File di elettori al seggio elettorale- al centro, gli asini da legare dove vuole il padrone
“Ha vinto il modello Reggio!” il giorno dopo le elezioni comunali a Reggio Calabria, gli organi di stampa titolano più o meno così. Ed io sono d’accordo! Ha vinto il modello Reggio, quello che ha radici secolari, che ormai è consolidato in una città che per secoli ha subito occupazioni, assedi, invasioni, e quant’altro del genere. La maggioranza dei reggini, alle pressioni (propagandistiche e non) dei giorni della campagna elettorale hanno risposto con il classico detto: “ttacca ‘u sceccu aundi voli ‘u patruni” (lega l’asino dove vuole il padrone). Chi sia il padrone (anzi, i padroni) che questi reggini riconoscono come tale, è evidente dal risultato. Non mi riferisco al sindaco eletto, che è un personaggio nuovo per la politica reggina e che quindi non ha (fino a prova contraria) responsabilità dirette sullo stato attuale della città; vedremo a breve il suo reale spessore, quando da tecnico metterà le mani nella realtà del bilancio comunale, poiché non credo che abbia idea di quello che troverà. Comunque il suo slogan era “continuiamo insieme” e quindi, se il consenso è stato quello che è stato, dovrebbe voler dire che la maggioranza dei reggini vuole che Reggio continui sulla strada dell’amministrazione uscente. E invece, adesso riprenderanno a lamentarsi delle situazioni di degrado, delle tasse comunali esose e non corrisposte da servizi idonei (acqua, strade, spazzatura, etc. etc.), degli stipendi non pagati, delle fatture inevase, dei trasporti inefficienti…come hanno sempre fatto, d’altronde. Si presenteranno agguerriti alle iniziative di protesta che organizzerà l’opposizione, intraprenderanno azioni giudiziarie contro l’amministrazione comunale… tutto come prima, insomma. Reggio è sempre stata un’isola (in)felice rispetto al resto d’Italia, non ha mai deciso per se. C’è sempre stato chi ha deciso per il popolo reggino, spesso facendolo illudere di essere artefice del proprio destino, ma in realtà manovrandolo subdolamente. È chiaro che per potere manovrare un popolo non è sufficiente volerlo, occorre che il soggetto sia disponibile ad essere manovrato; una cosa che a Reggio non è mai mancata. Altri due detti caratteristici della nostra terra sono: “chiamu papà a cu mi runa a mangiari” (chiamo papà chi mi dà da mangiare) e “cu a sira si curca cu me mamma, ‘a matina u chiamu papà” (la mattina chiamo papà a chi la sera va a letto con mia madre). Reggio “papà” del genere ne ha diversi, pubblici ed occulti, e i reggini li premiano votandoli (o votando chi è designato da loro) nel perfetto stile del “modello Reggio”. Reggio Calabria terra di conquista, terra disgraziata. Oh, per chi non lo avesse capito, naturalmente...io non mollo!!!!!!!!!