E poi parliamo di sinapsi. RS, in una risposta ad un mio commento (peraltro neppure pertinentissimo col suo post), m’ha fatto tornare in mente una storia dell’altra vita.
Della vita prima del blog, intendo.
Correva il mese di febbraio 2012, e atterravo a Madrid. Ad attendermi, a Barajas, un bel -6°C e un compagno di strada, lavoro e avventure che oggi sento purtroppo meno, ma che mi sarà sempre caro. L’SMS era inquivocabile ‘estanco al lado’ (la tabaccheria a fianco) la risposta pure ‘el de siempre’. Che lui mi ha sempre raccattata lì da quella volta in cui, per attendermi dentro l’aeroporto, ci perdemmo (in realtà, si perse) la macchina nel parcheggio e impiegammo due ore per ritrovarla.
Riconobbi la sua macchina prima di lui. E aveva la macchina nuova, per dire. E’ che, nei mesi (pochi) in cui non ci eravamo visti, aveva perso qualcosa come quindici chili.
Salita in macchina, e dopo che ebbi ricomposto la mascella nel frattempo caduta, gli chiesi lumi.
Intendiamoci, non c’è nulla di stratosferico nel perdere peso, ma l’amico ispanico era (é) uomo di robusti appetiti. Per dire, quando era lui a venire in Italia, il suo pranzo medio consisteva in un piatto di pasta E una pizza. Roba che, se l’avessi fatto io, m’avrebbero dovuto fare una lavanda gastrica con l’idraulico liquido.
Mi rispose che mangiava come un orco. ‘E cosa, insalata scondita?’ ‘No anzi, l’insalata è l’unica cosa che non posso mangiare’. Minchia. La cosa cominciava a parere interessante. Insomma a farla breve era diventato un adepto della dieta Dukan. Una botta di proteine che, in buona sostanza, ti induceva una chetosi e ti faceva dimagrire.
Potevi mangiare quanto ti pareva. Purché proteine pure, non cucinate con condimenti, se non quelli permessi.
Una roba vagamente delirante, però cazzo, ti faceva perdere peso in un niente e superata la fase di attacco, quella di crociera e quella di mantenimento, l’unica rottura di coglioni era mangiare Dukan una volta alla settimana e far quel cazzo che ti pareva gli altri 6 giorni.
Troppo per me. Tornai a casa festante e comunicai a un Uomo basito che la settimana seguente (il tempo di organizzarmi, che era abbastanza complicato) la famiglia felice (nana ovviamente esclusa) avrebbe iniziato il regime Dukan che ci avrebbe resi più sani e più belli.
La Donna, che è magra di suo, e mangia come un frate trappista, si limitò ad osservare che, più belli, forse. Più sani, manco per il cazzo. ‘Con tutte quelle proteine avrete nelle vene più colesterolo che sangue’. Le dissi di non preoccuparsi, essendo lei l’unica vegana mondiale ad avere il colesterolo a tre stelle.
Iniziammo la Dukan, iome con l’energia talebana che solo i neofiti hanno, l’Uomo con lo sguardo depresso di quello che l’ha appena preso in quel posto, e non sa come tirarlo fuori.
Ci sfondammo di proteine. Non sapendo a che santo votarmi, scelsi un menu in rete, e mi lanciai alla volta della fase d’attacco.
Il lunedì a colazione (che era il momento più devastante della giornata) fiocchi di latte magri e petto di pollo alla griglia. E un té caldo senza zucchero.
In sostanza, colazione pranzo, cena e merenda (c’era pure quella, sapevatelo) erano una roba indistinguibile. Ma iome, la purista, non demordeva.
E raccomandava all’Uomo di bere molto. Al decimo memento di bere molto, l’Uomo la sfanculò con assai poca buona grazia (‘minchia, e come posso dimenticarmene, ho la lingua spessa sei dita, un bisogno mostruoso di carboidrati e ucciderei per una mela’). D’altronde, si sa, che talora è un gran malmostoso.
Si giunse così sino al venerdì, con iome che aveva perso tipo sei etti (probabilmente la chetosi era solo all’inizio) e l’Uomo che si ammutinò. Maleducato, arrendersi proprio davanti alla merenda preparatagli con amorevoli manine da iome. Che merenda? Surimi. A rondelle. Come se piovesse. E dopo aver mangiato a pranzo polpette di tacchino al forno. E già sapendo che per cena lo attendeva manzo al pepe.
Rifiutò capite. Rifiutò di proseguire in cotanta genial impresa. E comunicò a iome che se non la piantava anche lei, subito, le avrebbe fatto fare un TSO. La faccenda del TSO, in realtà, emerse quando iome, nel tentativo di convincerlo a insistere gli disse che a breve avrebbero raggiunto la fase di crociera che qualche cazzo di verdura la reintroduceva. L’Uomo che ormai si era sgamato, cazzo, domandò ‘E condita come?’ Lì iome commise il fatale errore di spiegargli che potevano sì usare l’olio. Solo, quello di vaselina. E lì, minacciò di interdirla, il tanghero.
Iome se ne sarebbe pur anche sbattuta, come in altre occasione. Purtuttavia, la situazione si stava facendo disagevole.
Anzitutto, era la dieta più costosa d’Europa, se volevi mantenere un po’ di varietà, varietà che ella aveva tentato di limitare inserendo quantitativi abnormi di pollo alla piastra tali per cui, ormai, al solo pensiero di un pollo le saliva una vaga nausea.
Poi, l’idea di cucinare un pasto per lei, un pasto per l’Uomo e uno per la nana, all’epoca neanche treenne, le avrebbe occasionato un surplus di lavoro che levati.
In ultimo, in effetti, la chetosi sarà stata pure all’inizio, ma nonostante ingerisse liquidi che manco Claudia Schiffer prima delle sfilate, cominciava ad avere le urine concentrate ed un mal di testa permanente.
Insomma mi ruppi le palle anch’io, e tornai ad una ben più banale dieta dissociata mediterranean style, che effettivamente, pure io che non ne son cultrice, cominciavo a sentire una certa necessita di frutta e verdura. Per non parlare dei diletti carboidrati.
L’amico spagnolo, tenne duro ancora qualche settimana, poi anche lui si ruppe i coglioni (‘Per far sta cazzo di dieta dobbiamo accendere un mutuo’ fu la chiosa. condivisibile) e recuperò i quindici chili persi più alcuni altri incontrati sulla via.