Stamattina per lavoro (che ,nel caso tu sia una studentessa, aspirante giornalista,puoi pure leggere per hobby, ovvero lavoro non retribuito) ho fatto un giro di quasi tutte le librerie della mia città. è stato un lavoraccio. Il fatto positivo è che in fondo erano solo librerie,mica chessoio, banche o ospedali. E le librerie mi piacciono parecchio. Quand’ero piccola sognavo di aprirne una,dagli scaffali altissimi e impolverati alle cui estremità avrebbe viaggiato una scala,sapete come, di quelle che scivolano in quelle vecchie biblioteche dei film americani. Ci sarebbe stata anche un’efficientissima e lucidissima macchinetta per il caffè in inverno e per i gelati d’estate. E quell’odore di legno,carta e polvere.Bello,vero? Che ve lo dico a fare,a questo punto lo immaginate già: l’articolo da elaborare stamattina era focalizzato sulla crisi delle piccole librerie indipendenti. Una vita da aspirante,appunto. Ma sto divagando.
Ho notato qualcosa di particolarmente irritante sulla quale avevo ovviamente già una mia opinione profondamente polemica, l’ennesimo pensiero scorbutico, ma di cui non avevo ancora colto il lato tragico. Ora, non è fresca di giornata la notizia che in 90 casi su 100 le copertine dei libri sfidino qualunque senso estetico,per quanto bizzarro. Ergo facciano schifo. Ricordo ancora un accostamento di colori alquanto bislacco per Dostoevskij: rosso e viola. Rosso e viole,avete capito bene,siori miei. Sorvoliamo. Molte volte invece quando la copertina è vagamente carina, il libro poi si rivela mediocre. Poi se la copertina ha addirittura una grafica e una rilegatura figa, vi consiglierei di riporre nello scaffale il libro e fuggire a gambe levate.
Oggi,come cerco di dire da circa duecento parole, ho adocchiato in quasi tutte le librerie,una particolare area,quella che di solito evito come il tuo fratellino adolescente,lo shampoo. L’area femminile. Un orribile sputo all’emancipazione e alla dignità della donna che possiamo definire:intrattenimento per fighette casalinghe frustrate o shampiste di quart’ordine e che loro si azzardano a definire letteratura di genere. Ma non genere letterario. Genere sessuale. Oh,poveri noi. Manco a dirlo, questo reparto vanta le più belle copertine mai realizzate. I ghirigori spopolano. Color carta da zucchero, rosa, fucsia,dorato impazzano. I tuoi occhi si riempono di frivoli e leziosissimi dettagli pseudo-artistici, che vogliono tirare fuori il tuo lato più fancy o gay nel caso tu sia un uomo. A volte, in questa terra desolata e perduta, finiscono anche buoni libri pop,per quanto commerciali,ma che, per il solo fatto di essere stati scritti da una donna, finiscono per essere violentati dai colori dell’arcobaleno e gettati in questa marmaglia abominevole tra un “I love shopping” e “come fare impazzire un uomo”. A questo punto,ridateci gli harmony rosa,almeno quelli sono onesti. Copertina trash, cartonata a 3 euro, storia mielosa e scritta male. Già lo sai, ma sometimes il brutto è proprio quello che ti ci vuole. In quel caso io consiglierei un bel teen drama. Dura di meno e il guilty pleasure è superiore.
Non sono esattamente un donnino ideale, anche perchè tutt’ora mi rifiuto di credere che esistano donne che per appartenere alla categoria si debbano identificare nelle sopracitate porcate colorate, ma davvero c’è da essere orgogliose di una limitazione simile? Personalmente, nella maggior parte dei casi mi trovo d’accordo con quelle recensioni che iniziano con: “si sente che è stato scritto da una donna”. Io direi anche che si vede. Non fatevi incantare da queste campagne promozionali al grido di “noi donne”. Non possono che farci del male tali scempiaggini.