Ufficio. L'ufficio. Entro. Ecco, sulle prime colui il quale fa le veci del vicedirettore sembra accogliermi con un certo calore, ma diventa diffidente nei miei confronti tanto più avanzo zampettando dalla porta del suo ufficio alla sua scrivania, così lontana... così lontana... lontaaana... ... mi sorride, comunque, benevolo, comprensivo, mi fa un cenno. Intende dire che mi devo sedere. Mi siedo e il suo sguardo cade inevitabilmente sulla mia gobba. Segue un lungo silenzio. Abbastanza lungo. Rotto qua e là da uno stridio che mi sfugge chissà come dalla bocca.Piuttosto fastidioso.Quasi continuamente, per la verità.Squeak-skeeirk. O qualcosa di simile.Che fa le veci del vicedirettore invece inarca molto un sopracciglio.Nel silenzio, così, solo squeak-skeeirk-kreahak, ed un sopracciglio così inarcato che finirà per scalzare quella specie di parrucchino.Poi. Lui parla. Sì, con naturalezza, ricomposto, col sopracciglio là dove dovrebbe stare, sopra alle ciglia, non sopra alla testa, che non è un soprattesta. E così si esprime: seriamente. Dice che gli ultimi bilanci che ho stilato non vanno bene. Gli ultimi, intende, dei passati 5 o 37 o 100 anni. Non capisco bene.