Alzi la mano chi non conosce Richard Stanley. Lo ammetto, sono io il primo a doverlo fare, perchè tranne Demoniaca (la versione tagliata, rimontata e inutile di Dust Devil) e The Island of Dr. Moreau (di cui Stanley è stato co-autore e solo inizialmente regista), di questo autore/profeta underground non avevo visto nulla. Fino a qualche giorno fa, quando mi sono approcciato ad Hardware, primo lungometraggio (1990) del regista sud-africano.Qual è il punto di partenza, allora? Inutile cercare di parlare di quel che sono si conosce, si finisce automaticamente per diventare - pur senza volerlo - finti. L'unico modo per "raccontare" questo film è quindi far finta di essere a lui contemporanei inserendolo comunque in un contesto come quello cyberpunk, che dall'inizio degli anni '90 si è decisamente evoluto.
In un futuro post bellico in cui la terra è devastata dalle radiazioni, Moses Baxter si ritrova tra le mani una testa robot rinvenuta nella Zona, un deserto arido e impraticabile. Decide così di regalarla alla fidanzata scultrice, Jill. La testa però fa parte di un prototipo di androide militare, che autoriparandosi prenderà vita seminando terrore e morte.
La terra immaginata da Stanley è un inferno su cui l'uomo sta mutando velocemente. In cui l'uomo, per sopravvivere, deve rinunciare alla propria umanità, deteriorandosi, disobbedendo alle leggi della natura e diventando quindi altro da se. Un uomo sul punto dell'estinzione che proprio per questo deve confrontarsi con l'inumanizzazione rappresentata dalle macchine, un futuro meno dorato di quanto avesse pensato inizialmente. Ma il pianeta Terra immaginato da Stanley non è davvero la Terra ma un altro pianeta, simile a Marte del contemporaneo Total Recall, un posto in cui la sabbia ha rubato spazio alle città-ghetto post industiali in cui tutto è automatizzato, impersonale, vestigia di un tempo passato e perduto. In questo contesto si muove Moses, personaggio dal nome bibblico privato della propria terra promessa, un uomo che vive di espedienti ma proteso verso un superomismo di stampo nietzchiano. Nichilista, perchè contaminato lui per primo da quella stessa tecnologia che combatte, incarnata dalla figura del robot invincibile figlio dell'epoca futura e imprecisata in cui il film è ambientato.
Hardware è un film a metà tra la fantascienza e l'horror splatter. Ispirato fin dalla sporca fotografia rosso/arancione a capisaldi del genere come Blade Runner (impossibile non trovare un po' di Harrison Ford nel monoespressivo protagonista Dylan McDermott) e Non aprite quella porta, Terminator e i film di Dario Argento. Al centro di tutto uno scenario post-apocalittico con chiari riferimenti a Mad Max e 1997: fuga da New York ma arricchito dall'estetica cyberpunk che trova massimo riferimento nel film manifesto del genere, Tetsuo. Le similitudini che legano i due film sono incredibili nonostante tra i due ci sia solo un anno di distanza. A partire dall'uomo macchina del film di Tsukamoto e del cyborg del film dui Stanley, entrambi pronti a penetrare la carne attraverso una trivella fallica che ricorda il pene umano. Se nel primo si racconta però l'apologia dell'uomo in una fusione ormai irreversibile (e inevitabile) con il metallo in un contesto industrial, nel secondo è il tentativo dell'essere umano di preservare la propria umanità fulcro dell'opera. Peccato ci sia ancora il deserto a circondarlo, però, illuminato da un tramonto radioattivo che oscura la luce della speranza.
Hardware è un film a bassissimo costo, quasi un miracolo nell'orizzonte cinematografico "di genere" anni '90. L'importanza di questo film fu intuita però fin dalla sua uscita e ce ne rendiamo conto guardando al passato più prossimo, a film come Pitch Black e Detective Stone, Il Tagliaerbe e Johnny Mnemonic, ma anche il Nirvana di Salvatores e il Ghost in The Shell di Oshii, forse persino alcuni lavori di David Cronenberg (che a sua volta deve aver ispirato Stanley). A differenza di questi film, però, ad Hardware non importa di travalicare gli estremi, non importa di inondare di sangue e pessimismo gli occhi dello spettatore. Non importa neanche di sconcertare le sue orecchie con musica che va dal punk all'hard rock all'industrial. E tutta la New Age, lo Zen e lo spirituale diventa mezzo e non fine, perchè quel che importa è la carne, per quanto possa essere impura e corrotta.