Si conclude dopo dieci anni e otto lungometraggi la saga di Harry Potter, cresciuto insieme al suo pubblico, traghettandolo dall’adolescenza alla maturità, in una progressione che si è riflessa anche nei film, andati man mano incupendosi. L’ultimo tema non poteva quindi che essere il confronto, l’accettazione e il superamento della morte, a corollario di tutti quei valori positivi di cui Potter è portatore dall’inizio della saga e che ne hanno fatto l’incarnazione dello spirito di squadra, dell’altruismo e dell’umiltà eroica.
In questa seconda parte del capitolo finale ritroviamo Harry, Ermione e Ron alla ricerca degli ultimi Horcrux per distruggere once and for all il malefico Voldemort. Il caso (?) vuole che l’ultimo (?) si trovi proprio nel castello di Hogwarts, dove i nostri tre eroi ritroveranno i loro vecchi compagni di scuola e affronteranno l’assalto di Voldemort e del suo esercito, fino all’inevitabile scontro finale tra Harry e la sua nemesi.
Non sono un esperto dei libri nè dei film, non pretendo quindi di poter analizzare la saga nella sua interezza, ma posso sicuramente dare un giudizio sul film in sè e, in quanto tale, questo ultimo capitolo è piuttosto fiacco. L’uso di ottimi effetti speciali che mostrano i muscoli con decisione facendo risaltare scene come l’incipit, la fuga dalla sala dei segreti o la battaglia campale al castello di Hogwarts, non sono supportati da una narrazione veramente efficace e si fa fatica a cogliere quell’epicità che alcuni momenti avrebbero richiesto. Ad esempio, se la sala non avesse applaudito non avrei mai capito che il bacio tra Ermione e Ron fosse stato il primo palesarsi del loro amore, un momento decisamente sciupato da una scena frettolosa e priva di pathos.
I doni della Morte – Parte 2 rimane comunque un modesto intrattenimento, con discrete scene d’azione, ottimi effetti speciali e qualche trovata visiva azzeccata, ma azzoppato dalla volontà di chiudere tutte le sottotrame e dare spazio a tutti i personaggi apparsi nella saga senza il supporto di una narrazione efficace, con il risultato di mancare di coinvolgimento e di quel respiro epico necessario alla conclusione di una saga così duratura.
EDA