Hannibal - stagione 3

Creato il 17 settembre 2015 da Jeanjacques

Il mio rapporto verso Hannibal Lecter credo possa definirsi abbastanza strano. Vidi Il silenzio degli innocenti alle medie e ne restai giustamente meravigliato, tanto da andare a recuperarmi i libri e vedermi poi i relativi film che ne hanno tratto - sì, diciamo che sapevo come eludere la sorveglianza dei miei genitori e arrivare a cose che forse non erano adattissime alla mia età. Ma non è un personaggio di cui parlo spesso, pur avendo visto il vedibile e letto il leggibile sui di lui, anche se de Le origini del male (sia libro che film) ho avuto modo di lamentarmene per parecchio tempo. Semplicemente mi piace ed ha quel fascino sinistro che me lo ha fatto tenere a mente per tutti questi anni e, anche quando mi sembrava di averlo dimenticato, era semplicemente nascosto per il prossimo agguato. Stava tendendo un'imboscata durante la quale magari si era addormentato, ma ci ha pensato un annetto fa la prima stagione di questa serie a risvegliarlo per bene, tanto che in questi ultimi periodi sto andando a ripescarmi i vecchi lavori di Thomas Harris per fare un vago rispolveramento mentale. Lavoro che però è stato seguito da un forte sconforto quando ho saputo che, a causa dei bassi ascolti, questa terza stagione incerta è stata confermata come l'ultima, causandomi una serie di bestemmie davvero epocali perché, nonostante dei numerosi passi falsi, ho un po' voluto bene a tutti e quanti gli episodi.
Hannibal, ormai ricercato internazionale, è a piede libero ed ha scelto l'Italia per le sue torbide azioni. Si stabilisce a Firenze con una nuova identità, ma questo non ferma Will Graham, sempre più intenzionato a scovarlo. Anche se questo vuol dire scavare in posti in cui preferirebbe non andare...

E' proprio una serie strana, questa qui. Strana perché visivamente è superiore alla gran parte dei film che ho avuto di vedere negli ultimi mesi, ha delle trovate di regia davvero eccezionali e un comparto tecnico davvero di prim'ordine, che accompagnano una narrazione morbosa rendendola davvero affascinante. Già il prologo in bianco e nero basta a farti capire i livelli che può raggiungere, insieme a delle immagini che oltre al fascino visivo già menzionato possiedono anche un sottotesto simbolico che le impreziosisce ulteriormente. Dall'altro versante, però, è proprio questa sua sorta di elitarismo a fargli commettere i più grandi passi falsi, arrivando a delle sequenze di puro trash (involontario, purtroppo, tipo il lupo mannaro meccanico della stagione due) che non si possono salvare nemmeno con tutto l'amore del mondo. In sintesi, possiamo proprio dire che Hannibal è questo: uno show davvero maestoso ma che però crolla sotto il proprio stesso peso, con sequenze ai limiti dell'inverosimile e delle parti che si prendono così dannatamente sul serio da non essere quasi giustificabili a priori, dati i temi che si vanno a toccare. Che in certi punti, a sentire i dialoghi, mi veniva da chiedermi se Brian Fuller aveva un piano preciso quando aveva iniziato il tutto oppure se ha messo delle filosofeggiate a caso quando doveva allungare il brodo, perché in certi dialoghi si corre davvero il rischio di perdersi. Ma questa stagione è anche piuttosto scombinata nella narrazione, perché racchiude due cicli dei romanzi di Harris e, pur trattandoli in maniera diversa, finisce per fiaccarli per i motivi opposti. I primi sette episodi infatti sono tratti dal libro Hannibal, quello dal quale Ridley Scott ha tratto il suo (malriuscito) film del 2001, cronologicamente più avanti rispetto ai fatti narrati (doveva esserci Clarice Sterling, per dire) ma ben amalgamato con gli intenti di Fuller. Si inizia con degli episodi un po' debolucci e riepilogativi, proseguendo poi con una versione inedita e che, nel suo riallacciarsi con gli intenti dell'originale cartaceo, mette fin troppa carne al fuoco - che brutto gioco di parole. E in questo primo spezzone che si hanno i momenti più trash, accanto a quelli più visionari, insieme a un sacco di cose che se da un lato ti fanno capire l'estremo rispetto verso i lavori originali, dati i numerosi riferimenti contenuti anche nei dettagli, dall'altro fanno intuire che forse era meglio andarci coi piedini di piombo perché, è proprio il caso di dirlo, certe cose cominciano ad essere davvero troppo. E chi dopo la visione non riesce più a guardare un maiale come prima, capisce di cosa sto parlando. Poi segue la seconda parte che finalmente dà in senso a quel "basato sui personaggi del romanzo Drago rosso di Thomas Harris" dei titoli di testa, solo che... beh, ti sei letto il libro, ti sei visto Manhunter di Michael Mann e Red dragon di Brett Ratner... e per quanto il tutto, seppur in maniera più lineare e compatta rispetto al resto, sia sempre fratto con la solita e innegabile classe, ti sembra di già visto. Ci sono le novità aggiunte per restare coerenti con la serie, ma i punti salienti li prevedi tutti. La sorpresa più grande sta nello scoprire che il Drago Rosso è Richard Armitage, che senza la barba di Thorin Scudodiquercia non lo riconosci per nulla. Poi, finalmente, si arriva al finale, quello sì che si prende le sue libertà e che pare chiudere in maniera coerentissima col personaggio ciò che Scott non sembrava aver osato fare nel suo adattamento. Ma come molte scene di quella seconda parte sembra tutto estremamente frettoloso, lascia aperte molte cose che ti danno gran fastidio (che spero avessero dovute venir risolte da una quarta stagione che, come ben sappiamo, ormai è irrealizzabile) e non ti fa capire se ti è piaciuto o meno. Seriamente, al momento sono combattuto fra la 'figata estrema' e la 'cacata pazzesca' - sì, compresa quella scenetta dopo i titoli di coda. Che è un po' il sunto di tutte le stagioni di Hannibal, fra le quali la prima stagione sembra essere quella più coerente e ben distribuita. Ma rimane comunque una serie che, oltre a un supporto visivo senza pari (d'altronde gli episodi sono diretti tutti da registi provenienti del cinema, come David Slade, Vincenzo Natali e Michael Rymer - che in qualche modo si fa perdonare quell'obbrobrio de La regina dei dannati) ha il coraggio di osare con un'estremità che molti si sognano. E già questo è un motivo per volerle bene a prescindere.

Dal canto mio, so già che questi personaggi mi mancheranno tutti. Specialmente per la nuova veste che si ritrovavano a portare avanti. Uno dei pochi casi in cui si stravolge l'opera di partenza e nessuno si lamenta.Voto: 


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