Happy hour e il pudore della macchina da presa: intervista a ryusuke hamaguchi

Creato il 24 agosto 2015 da Veripaccheri

Abbiamo incontrato Ryusuke Hamaguchi, regista di "Happy Hour", uno dei film più belli presenti in questa edizione del festival di Locarno
Conosce lo scrittore russo Anton Cechov
Si lo conosco avendone letto parte delle opere e, in particolare, "Il giardino dei ciliegi" che, è quella che più mi è piaciuta. Se ho capito il significato della sua domanda, posso dirle che apprezzo lo scrittore ma non fino al punto da essermi fatto influenzare nella stesura del film.
A proposito della lunghezza del suo lungometraggio, le chiedo in che misura un minutaggio così corposo (317') è stato necessario alla narrazione della storia
Al termine di ogni visione questa è una delle domande più ricorrenti. Inizialmente il motivo è nato dalla sceneggiatura. Eravamo convinti che la fluvialità della vicenda fosse la maniera migliore per permettere alle attrici di entrare nel proprio ruolo e di capire le emozioni dei rispettivi personaggi. Successivamente, in fase di montaggio e come spettatore, ho sentito che quella lunghezza era l'unico modo per raccontare la storia che avevamo in testa. Il produttore è stato d'accordo e quindi non ho dovuto fare alcun taglio rispetto al montaggio originale.
Nella vita dei personaggi il sesso è vissuto come una mancanza e quindi mi chiedevo se fosse questa la ragione per cui lei non lo mostra in nessuna scena.
Una delle ragioni può derivare dalla mia cultura e dal fatto di essere giapponese. Però il tema del film non era il sesso, che è presente come tante altre cose della nostra vita, quanto piuttosto la difficoltà che abbiamo nell'esprimere i sentimenti più intimi e personali. D'altro canto nella vicenda il sesso è vissuto con frustrazione ma io non ho mai sentito la voglia di girare una scena di questo genere. Ci sono registi che hanno girato magnifici film sull'argomento. Io però mi sento vicino ad autori come Ozu e soprattutto Cassavetes, il quale affermava che la mdp doveva restare fuori dall'intimità delle persone. Aggiungo che per me è fondamentale la posizione della macchina da presa e che nella scene di sesso non c'è modo di trovare il posto giusto per iniziare a filmare.
Nel film ci sono scene molto rapide e altre piuttosto statiche. Questo mi fa pensare a uno stile a metà strada tra fiction e documentario
Io non faccio alcuna distinzione tra le due modalità. So solo che ci sono cose che i personaggi non posso fare a meno di perdere la loro credibilità. Per questo ho scelto di alternare alcuni inserti di pura fiction, necessari a far progredire la storia, e altri, con una drammaturgia più debole, indispensabili all'approfondimento di certe situazioni.
(pubblicata su ondacinema.it/speciale 68 festival di Locarno)

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