Ho indossato il mio lenzuolino nero lucente dal teschio sorridente. Lei mi aspetta. E’ vecchia adesso e in pensione, ha preso l’abitudine di far entrare i teneri pargoletti che bussano alla sua porta inzuccati e americanizzati. “Trick or treat?” Offri o soffri? Offre, lei offre caramelle e dolci di croccante che prepara con le sue sordide mani, quelle stesse che mi hanno quasi strappato le orecchie, quelle con le quali mi toccava solo per picchiarmi. Soffri. Io soffro, ma non piango, ho ricacciato tutto dentro, all’altezza del cuore un grumo greve e nero che pur non aumentando di dimensioni diviene via via sempre più pesante. Il male di vivere, il desiderio di uccidere. E’ questo ciò che ha nutrito la bestia nera dentro di me, anche quando la mia vita è cambiata e ho girato il mondo, anche quando nessuno pareva notarmi più di tanto.Che gioia! Bussano con le loro manine piccine, da sotto i grandi cappelli a cono sfuggono treccine bionde, i buchi nei sorrisi e nei calzini corti. Io ho il mio sorriso senza carne immutabile e idiota, quello della morte. Io sto zitto, mi accodo. Eccola la maestra, vecchina mite e raggrinzita, la sua risata fasulla di dentiera a me non m’incanta. M’insinuo come un ratto veloce e nella festosa concitazione sono già in casa, ho trovato un anfratto. Lei distribuisce dolci e carezze, sembra così materna. Io aspetto nella sua tana. Tra poco saremo soli. Lei ed io, il ratto si trasformerà in gatto. Adesso quel grumo nero che mi cova nel petto è caldissimo, sento il torace pulsare, mi risale fin sino alla bocca, come bile che vuol travasare. Secerne dalle narici, il mio ghost lenzuolino è umidiccio, l’odore è strano metallico. Ecco il segnale: un colpo secco poi uno due scatti di chiavistello il cinguettio è cessato. Siamo adesso grumo e la maestra. Metallo e carne secca. Sangue nero e la vecchia pallida di morte.Mi ha visto, si blocca, ritrova la voce falsa e gentile appena allarmata. “bambino cosa fai qui?” Ti sei smarrito? Vieni ti accompagno dagli altri!” Io non muovo un muscolo, anche se avverto che quella cosa nera ha cominciato a scivolarmi attraverso i calzoni, si forma una piccola pozza scura ai miei piedi. La vecchia adesso ha paura nel suo sguardo il dubbio. Si avvicina, mi strappa il lenzuolo di dosso ed io appaio in tutta la mia bellezza. Lei vede la mia testa calva, le mie braccia corte, le dita tozze, quasi senza palmo, le mie gambette storte. Certo, sono un po’ cambiato, ma non mi sono allungato di molto. I muscoli, quelli sì, me li sono fatti nelle gabbie pulendo lo sterco degli amici del caravanserraglio. Sono una piccola incudine. Compatto. Adesso lei è di pietra, sul viso si poggia appena l’ombra di un sorriso di dileggio quello della reminiscenza. Io scatto. Le lacero di netto quel sorriso che riposa la notte in un bicchiere. Maneggio bene il mio stiletto. Sono agile, sono un animale da circo. Per lei lo sono sempre stato. Devo far presto il mio cuore nero si sta disperdendo dagli orifizi, gocciola inesorabile, si fonde agli umori della vecchia cattiva maestra. Voglio il suo cuore ancora pulsante e tra un dolcetto e l’altro della vendetta faccio pasto.
Adele Musso