Hasna, la prima donna kamikaze in Europa

Creato il 19 novembre 2015 da Danemblog @danemblog
(Pubblicato su Formiche)
Nella giornata di mercoledì le forze speciali anti terrorismo della polizia francese, hanno lanciato un raid in un appartamento di Saint Denis: l’obiettivo era la cattura di alcuni elementi coinvolti con gli attentati di Parigi (tra questi il fuggitivo Salah Abdelsalam e Abdelhamid Abaaoud, considerato il responsabile del comando che ha compiuto degli attacchi). Secondo il procuratore parigino François Molins si trattava di una cellula che aveva in progetto altri attentati. Sono state arrestate otto persone, e alcuni terroristi sarebbero rimasti uccisi.
IL RAID E L’ESPLOSIONE
Tra i morti, una donna che si sarebbe fatta esplodere appena accortasi del blitz dei poliziotti nell’appartamento: «Dove si trova il tuo compagno?» hanno chiesto gli agenti dell’unità speciale RAID; «non è il mio compagno» e poi «aiutatemi» sono state le ultime parole pronunciate dalla donna prima di innescare la carica che portava addosso. Nel raid, secondo le fonti ufficiali della polizia, sarebbe morto anche Abaaoud, il super ricercato anello di congiunzione tra la pianificazione siriana degli attentati e le azioni.
Mentre una nota della polizia francese scrive che il corpo di Abaaoud è stato trovato «crivellato di colpi» e riconosciuto attraverso le analisi sul cadavere, in precedenza si era parlato della possibilità che il terrorista fosse rimasto ucciso dall’esplosione. E dunque sarebbe stata proprio quella donna, che attivando la sua cintura esplosiva, ha consegnato al martirio il capo dell’operazione che in un articolo uscito oggi sul Wall Street Journal viene definito «Emir of war» del Califfato, ad indicare che il suo ruolo all’interno dell’Isis era di livello medio-alto.
Martirizzati. Il martirio è componente del jihad, si muore per Dio, in sacrificio per Allah, come mostrato nei video che lasciano i miliziani prima di lanciarsi a bordo di veicoli esplosivi o di compiere altro genere di azioni suicide. La martirizzarsi, nell’ideologia apocalittica del Califfato, lascia ai posteri un’aurea di magnificenza, di eternità, un esempio da seguire.
Le direttive del Califfo. La decisione di far esplodere il dispositivo della ragazza a Saint Denis, segue un leggero cambiamento nei comandi Isis. Nel 2010 l’allora leader Omar al Baghdadi (predecessore del Califfo Abu Bakr al Baghdadi) disse che le donne non potevano effettuare attacchi suicidi, ma il suo decreto sembra aver subito un rollback da parte dei leader successivi del gruppo: per ultimo in ottobre, gli ideologi dello Stato islamico, hanno sentenziato che è accettabile per una donna farsi esplodere se si trova in una situazione di violazione da parte del nemico della propria casa.
LA NIGERIA, CONTEMPORANEAMENTE
Quasi contemporaneamente, in Nigeria, altre due donne kamikaze si facevano saltare in aria al mercato di Kano, cittadina del nord, uccidendo tre persone e ferendone altre otto. Le responsabilità di questo attacco, come di quello che il giorno precedente aveva causato la morte di 32 persone e il ferimento di 80 a Yola (più a sud, vicino al confine col Cameroon), sono attribuibili al gruppo combattente nigeriano Boko Haram, che dal marzo di quest’anno ha giurato fedeltà al Califfo Baghdadi e s’è rinominato Provincia dell’Africa occidentale dello Stato islamico.
Gli attacchi esplosivi condotti dai baghdadisti nigeriani, sono spesso compiuti utilizzando come vettore le donne: molto spesso si tratta di bambine indottrinate se non costrette a compiere il gesto, spesso hanno cucito ai vesti una giubbotto esplosivo con controllo remoto, perché altrimenti potrebbero scoraggiarsi e non innescare la carica (invece con un detonatore attivato da lontano da uno spietato aguzzino, non si creano di questi “problemi”). Le ragazzine nigeriane, vengono usate perché sono insospettabili, si confondono tra la folla, e dunque riescono a massimizzare l’effetto dell’attentato. È una delle immagini più macabre e spregevoli che si lega al jihad del Califfato, al pari di quella dei bambini soldato usati per combattere e per compiere esecuzioni, in alcuni video diffusi dalle branche mediatiche dell’Isis in Siria e Iraq.
LA DONNA DI PARIGI: LA PRIMA IN EUROPA
Ci sono differenze con la donna che si è fatta esplodere a Saint Denis? La jihadista francese aveva ben chiaro il proprio destino, e ha compiuto una scelta consapevole (sicuramente spinta dalla predicazione estremista, dall’assuefazione a certe istanze)? Oppure, come le ragazzine nigeriane, è vittima inerme, rassegnate a un futuro che non c’è.
La kamikaze di Parigi, si chiamava Hasna Aitboulahcen, nata a Clichy-la-Garenne, in Francia, il 12 agosto 1989, ed era cugina di madre del comandante militare dello Stato islamico che ha diretto gli attacchi, Abdelhamid Abaaoud appunto. Questo legame di sangue tra i due, potrebbe essere dietro alla scelta di “utilizzare” la cintura esplosiva della donna per farsi esplodere, o magari la donna si è sentita in dovere di sacrificare se stessa sotto al peso della responsabilità per essersi fatta rintracciare tramite il suo telefonino.
LE DONNE KAMIKAZE
La ventiseienne Hasna è la prima donna kamikaze in Europa. Di certo verrà celebrata dalla propaganda jihadista califfale. Ma donne come lei hanno da sempre contraddistinguono i conflitti asimmetrici mediorientali, anche per ragioni slegate al mondo del fondamentalismo islamico (sia sunnita che sciita).
Il primo gesto di un attentatore suicida donna arriva il 9 aprile del 1985, quando una ragazza libanese di nome Sanaa Mehaidli si lancia con la sua Peugeot imbottita di esplosivo contro un posto di blocco della polizia israeliana a Jezzine, in Libano. Sanaa non aveva ancora compiuto diciassette anni, era una laica del Syrian Social Nationalist Party, partito filo-siriano nazionalista che combatteva contro l’occupazione israeliana.
“La sposa del Sud”, così fu soprannominata, fece da apripista: «Poi saranno le curde del Pkk, le Tigri Tamil (in Sri Linka. ndr), le fedayn palestinesi delle Brigate al Aqsa, le cecene», ricorda il giornalista esperto di terrorismo Guido Olimpio in un box sul Corriere della Sera in edicola.
Anche il terrorismo in Iraq si lega ad un volto femminile: colpisce una pattuglia statunitense in nome di Saddam Hussein «registra il video, mostra il Corano e il fucile, liturgia che sarà ripresa dai qaedisti di al Zarkawi», che sono il prodromo ideologico e strutturale dello Stato islamico attuale. Tra loro anche una convertita belga, Muriel Degauque, immolatasi nel novembre 2005 contro una pattuglia americana.

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