Che sia ben chiaro, non si tratta di un guru visto che in circolazione fra veri e finti ce ne sono fin troppi, ma di qualcuno che mi fa pensare oltre i sentieri che sono avvezza a percorrere e che ribalta sempre i ragionamenti lasciando intravedere nuovi punti di vista o prospettive; l'orizzonte si allarga, tante certezze erroneamente ritenute infrangibili si trasformano così in dubbi, e i dubbi ho imparato che sono un nutrimento indispensabile per continuare a cercare, per tentare di crescere e non riposare sugli allori. Gli ozi di Capua sono stati notoriamente nefasti per Annibale e i suoi uomini.
L'ho sentito parlare per la prima volta a un convegno lacaniano alla Biblioteca Sormani nel 2000 e confesso che ho capito ben poco, però mi ha intrigato e poco dopo l'ho ascoltato in una trasmissione televisiva ospite di Gad Lerner mentre dibatteva della necessità di un percorso identitario. Per me la sorpresa di parole nuove e diverse, parole che trovavano un'eco nel mio profondo, non so bene cosa, ma qualcosa ha fatto tilt nella mia mente e ho avuto voglia di saperne di più e di partecipare alle sue lezioni. Da allora sono passati 14 anni e non ho più smesso, lezioni private in gruppi ristretti e lezioni pubbliche affollatissime in vari teatri cittadini, i suoi interventi a convegni e interviste; nelle lezioni il punto di partenza è di solito la lettura e il commento di un passaggio dell'antico testamento secondo la tradizione ebraica, ma poi l'interpretazione apre innumerevoli finestre e trovano spazio riflessioni sull'uomo, sulla vita, sul nostro mondo attuale, sull'etica. Da ogni incontro porto sempre a casa uno spunto su cui riflettere, una consapevolezza acquisita di domande che restano tali perché soprattutto sui grandi temi non ci sono risposte prêt-à-porter e nel contempo la consapevolezza dell'importanza di porsele comunque certe domande.E nel libro oltre a Monsieur Chouchani e a quella particolare Parigi degli anni cinquanta-"Al Marais, ho afferrato che non soltanto l'uomo Chouchani ma anche l'ambiente che lo accolse, e lo evocò, reclamavano testimonianza."- si snodano i frammentati ricordi dell'autore allora bambino, quelle sere del venerdì in cui si ritrovava spesso a casa fianco a fianco dello strano invitato, le prime sfide della vita a scuola e con certi compagni, il rapporto austero con i genitori che faticano entrambi a esternare l'amore, gli studi talmudici, lo sforzo dell'insegnamento ermeneutico intrapreso nel corso degli anni: "Da anni insegno e da ogni lezione spremo imperterrito il significato ultimo da offrire agli allievi." Un'alternanza di flash del passato e del presente filtrati attraverso le riflessioni maturate lungo il percorso di una vita.
Chi pensa che sia una storia prettamente ebraica, secondo me si sbaglia di grosso, perché Monsieur Chouchani, emblematico nei suoi contrasti amplificati, incarna per eccellenza quella "claudicanza"' come la definisce l'autore, che appartiene a tutti gli uomini senza distinzione; quella faglia dell'imperfezione, quell'ineludibile precarietà retaggio comune da assumere con fierezza e non da subire passivamente, da risolvere in positivo come una molla per far fronte alla vita e dare responsabilmente senso al cammino: "La claudicanza la considero una condizione comune a tutto il genere umano; a imitazione non dell'imperfezione ma della perfettibilità, intesa come percorso." "La chiave della claudicanza è qui, affondare goffi nel terreno per librarsi nei cieli con dignità".
Chi ha la curiosità di approfondire l'argomento, può guardare il sito
http://www.lavaligiaquasivuota.it/
con il monologo-riflessione dell'attore Filippo Timi.