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Haiti a due anni dal terremoto: ricostruzione lenta e rigurgito militarista

Creato il 11 gennaio 2012 da Eldorado

Haiti a due anni dal terremoto: ricostruzione lenta e rigurgito militarista

Le rovine sono quasi tutte rimaste. Più di mezzo milione di persone vive ancora in tendopoli che sono poco più che improvvisate. I bambini sono esposti a qualsiasi abuso e violenza. Haiti a due anni dal terremoto che la scosse quasi alle cinque del pomeriggio del 12 gennaio 2010 non ha saputo curare le ferite e, anzi, ha mostrato la recrudescenza di mali endemici che non si riescono ad estirpare. Il sisma, che allora fece 300.000 morti, due milioni di senza tetto e distrusse l’80% dell’infrastruttura del paese, fu una catastrofe che venne ad amplificare i problemi di un paese saccheggiato sistematicamente dai poteri locali e stranieri.

Ora, giunto il nuovo anniversario, tutti fanno a gara a mostrare quanto bravi siano stati a fare il loro lavoro. Il governo, primo fra tutti, che annuncia l’importanza di ristabilire l’esercito –necessario per affermare la dignità di un popolo, come ha detto il presidente Martelly- e poi, le varie organizzazioni impegnate ad Haiti. È tempo, insomma, di proclami e comunicati: l’Unione Europea costruirà 11000 case, 400.000 lavoratori vengono occupati nella ricostruzione, il colera è stato quasi debellato, 430 chilometri di strade sono stati ripristinati.

Di tutti gli annunci, però, è quello di Martelly che più attira l’attenzione. Ad Haiti l’esercito -abolito nel 1995 da Jean Baptiste Aristide-, ha commesso negli anni passati solo atrocità e misfatti. Per decadi è stato il mezzo che ha attentato contro le libertà e la democrazia, l’arma con la quale si è demolita la Costituzione, affermando colpi di Stato e appoggiando dittatori da quarto mondo. La Tonton Macoute, la feroce milizia voluta da Papa Doc Duvalier, durante un quarto di secolo di repressione, ha ucciso più di 150.000 persone avverse al regime. Ricordi nefasti come questo non si sono ancora dissipati, ma può di più il nazionalismo.

Martelly non ha mai nascosto le sue simpatie verso le forze armate. Amico di torturatori (Michel Francois in testa), sta cavalcando il populismo (in fondo, è stata la Minustah ad attrarre il colera) per ristabilire un’istituzione che non potrà che essere nefasta per il futuro di Haiti. Tanto per iniziare i costi: 95 milioni di dollari, che tanto occorrerebbero invece per la ricostruzione o per riattivare il sistema sanitario allo stremo. Il presidente ha però già preso la sua decisione: in poco tempo i primi contingenti (3500 effettivi) dovrebbero essere pronti, ufficialmente per combattere il narcotraffico ed il crimine organizzato. Sono compiti che finora toccavano alla polizia, rafforzata in numero (sono diecimila i poliziotti): con i militari saranno ora più sicure le vite degli haitiani? Il destino di Haiti, due anni dopo il terremoto, riprende da dove l’avevamo lasciato la mattina del 12 gennaio 2010 e cioè alle prese con il sottosviluppo cronico. L’ira della natura non è riuscita a scalfire la dabbenaggine umana. La relazione di Oxfam sulla ricostruzione: http://www.oxfam.org/en/policy/haiti-slow-road-reconstruction


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