Guido Pecci NOTHING IS FOREVER a cura di Italo Bergantini

Creato il 08 febbraio 2014 da Roberto Milani

GUIDO PECCI / NOTHING IS FOREVER
A CURA DI ITALO BERGANTINI
8 FEBBRAIO / 13 MARZO 2014
INAUGURAZIONE
Sabato 8 FEBBRAIO 2014 ore 18,00
La mostra è accompagnata da un testo di Fabio Appetito.
Dopo la personale del 2010 negli spazi di piazza de Ricci a Roma dedicata all'orsetto Winnie the Pooh, l’artista ci presenta un nuovo ciclo di opere ispirate alla famiglia più popolare del mondo: "I Simpson".
Una mostra nata per relazionarsi con gli ambienti della ROOMBERG Project Space e la sua Grande Vetrina in cui Pecci riesce con grande abilità, partendo da un'icona riconosciuta del mondo animato, a ritrovare il senso perduto dell' "intrattenimento" dell'anima.
NOTHING IS FOREVER è il titolo di questa mostra:
un’installazione in foglia d'oro e ceramica invetriata, un grande dittico, 3 dipinti di medio formato, 7 teche e 6 piccoli dipinti vi accompagneranno in un viaggio visivo all'interno di un simbolo della società contemporanea. La famiglia Simpson, emblema della cultura di massa dominata dal fluire convulso delle immagini, ha idealmente posato per l'Artista.
Pecci esplora questo vortice tragicomico di personaggi disillusi, avidi, flemmatici e iperattivi, decadenti e arrivisti rivelandone la componente sentimentale. L'amore muove ogni pennellata, ogni gesto e ogni elemento plasmato per questa mostra.
L'amore appartiene a chi sa che NOTHING IS FOREVER.
ROOMBERG PROJECT SPACE
04100 Latina / Viale Le Corbusier 39 -Grattacielo Baccari- Ground Floor /
T +39 0773 604788 / M +39 334 710 5049 / www.romberg.it / info@romberg.it /
Gallery times / Tuesday to Saturday 4 p.m. to 8 p.m. / Monday - mornings only by appointment
Niente è per sempre. Tutto è trasmutazione. Mettiamo appena i piedi fuori dal materasso e uno specchio, un riflesso anche accennato è pronto a dire chi è il nuovo Noi a indossarci. Pressappoco simili diventiamo cavie fluttuanti dell’esperimento del tempo. Possiamo sfiancarci: impiegare le nostre migliori risorse per riconoscerci nei “ciao”, nei “come stai?”, nei “è tutto come il primo giorno”. È la fine che ci accoglie e in relazione a quella fine - spesso ignorata - basiamo ogni più sciocco pensiero o gesto. Un processo fisiologico dal quale non possiamo sottrarci e che diviene medium. Ecco: ci accorgiamo che Niente è per sempre per accettare quel niente o quel per sempre che non c’è dato conoscere.
Un concetto scontato, si può obiettare, come scontato potrebbe essere il pretesto iconografico utilizzato da Guido Pecci. Del resto non è l’uomo e tutto ciò che gli gira intorno e dentro, compresi i sentimenti, ad essere scontati? I sentimenti - come l’amore -: talmente scontanti che gli affibbiamo quell’aura di eternità probabilmente immeritata. Ed è qui che Guido Pecci sbiascica la crudezza del reale e le sue opere, apparentemente leggere e divertenti e a tratti infantili, ci accarezzano come un velo di seta che a contatto con la pelle ci lascia ustioni e tagli.
I Simpson, fenomeno animato che ha segnato l’immaginario collettivo dalla fine degli anni Ottanta, sono un pretesto - avremmo potuto trovare i personaggi della Disney - utilizzato per attirare l’attenzione, per porci davanti l’opera con gaiezza e scoprire, lentamente, che dietro quei colori sgargianti e l’atteggiamento pittorico vicino alla ruffianeria c’è una constatazione lancinante da parte dell’artista, una precarietà che a stento riusciamo a trattenere, un senso di profonda caducità presente nel sentimento amoroso.
I personaggi della sitcom Americana diventano, alla stregua, una scelta sintattica, una forma di linguaggio e, quindi, un punto comune tra significato e significante. Se il significante è la scelta di un cartoon conosciuto in tutto il mondo e a tutte le età, divenuto per certi versi, ad oggi, forma mitologica, il significato sta nel messaggio che i personaggi lanciano in relazione ai propri sentimenti. Ognuno ha un approccio differente: Homer si trova davanti un piatto colmo di cuori. È affamato di amore, immaginiamo. È sazio, subito dopo. Ha inglobato più amore possibile. Su di lui aleggia la nuvoletta di un pensiero vuoto. Homer è disarmato. Non ha parole davanti alla grandezza o all’infamia di questo sentimento. Maggie è all’interno di un lavandino. L’acqua è aperta. Allo stesso tempo corre via. Lei si dibatte, forse paurosa di essere succhiata insieme all’acqua. Delle piccole ninfee quasi accennate le galleggiano affianco. La bellezza delle ninfee e l’esuberanza dell’acqua che scorre sono gli aspetti di una narrazione che ci proiettano all’interno di quel turbine che è l’innamoramento, puro e totale e disinteressato come quello dei bambini, destinato, anch’esso, a cambiare, a trascinarci verso condutture ignote. E ancora: un grosso ramo piantato a terra. Una mazzafionda che tende un cuore verso l’infinito. L’oggetto preferito di Bart che potrebbe essere di ognuno, ogniqualvolta abbiamo sentito la necessità di buttare il nostro cuore - con uno statuto a sé - lontano da noi o appena più in là e ritrovarsi uniti.
Tutto scorre. Eppure la scelta dei Simpson ci suggerisce una riflessione aggiunta: Guido Pecci forza il mito storico con una mitologia contemporanea. Si pensi al quadro del Carracci Ercole al bivio. L’eroe, posto al centro, è indeciso sulla strada da scegliere indicata da due figure femminili: l’amor divino e l’amor profano. Il Carracci, attraverso l’espediente del mito antico, narra dei dettami moralmente educativi. Pecci fa lo stesso: l’espediente è una mitologia dissimile, una mitologia aggiornata in grado di segnare con foga la cultura sociale odierna. Non a caso la più recente sigla della sitcom è firmata dall’artista inglese Bansky. E anche l’amore tenta di sfidare questa mitologia, di affermarsi nella Storia, di mantenere quell’eco romantica che tutti ha affascinato.
Eppure Niente è per sempre. Né la mitologia, né la Storia, né l’amore.
Eccetto, probabilmente, quel niente.
Fabio Appetito

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