La società venne fondata nel 2007 da un gruppo di tifosi dell’Hapoel Gerusalemme in aperto contrasto con la dirigenza cel club che diedero vita al primo esempio in terra d’Israele di gestione degli appassionati di una squadra di calcio; i soci della squadra pagano una quota annuale ed eleggono un consiglio di amministrazione che si occupa della gestione ordinaria mentre quella sportiva è affidata al tecnico prescelto. Sebbene i commentatori avessero subito marchiato l’esperimento come destinato ad una precoce morte, la grande maggioranza dei tifosi dell’Hapoel appoggiarono la nuova società che iniziò la sua scalata nella piramide del calcio.
Ma l’Hapoel Katamon ha un’altra peculiarità: la sua matrice è progressista e attrae un pubblico molto eterogeno. Laici e religiosi, ebrei e arabi, famiglie con bambini. Una vera e propria alternativa all’emblema del calcio israeliano rappresentato dal Beitar, legato alla destra conservatrice e nazionalista della quale ha seguito le fortune politiche. Se il Beitar appare sulle cronache per l’atteggiamento apertamente razzista dei suoi hooligan, il Katamon schiera in formazione alcuni giocatori arabi, ad ogni impegno calcistico di campionato si possono vedere striscioni anti razzisti e anti fascisti ed ha aperto una scuola calcio aperta agli ebrei di Gerusalemme e agli arabi dei sobborghi. Forse ha ragione il capitano dell’Hapeol Katamon quando afferma che con la promozione nella seconda divisione, dove si troverà di fronte all’Hapoel Gerusalemme, “non ha vinto solo il Katamon ma tutto il calcio israeliano”.