Pure Morning
L’urto delle gocce sulle foglie,
la condensa, la luce che rischiara
i gerani strappati e ancora vivi nel vapore
del ghiaccio che si scioglie,
la terra sparsa sul balcone dai vasi - vedevamo
una periferia enorme oltre le grate
del terrazzo e nelle luci
di casa le persone vivere,
mettere nel buio le stanze illuminate; e poi più in là
tra gli spazi vuoti, i fili e il muro
della circonvallazione, cominciava
la rete dei viali e la metropoli
immensa si mostrava. Dopo, se il cielo
diventava chiaro e le colonne
dei fari segnavano le strade, il rombo
fuori dai vetri era pieno
delle vite che vedevo
rapprendersi in quegli attimi, quando la fila
delle auto si ferma e ci guardiamo
esistere dai finestrini, tra i fanali,
il loro cerchio nel cono della pioggia, dentro i secoli
che ora mi vengono incontro
dai campi coltivati, dai caselli
di Milano se la nebbia si dischiude. Ogni vita
è solo se stessa: questa luce
bassa sulle case, i primi treni
che aprono il vento e ci sorprendono
in una specie di torpore,
la pastiglia nel bicchiere, gli adolescenti,
nel video, che cantano il dolore;
quando sembra che la mente nasconda
a se stessa il gesto di fuggire
la mattinata pura, i fatti nudi,
nel rumore di tutti il tempo che si perde
per essere solo ciò che siamo adesso,
per diventare solo solitudine.
(da I mondi, Donzelli, 2010)
Durante il recital di incontro con il pubblico Guido Mazzoni ha scelto di leggere Franco Fortini, uno degli autori a cui egli riconosce un ethos
specifico, quello “
di stare nel presente, ma saper calare queste esperienze assolutamente moderne di deiezione, alienazione, ripetizione dell’esistere, in forme e
atteggiamenti che abbiano una compostezza, un decoro, una dignità imparentate con la grande tradizione lirica del passato, da Petrarca a Leopardi;
essere i continuatori novecenteschi di un ethos antico, senza però cancellare il fatto che chi vive nel XX secolo e nel XXI secolo deve proporre un
modello di soggettività contemporaneo, e dunque render conto dello «scialo di triti fatti», del «vuoto che ci invade», per usare alcune delle più
famose formule montaliane
” (da un dialogo con Italo Testa).
FRANCO FORTINI
Traducendo Brecht
Un grande temporale
per tutto il pomeriggio si è attorcigliato
sui tetti prima di rompere in lampi, acqua.
Fissavo versi di cemento e di vetro
dov’erano grida e piaghe murate e membra
anche di me, cui sopravvivo. Con cautela, guardando
ora i tegoli battagliati ora la pagina secca,
ascoltavo morire
la parola d'un poeta o mutarsi
in altra, non per noi più, voce. Gli oppressi
sono oppressi e tranquilli, gli oppressori tranquilli
parlano nei telefoni, l’odio è cortese, io stesso
credo di non sapere più di chi è la colpa.
Scrivi mi dico, odia
chi con dolcezza guida al niente
gli uomini e le donne che con te si accompagnano
e credono di non sapere. Fra quelli dei nemici
scrivi anche il tuo nome. Il temporale
è sparito con enfasi. La natura
per imitare le battaglie è troppo debole. La poesia
non muta nulla. Nulla è sicuro, ma scrivi.
(da Una volta per sempre, Mondadori, 1963).
Guido Mazzoni è nato nel 1967. Ha vissuto e lavorato a Pisa, Parigi, Londra e Chicago; insegna letteratura all'Università di Siena. Ha scritto i saggi Forma e solitudine (Marcos y Marcos, 2002) e Sulla poesia moderna (il Mulino, 2005). I mondi (Donzelli, 2010) è il suo primo libro
di poesia.
Per altre considerazioni e testi rimando, tra gli altri, a Lorenzo Carlucci in "Village", il blog di Scheiwiller (v. qui) e su Nazione Indiana a Franco Buffoni (v. qui), che tra l'altro ricorda i primi esordi, nel 1991, di un giovanissimo Mazzoni, prima dei "lunghi anni di silenzio poetico" che hanno preceduto l'uscita de "I mondi", a tutti gli effetti la sua opera prima, a parte i molto apprezzati libri di critica citati sopra.