Olanda, fine ottocento, il padre di Han è un rigido professore di matematica che ha pensato per suo figlio lo stesso destino, ma Han, sin dalla più tenera età, dimostra interesse e passione solo per il disegno, così quando è il momento di scegliere la facoltà universitaria le tensioni tra padre e figlio raggiungono il culmine, a sbrogliarle sarà la madre, che troverà una salomonica mediazione tra la facoltà di matematica e la scuola d’arte: Architettura. Così Han si trasferisce a Delft per studiare, o almeno è quello che dovrebbe fare, in realtà passa la maggior parte del suo tempo per musei, è visceralmente attratto dalla pittura fiamminga del seicento, in primis proprio da quello che è passato alla storia come il maestro di Delft: Jan Vermeer. Dopo l’ennesimo litigio col padre che si rifiuta di prestargli dei soldi, Han viene convinto dalla sua fidanzata a partecipare a un concorso di pittura, lo fa con un acquerello che vince all’unanimità, segue una mostra personale, tutti i suoi quadri vengono venduti in poche settimane, anche grazie ai favori del critico De Boer che si innamora del suo tratto, i due diventano amici, e Han fa anche amicizia con la moglie di De Boer, Johanna, ma non è proprio amicizia… i due divengono amanti e De Boer medita vendetta, attende la nuova mostra di Han e questa volta gli riserva una stroncatura epocale; la sua carriera è per sempre compromessa. Il tempo passa e la frustrazione di Han aumenta, per lenirla fa ricorso ad alcol e morfina, e ad aumentare esponenzialmente è anche il suo desiderio di rivalsa, così arriva la decisione; si prenderà gioco del mondo della critica e produrrà un falso, ma non un falso qualsiasi, non una copia di un’opera esistente, dipingerà un quadro come lo avrebbe dipinto solo il grande Vermeer, un quadro che a vederlo qualsiasi critico non potrà che attribuirlo al maestro di Delft, una trovata che avrà un effetto epocale nella storia del falso artistico. Ad aiutarlo saranno gli insegnamenti di un professore d’arte, un tradizionalista del pennello che prese a cuore Han quando questi era solo un adolescente e dopo che ne aveva intravisto l’enorme talento, tra le altre cose gli insegnò a fabbricare i colori come facevano i pittori fiamminghi, compreso il prezioso blu oltremare ricavato dai lapislazzuli. Per spacciare l’opera Han inventa una storia, quella di una vecchietta olandese che trasferitasi in Italia, nello specifico a Como, è costretta a vendere i gioielli di famiglia, ma la sua identità deve rimanere anonima per via di una legge del regime fascista che impedisce alle opere d’arte di varcare i confini nazionali, così Han si presenta come suo delegato. Il primo colpo va alla grande, Han ne ricava un sacco di soldi coi quali soddisferà la sua sete di sfarzo, comprerà anche una villa nel sud della Francia, che poi abbandonerà ai primi venti di guerra. Al primo falso ne seguiranno altri, che Han produrrà con sempre meno dovizia, distratto dalle donne e dalla bella vita, ma ricavandone sempre maggiori guadagni. La sua produzione non si ferma nemmeno all’alba del secondo conflitto mondiale, quando a un suo finto Vermeer si interessa il nazista Himmler che poi cederà il quadro a Hermann Göring, numero due del Terzo Reich che contendeva a Hitler il primato della collezione privata più preziosa d’Europa. La guerra finisce e due poliziotti bussano alla porta di Han, lui pensa subito che qualche compratore si sia accorto della falsificazione, ma non è così; è in corso il processo di Norimberga e stanno repertando i tesori dei nazisti, in particolare hanno trovato un quadro di Vermeer al quale è associato il percorso di vendita, percorso che parte proprio da lui, da Han van Meegeren. Han rifila la storia della vecchietta su quel ramo del lago di Como, ma non è sufficiente; Han viene messo sotto processo per collaborazionismo, reato per il quale era prevista la pena di morte. L’opinione pubblica non ha dubbi, soprattutto dopo che emerge la ricchezza di Han, dopo che si viene a sapere che mentre il popolo olandese moriva di fame lui banchettava coi soldi degli assassini nazisti: Han van Meegeren deve morire! Han è combattuto, non sa se dire la verità, e anche se la dicesse non è sicuro che gli crederebbero. Alla fine cede e confessa, lo fa in privato a Joop Piller, un ufficiale che si era dimostrato particolarmente umano con lui, concedendogli in quelli che potevano essere i suoi ultimi giorni, qualcosa di molto simile a un’amicizia. Ma Piller stenta a credergli, Han chiede che venga fatta la prova dei raggi x sul quadro di Goering, o su qualsiasi altro dipinto che aveva venduto negli anni precedenti, ma non c’è tempo e probabilmente neanche la volontà da parte degli inquirenti, ma gli viene concessa una prova d’appello, una perizia tanto incredibile quanto questa storia tutta: durante l’udienza, che in via eccezionale si tiene nel dipartimento di belle arti, Han è davanti a una tela, in mano un pennello e nel sangue un po’ di morfina per placare i tremori dell’astinenza. Dopo le prime pennellate gli esperti presenti in qualità di periti tremano: quello che si palesa sotto i loro occhi è un Vermeer, sono talmente sconvolti che alcuni di loro pensano che anche La ragazza con l’orecchino di perla possa essere un falso-originale realizzato da Han van Meergeren. Han salva la pelle, e non solo: da mostro nazionale si trasforma in eroe, aver fregato i nazisti gli vale quel titolo che per tutta la vita aveva inseguito: artista, e il popolo olandese, lo stesso che lo voleva vedere appeso al cappio, da quel momento in poi lo chiamerà maestro.
Ora qual è la differenza tra Han van Meegeren e Silvio Berlusconi? Entrambi hanno truffato, entrambi amanti della bella vita e nella caduta di entrambi c’è lo zampino della Germania . Ma il primo era un falsario il cui talento è passato indenne attraverso il fuoco dei vizi e dei tormenti, il secondo è un bugiardo patologico la cui attività è resa grottesca da un’avanzata demenza. Il primo vendeva arte, seppur spacciandola come di qualcun altro, il secondo vende fumo, e neanche di quello buono.
p.s. le informazioni sulla vita di Han van Meegeren sono tratte da “Il genio criminale. Storie di spie, ladri e truffatori” di Carlo Lucarelli e Massimo Picozzi.