Ha davvero senso morire per l’Euro?

Creato il 04 dicembre 2013 da Ideaoccidente

Ha davvero senso morire per l’Euro? Per Enrico Letta, oggi Presidente del Consiglio italiano che si accinge ad iniziare il semestre di presidenza del Consiglio UE, la risposta è affermativa e lo era già tempo fa: Euro sì. Morire per Maastricht, titolava un suo libro del lontano 1997. Mentre in Italia i mantra dell’’“Euro a tutti i costi” e del “ce lo chiede l’Europa” continuano ad essere le parole d’ordine della politica nostrana, al Parlamento Europeo è andata di scena una conferenza che quella domanda se l’è posta ed ha dato una risposta differente. No, morire per la moneta unica non ha senso, anzi: “l’Euro è stata un’idea orribile”, per dirla con le parole del Premio Nobel per l’economia Amartya Sen.

Il gruppo ELD dell’Europarlamento ieri (3 dicembre 2013) ha raccolto le opinioni di importanti economisti e politici che si oppongono all’accanimento terapeutico in favore della valuta comunitaria. Al tavolo della sala dell’Europarlamento sedevano Magdi Cristiano Allam, presidente del movimento politico Io Amo L’Italia e Marco Scurria, eurodeputato aderente al Ppe. Insieme a loro, Alberto Bagnai, professore di politica economica, Antonio Maria Rinaldi, docente di Finanza Aziendale, Claudio Borghi Aquilini, professore di Economia degli Intermediari Finanziari e Stefano di Francesco, consulente finanziario. Il titolo dell’incontro: Morire per l’Euro?

Non è tutto populismo quel che critica

Il sogno europeo sembra disgregarsi e già da tempo Capi di Stato, presidenti della Commissione Ue e euro-burocrati si scagliano contro il tumore chiamato “populismo” che starebbe uccidendo l’integrazione del Vecchio Continente. Nel settembre del 2012 Mario Monti, al tempo Primo ministro italiano, propose un vertice europeo per arginare le “spinte populistiche ed antagonistiche” contro l’unione politica europea che dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) nascere grazie anche e soprattutto all’unione monetaria. Erano giorni di grande fibrillazione, spread impazziti, governi dimissionari e Grecia percepita seriamente vicina al collasso. Ma opporsi all’Euro non significa necessariamente populismo. Questa equazione, ben elaborata dai grandi dell’Ue, ha finito per rendere invisa agli occhi dell’opinione pubblica ogni posizione critica nei confronti della valuta unica.

La crisi delle democrazie

Eppure le difficoltà dell’Euro sono visibili e facilmente intuibili sono anche le tragiche conseguenze che il rafforzamento delle prerogative del governo sovranazionale europeo sta imponendo sulle spalle delle democrazie europee. “L’Euro e l’Europa stanno uccidendo le democrazie?”, ci chiedevamo qualche mese fa: “la democrazia è stata mortificata  perché non si è più consentito alle politiche nazionali di adeguare e mediare le regole, – ci risponde Antonio Maria Rinaldi – ma si è demandato ai mercati la determinazione della politica economica comune”. Non è tutto qui. L’accusa che Nigel Farage, co-presidente dell’Eld e presidente dell’UKIP (assente ieri per malattia), rivolge all’Europa è ben più grave, sostenendo che l’Euro sembra stato progettato proprio per generare la crisi economica ed aumentare i poteri dei burocrati di Bruxelles e rendere “irrilevanti le elezioni” degli stati membri. Si pensi, ad esempio, alle dimissioni nel novembre del 2011 del Governo Berlusconi. Le parole dell’allora premier spagnolo Luis Zapatero sembrano dar ragione ai relatori del convegno: “il premier italiano accettò la supervisione del Fondo monetario internazionale, ma non il salvataggio. (…) Tutto ciò costò caro a Berlusconi, che da lì a poco dovette dimettersi. Fu così che in Italia arrivò Mario Monti. Di cui, ripeto, già si parlava da tempo».

Le colpe della Germania

Gli squilibri Nord-Sud Europa, sostiene Alberto Bagnai, non sono stati avvertiti e prontamente affrontati non (solo) per colpa delle incapacità dei governi nazionali, ma anche (e soprattutto) perché la rigidità del cambio non ha permesso “la segnalazione degli squilibri e la difesa da essi” che, invece, un cambio flessibile può assicurare. Inoltre, il cambio fisso e i tassi di cambio stabiliti all’entrata in vigore dell’euro hanno avvantaggiato i paesi come la Germania, i quali hanno potuto attuare “politiche di dumbing salariale aggressivo” senza rischiare la “rivalutazione della moneta e la conseguente perdita di competitività”. Un nuovo affondo contro una Germania che sembra cieca, arroccata su posizioni di austerità e ancora ben lontana dall’ammorbidire le sue posizioni in favore dei paesi in difficoltà.

 Addio Euro ed Europa

La soluzione alla crisi strutturale che colpisce l’eurozona e alla perdita di sovranità dei paesi membri dell’Unione, affonda Magdi Crsitiano Allam, è il “riscatto della sovranità monetaria, legislativa, giudiziaria e nazionale”. “Smantellare la moneta unica” sta diventando la nuova parola d’ordine di non pochi movimenti euroscettici: Alternative fur Deutschland in Germania, Front National in Francia e Alba Dorata in Grecia stanno dimostrando che gli elettori europei cominciano a svegliarsi dal sogno europeo. In Italia, oltre a “Io amo L’Italia”, anche i grandi partiti hanno cominciato a capire che la difesa della sovranità nazionale e gli attacchi all’Europa possono portare qualche buon voto. Se ormai già da qualche anno i rappresentanti di quello che era il Pdl non si fanno mancare affondi all’Europa-che-parla-tedesco, anche a sinistra i candidati alle primarie del Pd affermano di voler “sbattere i pugni” a Bruxelles. Ben venga.

Chissà se anche loro hanno capito che la moneta unica “è un progetto campato in aria”. Parole di Paul Krugman: anche lui “populista”?

 Giuseppe De Lorenzo


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