Habemus Moretti. E teniamocelo stretto, adesso e per molti anni ancora. Non sarà un mostro di simpatia, e nemmeno una persona 'accomodante', ma il suo lavoro lo sa fare eccome. Quello del regista, intendo. E pazienza se ancora qualcuno rifiuta di vedere i suoi film 'a prescindere', solo perchè politicamente schierato. Peggio per lui. Anche perchè il Moretti regista è immensamente più grande del Moretti 'politico', e non vedere Habemus Papam sarebbe davvero... un peccato originale!
Lasciate quindi a casa i pregiudizi e le antipatie personali, e correte al cinema a vedere il più bel lungometraggio del cineasta romano dai tempi di Caro Diario: un film che, restando in tema, è quasi un 'miracolo' per la leggerezza, la leggiadria, il rispetto e la fermezza nel trattare un argomento che, di questi tempi, è quasi rivoluzionario. Habemus Papam è, infatti, un film sull'inadeguatezza, sulla consapevolezza dei propri limiti, sul coraggio di avere paura. E in un mondo dominato dall'arrivismo, dalla competizione spietata, dalla voglia di prevalere sull'altro a qualsiasi costo, questa riflessione schietta, sincera e commovente sulla natura umana strappa applausi a scena aperta.
Questo film mi ha riportato alla memoria un lontanissimo ricordo d'infanzia: era il 1976, il sottoscritto aveva quattro anni e si ricorda ancora di quelle immagini televisive in bianco e nero, sfocate, accompagnate dalle imprecazioni abbastanza colorite di mio babbo, che mostravano lo svolgimento dell'ultima gara del Mondiale di Formula Uno di quell'anno. C'era Niki Lauda, su Ferrari, che a poche settimane dal terribile incidente subìto al Nurburgring (dove aveva visto la morte in faccia, restando quasi carbonizzato), era risalito in macchina e stava viaggiando verso la conquista del titolo: al pilota austriaco sarebbe bastato arrivare in fondo alla corsa per laurearsi campione, e sarebbe stato un miracolo considerato che aveva ancora sul viso le bende che lo proteggevano dalle ustioni ancora fresche. I media già preparavano i titoloni: un'impresa eroica, un risultato straordinario, epico... A un certo punto però sul circuito del Fuji, in Giappone, si abbatte un vero e proprio nubifragio. Tutti i piloti rientrano ai box per cambiare le gomme, anche Lauda. Che però non riparte, si slaccia le cinture e scende dall'auto. La sua dichiarazione è tanto laconica quanto sconvolgente: 'Ho paura'. Lo staff del Cavallino cerca disperatamente di convincerlo a ripartire: gli fanno capire che anche andando alla velocità di un tassista vincerebbe il campionato senza correre alcun rischio... ma il pilota austriaco è irremovibile: 'per me la corsa finisce qui'. Ironia della sorte, dopo pochi minuti sulla pista tornerà il sole. Inutile dire che quel 'gran rifiuto' sconvolse il mondo sportivo...
Melville non è un pavido, e nemmeno pazzo. E' semplicemente una persona umile che capisce subito di non essere all'altezza del ruolo che deve ricoprire. Ed è costretto a fuggire proprio per l'incapacità del mondo intero a capire una cosa del genere. Un uomo che rifiuta il potere più grande che possa capitargli nella vita è un'assioma impossibile da digerire nella società contemporanea, dove tutti sono disposti a tutto pur di conquistarsi un posto al sole. Ecco perchè Habemus Papam è un film rivoluzionario, perchè 'violenta' lo spettatore obbligandolo a ragionare su un concetto che ormai è andato perduto, e cerca di fargli capire che nella vita, certe volte almeno, anche 'dire no' può essere un atto di grande responsabilità e saggezza, e non necessariamente indice di debolezza.
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