
Un’illustrazione, anche breve, di tutti i luoghi importanti che popolano la valle dell’Arno fra Firenze e il mare, un accenno anche fugace dei ricordi storici onde sono ricchi i paesi e i villaggi disseminati nei vasti piani e sulle pendici dei colli, un’indicazione pur sommaria delle suntuose ville della nobiltà toscana, delle opulente abbazie, delle vecchie chiese, quasi tutte doviziosamente ricche d’artistiche bellezze, varrebbe a fornire il materiale per diversi volumi riboccanti di notizie, densi di documenti e di descrizioni.
Poche altre contrade potrebbero difatti al pari del Valdarno Inferiore accumulare tante memorie di avvenimenti svoltisi nel corso di secoli e al tempo stesso esser tanto ricche di stupendi e preziosi edifizi che il sentimento artistico in altri tempi, comune ad ogni casta sociale, abbellì ed allietò con profusione meravigliosa di opere d’arte.
Dovremo perciò limitarci ad una rapida escursione nei luoghi attraversati dall’Arno, spingendoci brevemente anche nelle vallate minori, dove passano fiumi e torrenti che recano al maggior fiume toscano il tributo delle loro acque, soffermandoci specialmente dove più notevoli sono i ricordi storici da evocare, le tradizioni e le curiosità caratteristiche da raccogliere, dove maggiori sono le attrattive della natura e dell’arte, che il lettore potrà meglio apprezzare nell’ampio corredo di riproduzioni accurate e nitide che danno una chiara ed efficace idea delle bellezze molteplici e varie del Valdarno Inferiore.
( Guido Carocci, Il Valdarno da Firenze al mare, 1906 )